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di Giampiero Rasimelli
Foto ©️Fabrizio Troccoli

Ci sarà un mare di persone alla Marcia della Pace Perugia-Assisi del prossimo 12 ottobre, non so se sarà tanta gente quanta ce ne è stata a Roma sabato scorso nella manifestazione per Gaza, ma sarà tantissima. Perché la Marcia Perugia-Assisi è un luogo iconico del pacifismo italiano e internazionale e perché viviamo un momento assolutamente drammatico della storia del mondo unito a qualche flebile speranza che la tendenza possa essere invertita. Massimo allarme e speranza, ciò che la gente, gli individui e la collettività di buona volontà, sentono. Ciò che spinge a ricercare negli insegnamenti della spiritualità cristiana di Francesco, il ”pazzo” poverello di Assisi e nella spiritualità laica della “nonviolenza” di Aldo Capitini, riferimenti nuovi e vitali per un mondo così disorientato e conflittuale. 

Non solo una tradizione che emana da queste terre dolci e laboriose, ma un messaggio vivo che ha saputo riprodursi nei secoli e in particolare in questi ultimi decenni di turbotrasformazione del pianeta e dell’umanità, dopo l’immane tragedia della seconda guerra mondiale. La Marcia Perugia-Assisi ha saputo essere insieme un atto culturale, politico e di fede e una grande esperienza “educativa” che ha marcato le coscienze di molte generazioni, con alterni momenti di successo, ma sempre con una grande presenza di testimonianza: è questa la sua forza per tutti e di fronte a tutti. E’ questa l’espressione di quel “potere di tutti” che Aldo Capitini vedeva nel quotidiano impegno di partecipazione dei cittadini e nella mobilitazione delle coscienze contro la guerra, l’ingiustizia, la violenza tra gli uomini e contro la natura. Cosa c’è di più attuale di questo secolare messaggio, di questa spiritualità concretissima e fondante di una nuova visione necessaria del mondo, di questa richiesta di nuova fede e di nuovo destino per tutti ?

Pacifismo, uno dei termini più vituperati della storia, ma è anche una delle aspirazioni costitutive della vita umana, della convivenza, della coesistenza, della civiltà che non vogliamo perdere e che vogliamo compiere, della democrazia fragile che abbiamo conquistato col sangue e con la Costituzione Repubblicana nella nostra esperienza, è il seme più umano della vita umana. Al pacifismo viene sempre imputato: da che parte stai? Ma il pacifismo è prima di tutto testimonianza assoluta, che gli uomini, e i pacifisti stessi, debbono poi impegnarsi ad inverare, a renderla concreta nelle possibilità e nei drammi della storia, a tradurla in politica, in azioni e in culture diverse. I percorsi per assicurare pace nel mondo possono essere diversi, ma possono germogliare se la guida è e sarà il valore assoluto della pace e della lotta alle ingiustizie. Se daranno luogo ad un diritto internazionale forte e non calpestabile e calpestato come sta avvenendo nell’attuale momento storico.

Questo è un tema dirimente, cui tutti devono e dovranno rispondere, contro ogni efferatezza, contro ogni politica di potenza, contro ogni prevaricazione dei diritti umani e dei popoli. Il “bullismo politico” internazionale che stiamo vivendo è la negazione esplicita di questi valori. Il terrorismo, la guerra senza principi, la sopraffazione di pochissimi contro il resto dell’umanità e contro il pianeta, l’isterismo religioso fatto Stato, il razzismo, l’antisemitismo, la violenza contro le donne e i bambini, la violenza politica, verbale e non solo, contro chi combatte per difendere la natura e l’ambiente, non hanno giustificazione né storica né morale, sono la morte della pace, la negazione della vita. Come ha detto l’imprenditore umbro di successo Brunello Cucinelli al Financial Times “Musk e Trump (e io aggiungerei, credendo di interpretare il suo pensiero, anche Putin e Netanyahu e tutta la serie di dittatori o aspiranti dittatori che stanno alzando la testa nel mondo in questo periodo storico) hanno reso l’umanità malvagia”. 

La Società delle Nazioni, fondata da un Presidente americano, Woodrow Wilson, dopo la prima guerra mondiale e poi l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) fondata nel 1945 dopo la seconda guerra mondiale, cioè i massimi tentativi di dare equilibrio e governo pacifico al mondo dopo i due più grandi massacri della storia, sembrano oggi in frantumi, vittima del “bullismo politico” imperante e di interessi sempre più ristretti e ciechi. Il diritto internazionale che aveva resistito in qualche modo anche alla “guerra fredda” oggi viene ridicolizzato e vilipeso. E’ stato un progressivo percorso all’indietro quello che abbiamo vissuto negli ultimi 30 anni, la reazione scatenata al “mondo nuovo” che si apriva dopo la fine incruenta della “guerra fredda”. Oggi la gente è allarmata, ha paura, in ogni parte del mondo e protesta e si mobilita perché cambi la direzione della storia, perché la pace torni ad essere un’opzione concreta e praticabile. Non sarà facile, sarà un percorso lungo, per nulla scontato, un braccio di ferro che riguarda ognuno di noi: “a ciascuno di fare qualcosa per la pace” chiedeva Capitini nella prima Marcia Perugia-Assisi del 1961, un appello sempre più vivo oggi, capace di orientare le coscienze, le culture, le fedi e la buona politica.

A noi tocca di agire in Europa. Abbiamo un conflitto in casa, con l’invasione russa dell’ Ukraina, e un conflitto ai margini orientali del Mediterraneo tra le efferatezze terroristiche del 7 ottobre 2023 ad opera di Hamas e la successiva reazione sanguinaria dell’esercito israeliano che ha prodotto il massacro indicibile di Gaza ancora in atto, un conflitto che ha incendiato tutto il Medio Oriente e la penisola araba. Siamo nell’occhio del ciclone, a un passo da un coinvolgimento diretto. L’acquiescenza e l’inazione degli Stati europei negli anni 20 e 30 del secolo scorso, tra le due guerre, fu l’anticamera della seconda guerra mondiale e dell’olocausto, cioè di quanto di più malvagio sia stato prodotto nella storia del mondo. A noi tocca reagire qui, in questo vecchio continente di sangue, che alla fine di una storia secolare sanguinosa ha saputo costruire insieme agli Stati Uniti d’America e a tanti paesi del mondo una liberazione dal nazifascismo che ci ha regalato 80 anni di pace e democrazia. Dobbiamo reagire non commettendo gli errori letali di quel tempo lontano e con una visione lucida del nostro futuro e di quello dell’umanità.

Oggi viviamo un mondo completamente diverso, nel quale grandi alleati di ieri come gli USA e Israele diventano agenti negativi di instabilità internazionale, nel quale la Russia di Putin pensa di essere l’erede dell’impero di Costantinopoli e rinverdisce l’imperialismo sovietico mettendo nel mirino l’Unione Europea. Un mondo nel quale la Cina si impone come gigante economico e come soggetto pronto a giocare la sua partita aggressiva anche come potenza militare di livello globale. Un mondo nel quale tanti paesi, violentati dai dazi e dal “bullismo” di Trump cercano con difficoltà di unirsi e trovano riferimento nella potenza cinese o nel tentativo, come è per i Brics, di navigare con cautela a fianco della Cina senza essere con la Russia. In questo mondo l’Europa deve essere un riferimento, deve essere il soggetto forte che difende la democrazia contro gli autoritarismi e gli autocrati, che difende la pace, il consesso delle nazioni e il diritto internazionale. Oggi è sbeffeggiata da una campagna battente come imbelle, divisa e servile verso gli USA, incapace di giocare un ruolo in questa destabilizzazione internazionale (e c’è purtroppo tanta verità in questo!), eppure è l’unico soggetto che può giocare un ruolo determinante a difesa della democrazia, di un più equo equilibrio internazionale e che può essere riferimento per la pace. Nonostante le ingenti risorse tecnologiche e militari di USA, Russia e Cina, l’Europa ha infatti i mezzi per imporsi economicamente e politicamente sulla scena internazionale e può dotarsi delle risorse necessarie a difendersi. E’ una questione cruciale del futuro cui andiamo incontro, la democrazia non si può esportare né per editto, né con la forza, ma l’Europa può essere un riferimento per l’esigenza di democrazia, di giustizia e di pace che emerge in ogni parte del mondo.

Per questo nonostante tutte le difficoltà c’è bisogno di uno scatto dell’Unione Europea, uno scatto verso sé stessa e le sue responsabilità innanzitutto. Non dobbiamo avere timore a dire che questa è una grande questione della prospettiva di pace nel nostro continente, nel Mediterraneo e nel mondo. Abbiamo avuto 80 anni di pace, ora bisogna muoversi per conquistare la pace e la prosperità del futuro, per l’Europa e per il mondo. Bisogna superare le pigrizie e gli stereotipi politici. In questi giorni si dimostra che la gente è più avanti della politica e che si può e si deve superare ogni pigrizia, in ogni direzione. La rete non è solo la fonte delle fake news dei regimi autoritari o dei sovranisti o dei terroristi, è anche il motore delle grandi mobilitazioni popolari e globali contro la guerra e una globalizzazione sregolata e ingiusta, non è la prima volta che accade. Ora si deve costruire una nuova generazione politica che sappia interpretare queste istanze, sapendo che l’Europa non è solo tecnocrazia e che va cambiata per difendere i cittadini, la qualità di vita europea, per essere protagonista di un più giusto equilibrio internazionale, nella consapevolezza che il diritto internazionale e la pace vanno difesi e che la politica estera comune e la difesa comune non sono contro il pacifismo, ma possono essere un baluardo a difesa della pace. E sapendo, infine, che questa è l’unica strada per ricostruire dialogo e alleanze con tanti paesi che oggi faticano a trovare un riferimento che li possa guidare o accompagnare fuori dal rischio di una nuova Yalta, di una nuova divisione del mondo in cui essere soggiogati.

Ancora una nota sul diritto internazionale. Ho sempre negli occhi e nel cuore ferito il massacro di Srebrenica (1995), in Bosnia, quando migliaia di innocenti vennero trucidati dalle truppe serbe del Generale Mladic sotto gli occhi impotenti di un ridotto manipolo di soldati olandesi caschi blu dell’ONU. Non ci sarà mai un diritto internazionale rispettato senza una forza adeguata, moderna e deterrente che lo garantisca. E non ci sarà mai questa forza se non si ricostituirà un consesso delle nazioni condiviso in cui l’Europa sia protagonista con la “sua” forza. L’Europa è l’unico soggetto che può garantire un controllo democratico di un complesso militare-industriale avanzato e di una forza militare dedicata alla costruzione della pace, anche come interposizione alla guerra. Bisogna uscire dall’angustia del detto latino “si vis pacem para bellum” o dalle dottrine militari di Von Clausewitz o Sun Tzu, o dalla asistenza/sudditanza agli USA nella difesa. L’ “esercito della non guerra” può e deve esistere, per dare forza ad istituzioni internazionali condivise e soprattutto al diritto internazionale condiviso, unica barriera a difesa dei diritti umani e dei popoli. Un esito non facile da ottenere, ma non un’utopia, bensì una necessità. Una lotta e uno scontro difficile anche in Europa, ma solo l’Europa della “Democrazia” oggi può riaprire questa partita su scala mondiale.

Sì, penso tutto questo da pacifista, perché la chiave della pace è il diritto internazionale che va difeso e non vilipeso. Penso questo mentre Gaza muore, Kiev soffre drammaticamente e resiste, l’antisemitismo riappare malvagio dopo un secolo, il terrorismo continua a nutrirsi d’odio, le donne e i bambini sono violati in tutto il mondo, esplode il negazionismo della crisi climatica come modello politico ed economico. Non c’è contraddizione tra un grande movimento per la pace e i diritti umani e l’impegno per la costruzione, o meglio ri-costruzione del diritto internazionale, delle sue istituzioni, della sua forza.

Domenica sarà il momento della testimonianza più alta e sarà un oceano di buona volontà che si riverserà contro ogni violenza, poi dovremo costruire la buona politica e l’Europa migliore per il mondo … Forza Pace !!!