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di Fabio Maria Ciuffini

Agli inizi degli anni ’70 si pose con forza la questione dell’accessibilità all’Acropoli Perugina e  più in generale al Centro Storico. L’inizio della motorizzazione di massa aveva completamente stravolto l’antico modello di mobilità. La città si era rapidamente espansa e l’auto era diventata il modo prevalente di accesso al Centro Storico, principale direttrice – allora ed oggi – dei traffici cittadini.
Dimenticati e surclassati i vecchi sistemi di accesso – le classiche lunghe scalinate e le rampe ma anche i tram e i filobus, anticaglie superate dal mezzo di trasporto ormai trionfante – si realizzò un vero e proprio assalto motorizzato. Corso Vannucci fu allora il punto massimo della contraddizione tra auto e città. E piazza Quattro Novembre non era certo da meno. Erano pieni di auto.

Piazza Quattro Novembre prima della chiusura alle auto di una parte del Centro Storico

La profonda e gloriosa ristrutturazione dell’Acropoli perugina realizzata nel secolo XIII colmando il varco tra il Colle Landone e il Colle del Sole formando la “Piazza Grande” ed il Sopramuro (vedi immagine nella Foto Gallery), si era trasformata in un grande parcheggio e in un’autostrada.  Inquinamento, spreco di spazio pregiato e soprattutto un devastante impatto visivo resero ineludibile l’attuazione di un nuovo/vecchio modello di uso dello spazio pubblico secondo il principio: “Prima i pedoni, poi i mezzi pubblici, poi, solo se c’è ancora posto, le auto ad uso individuale”. La pedonalizzazione del Corso e delle piazze adiacenti fu il risultato di quella politica e fu accolta con favore. Ma il Centro non poteva rischiare di restare vuoto: le auto dovevano essere sostituite dai mezzi pubblici, gli unici possibili allora: gli autobus. In pochissimo tempo la flotta autobus perugina fu triplicata
passando da 25 a 75. E i risultati si videro subito. Si verificò inoltre anche una cosa del tutto inopinata: in centro affluirono molte più persone di quante non ne venissero prima. Si dimostrò così che un modello di mobilità basato sul mezzo collettivo aumentava, piuttosto che diminuire – come era stato temuto – l’accesso al Centro Storico.

Ristrutturazione di Perugia fatta nel Trecento

La prima crisi energetica con le “ Domeniche senza auto”  (vedi Foto Gallery) fu colta come l’inaspettata occasione per ampliare quel concetto, a sostegno di una politica di potenziamento del mezzo pubblico. Fu allora data e vinta a Perugia – e solo a Perugia – la sfida di riuscire, in quelle domeniche, a far muovere lo stesso numero di persone di sempre. Quella contingenza generò anche una ulteriore intuizione: il modello di mobilità pubblica basato sugli autobus – quello ormai corrente ovunque nelle piccole e medie città – era inadatto a Perugia. Gli autobus erano causa di vibrazioni gravi e debilitanti per la statica del patrimonio storico, oltre che sfidare le avare geometrie della rete stradale del Centro: i bus impegnavano persino via Maestà delle Volte.  Ed invece “ogni città ha bisogno di una mobilità sulla sua misura”. Perugia, città collinare, necessitava di qualcosa di diverso che ben si può spiegare con la metafora del grattacielo-città. Nell’Empire State Building a New York operano 20mila persone, la stessa popolazione del Centro Storico di Perugia che si muove solo con “trasporti verticali”. Perché non fare altrettanto nella rupe perugina? E’ nata da questa considerazione l’idea della mobilità alternativa che ha reso famosa la nostra città in tutta Italia e in tutta Europa.

Un’immagine emblematica delle Domeniche senza auto nel periodo della prima crisi energetica, 1973

Si cominciò con l’unica cosa possibile: l’ascensore delle Conce all’interno della Scalinata elicoidale (perché non riaprirla?) che collega la Galleria Kennedy con il Pincetto. Pensate che tanto era passata l’idea dell’unicità dell’auto e dei mezzi su gomma come mezzi dominanti, che al Ministero dei Trasporti che doveva dare il permesso di esercizio si era persino persa la procedura per farlo. E poi vennero le Scale Mobili nella Rocca Paolina e le altre, ben note a tutti. Un modello che ha fatto scuola ed è stato copiato in varie città, anche in modo inappropriato: sono state montate infatti scale mobili dove si sarebbero dovuti usare altri e più efficaci sistemi. Ma questa è un’altra storia.

La città senza auto
Dall’esperienza di Perugia, che ebbe riscontro in tutta Europa e che ha segnato poi profondamente tutta la mia vita politica e professionale, nacque l’idea della “Città senza auto”, una ricerca finanziata da Carlo Ripa di Meana, allora Commissario CEE, la cui relazione finale divenne rapidamente un best seller internazionale. Diffusa in tutto il mondo ed Illustrata da me in tutta Europa – anche davanti al Senato francese – non lo fu qui in Italia, né a Perugia. Troppo forte da noi era l’idea della “città tutta auto”, meglio: tutta FIAT! Però mi piace pensare che il potenziamento dei trasporti pubblici che ne seguì in varie parti d’Europa, per esempio a Barcellona, fu un portato di quel periodo di dibattiti e dell’idea della mobilità alternativa. Andai nella capitale della Catalogna per parlarne con amministratori e intellettuali.
Il modello di accesso alternativo a Perugia è stato poi completato con il Minimetrò. Ma oggi il tema centrale non è più soltanto l’accessibilità. Oggi c’è un Centro Storico disabitato, con più turisti che perugini?

Le grandi trasformazioni del territorio perugino
Sul finire del 1200 Perugia conobbe un periodo di forte crescita economica e demografica. La “Terra vecchia” contenuta tutta nella cinta delle mura etrusche fu inclusa in un nuovo tracciato murario, quello delle mura medievali. “Terra nuova” fu chiamatala nuova città. Perugia che è restata per secoli contenuta entro la cinta delle Mura Medievali crescendo su sé stessa, nel secondo dopoguerra si è diffusa nel contado, nella “Terra nuovissima” come è stata efficacemente chiamata.  Ma il Centro Storico si è svuotato di abitanti e di funzioni. C’è quindi un equilibrio da recuperare ed è l’assoluta priorità di oggi!

Mappa dello sviluppo di Perugia dal 1800 a oggi

Occorre un nuovo grande progetto
Un progetto di opportunità più che di vincoli, di rigenerazione urbana e ristrutturazione immobiliare del patrimonio residenziale privato, di riutilizzo dei grandi contenitori oggi sottoutilizzati o destinati a cambiare destinazione.
Due le precondizioni imprescindibili:  Il Centro Storico è di tutti, va ristabilita una salda connessione culturale e materiale con tutta la città. Va stabilita una quota fissa del bilancio ordinario e straordinario da destinare al Centro Storico, una somma da integrare con risorse private. E una la premessa: Aumentare la conoscenza del CS integrando fra loro vari aspetti settoriali.

Un progetto questo tanto complesso quanto affascinante ma pienamente all’altezza delle capacità progettuali di Perugia. E che dovrà coinvolgere i principali attori della sua vita culturale e produttiva: oltre all’Amministrazione Comunale, le due Università, le imprese, i commercianti, i proprietari privati e i semplici cittadini. Va completato un nuovo grande rilievo fisico che integri le vecchie rappresentazioni catastali, come reso oggi possibile con laser scanner e droni. Ma è solo un punto di partenza. Occorre rispondere ad una domanda: quale è la reale capacità abitativa del Centro Storico? E’ possibile tornare ai 20mila fatidici abitanti del grattacielo-città degli anni ‘50?
I dati CRESME del 2018 ci dicono che i residenti del centro storico erano 5.242 , con l’aumento dei giovani e il crollo della popolazione anziana: 1.098 in meno. Mancavano cioè circa 15mila abitanti rispetto agli anni Cinquanta. Oltre agli abitanti – come risulta dai Censimenti – sono calati anche i vani (spesso accorpati a formare stanze più grandi) e le condizioni di affollamento sono drasticamente diminuite. E poi gli appartamenti grandi sono stati divisi, le condizioni abitative variano molto anche con il variare del livello di piano: i piani terra e primi piani sono molto meno abitabili, ma i piani alti privi di ascensori sono difficilmente accessibili all’utenza debole. In compenso si registrava nel 2018 un aumento di coloro che lavoravano in centro 12.534, 4 mila in più rispetto al 2008. Dati questi che andrebbero rapidamente aggiornati.
Si impone ormai un’indagine molto accurata sul patrimonio immobiliare privato per verificare le condizioni statiche in funzione antisismica e quelle abitative sotto il profilo igienico e della presenza o meno di apparati elevatori, a partire dalla verifica di eventuali condizioni di sottoutilizzo o addirittura di abbandono. Vanno messe contemporaneamente in atto politiche di rigenerazione materiale, di consolidamento sismico e di restauro, nonché interventi “cosmetici” di vario tipo su facciate, cavidotti esterni. Per finire, si impone il rifacimento di quasi tutte le pavimentazioni. La condizione di una delle vie del Centro Storico di Perugia è pessima.
Rigenerazione immobiliare significa recupero abitativo a carattere permanente anche con suddivisione in appartamenti più piccoli per le sempre più piccole famiglie perugine, a partire da giovani coppie ma anche con studentato diffuso in porzioni di appartamenti sottoutilizzati e resi indipendenti da quelli originari.
Ci sono poi i servizi di prossimità, da riorganizzare ed integrare mettendo ad esempio a disposizione locali a fitto zero o agevolato per attività commerciali e/o artigianali.

Mobilità interna al Centro Storico e zone a quindici minuti
A Perugia saranno possibili solo con sistemi elevatori in servizio pubblico. Qualche esempio:
Da Porta Eburnea a Torre Donati
Da Via dei Priori a Piazza Morlacchi
Da S. Maria Nuova alle Prome
Da FCU S. Anna a Piazza Grimana passando per Pincetto

Oltre a questi, si può ricorrere a micro parcheggi residenziali diffusi e a servizi circolari a navetta anche con mezzi innovativi. C’è un solo prezzo da pagare: ridurre l’impatto visivo delle auto in sosta, che imbruttiscono le più belle vie del Centro Storico. Persino nel medioevo venne proibito l’ingresso degli equini in città provvedendo ad un grande stallaggio all’esterno della città con funzioni di parcheggio di scambio.

Minibus per il Centro Storico

I grandi contenitori
Va trovato per i grandi contenitori – oggi o in futuro sottoutilizzati per spostamento di funzioni (ad es. Palazzo del Capitano del Popolo), inclusi ovviamente i teatri – un nuovo ruolo che abbia ricadute sulla cultura e sull’economia cittadine. Qualche proposta da approfondire:
Una grande mostra permanente sull’ignorata storia di Perugia Una nuova facoltà di architettura;
Istituti di ricerca (ad es. sulla I.A.) di valenza nazionale ed internazionale;
Musei della Scienza interattivi come ampliamento del POST;
Un palazzo dei Congressi – anche Grandi congressi – ma diffuso con la messa a rete di grandi e piccole sale e le vie del Centro con ambulacri.
Indispensabile una verifica attenta delle capacità ricettive delle strutture alberghiere

Uno dei Grandi contenitori: il Palazzo del Capitano del Popolo

Riscoprire le grandi permanenze storiche della città
Metà dei 3 km del Muro Etrusco, tuttora in ottime condizioni, è nascosto o inaccessibile. Da Umbrò in cima alle Scalette di S. Ercolano fino al terminale del Pincetto del Minimetrò, c’è tutto un susseguirsi di meravigliose sale che hanno sempre la parete a monte costituita dal muro etrusco che andrebbero accorpate tra loro  e destinate a grandi funzioni culturali.
Altrettanto inaccessibili sono le Mura etrusche del Verzaro ed a valle delle Prome. Va certamente pensato e realizzato un Parco delle Mura Etrusche. C’è l’intero percorso dell’acquedotto medievale che si snoda fuori del Centro Storico e che attraversa una magnifica campagna.

Conservone medievale di Monte Pacciano

Acquedotto medievale: un recupero molto voluto e partecipato dai cittadini

Il circuito delle Torri
L’antico skyline di Perugia confrontato con quello di Manhattan…
Riscoprire, restaurare, riutilizzare tutte le antiche superstiti Torri anche inglobate in antichi edifici. Sull’esempio di quanto è stato fatto per quella degli Sciri. C’è grande interesse e partecipazione per tutte queste permanenze storiche, basta attivarla.

Ci sono poi molte sorprese ancora nel sottosuolo di Perugia
Oltre la parete crollata nell’area sottostante del Sopramuro ci sono buone speranze di ritrovare un grande, meraviglioso pozzo circondato da una scala elicoidale. È certamente un enorme progetto, ma intanto pensiamolo e organizziamolo anche con forme di partenariato pubblico-privato. Servirà anche a creare tanto nuovo lavoro. E solo se ce lo avremo pronto, potremo intercettare risorse nazionali ed europee.
La mia lunga esperienza di politico mi dice che è importante avere un progetto e che, se lo si ha, è sempre possibile trovare una strada per il finanziamento. Cominciamo a formarlo dunque questo progetto.