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di C.F.

Un quartiere di 17 mila metri quadrati completamente abbandonato all’interno della mura medievali di Spoleto, dove sono in attesa di riqualificazione e restauro un anfiteatro, due ex monasteri, giardini e chiostri. Una città nella città che occupa la sponda sinistra del torrente Tessino, ma che di fatto rappresenta una zona rossa con un’estensione pari a circa il 10 per cento dell’intero centro storico spoletino. Si tratta del complesso monumentale dell’anfiteatro, per molti semplicemente l’ex caserma Minervio, perché dalla seconda metà dell’Ottocento e per circa un secolo questa ampia porzione di centro storico, ora interamente off limits, è stata destinata pressoché esclusivamente a usi militari.
Malgrado l’enorme estensione e i tentativi avviati dalle amministrazioni comunali fin dalla fine degli anni Novanta per recuperare il quartiere abbandonato, si è finora riusciti a riaprire soltanto la chiesa dei santi Stefano e Tommaso trasformata nell’auditorium della Stella e lo scorso anno ulteriormente valorizzato dal Festival dei Due Mondi, che lo ha trasformato in un piccolo teatro. In dirittura d’arrivo, dopo una raffica di proroga, anche gli interventi di riqualificazione e miglioramento sismico di una parte dell’ex monastero della Stella, anche se non sarà rifinito né dotato di impianti, quindi per completare la porzione occorreranno altre risorse economiche.
Ed è proprio la caccia ai denari ad aver scandito i tentativi compiuti negli ultimi 30 anni delle amministrazioni comunali, che per la verità si sono tradotto solo in una serie di flop per recuperare l’anfiteatro edificato probabilmente nel II dc. Non sono infatti bastati due terremoti, quello del 1997 e il più recente del 2016, né tanto meno il Pnrr sisma attraverso cui la giunta del sindaco Andrea Sisti sperava di riuscire ad attingere, per assicurare risorse economiche sufficienti a far davvero partire il più grande cantiere atteso in centro storico.
La giunta comunale, infatti, aveva richiesto 7 milioni di euro per recuperare il grande monastero della Stella che insiste nella zona rossa, presentando alla struttura del commissario Guido Castelli due progetti per insediare qui l’Osservatorio internazionale dei terremoti e il Museo dei terremoti, oltre a uno spazio dedicato all’esposizione fisica e multimediale delle eccellenze culturali e ambientali di Spoleto e del territorio circostante, anche attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative e della realtà virtuale e aumentata, con un’operazione di cui era capofila l’Università di Perugia. Entrambi i progetti, però, non sono stati ammessi a finanziamento e ora l’ultima speranza, per la verità modesta, è rappresentata da ulteriori risorse che Castelli potrà assegnare alla misura B2.2 in cui rientravano gli interventi proposti dal Comune di Spoleto.
Per la verità sul complesso monumentale abbandonato di Spoleto c’è anche un giallo da 17 milioni di euro che si è consumato col secondo Programma infrastrutturale 2002-2004 della Regione, che prima ha assegnato l’ingente somma al recupero dell’area e poi con la delibera della giunta regionale 441 dell’8 marzo 2010, all’epoca governatrice era Maria Rita Lorenzetti, ha ridotto il tesoretto ad appena un milione di euro. Sulla vicenda del definaziamento ha provato a dare battaglia l’ex sindaco e magistrato Umberto De Augustinis, stimolando la Corte dei Conti e portando nella zona rossa l’attuale ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e l’allora presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Tuttavia, lo sforzo di De Augustinis è stato prima stoppato dal Covid e poi dalla sfiducia incassata dallo stesso primo cittadino.
Complessivamente, comunque, per restituire al centro storico il suo quartiere abbandonato e chiudere un capitolo di inaccettabile degrado tra le mure medievali è stato stimato un fabbisogno finanziario che oscilla da 35 a 40 milioni di euro. Una stima, questa, in parte confermata dal piano triennale delle opere pubbliche appena approvato dal Comune di Spoleto, che per il 2025 segna 38 milioni di euro di investimento per il recupero dei due ex monasteri e di San Gregorio Minore, tutti all’interno della zona rossa, ma i fondi devono essere assegnati. Ergo: gli interventi di riqualificazione non hanno copertura finanziaria.