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di Giampiero Rasimelli

Ho partecipato alla manifestazione in difesa dell’Europa e dei suoi valori indetta a Roma, sabato scorso, su proposta del giornalista di Repubblica Michele Serra. Un grande successo, un’onda bleu con i colori stellati europei, “c’era bisogno di riconoscersi in un’appartenenza europea e democratica” (ha poi commentato lo stesso Serra). E’ stata una risposta irrevocabile all’aggressione di Putin all’Ucraina e ai valori democratici dell’Europa, una risposta all’inquietante protervia Trumpiana che sta terremotando gli equilibri mondiali, una risposta a tutti gli autocrati che vogliono sabotare e distruggere il diritto internazionale per sostituirlo con la legge della forza, militare e commerciale. Noi europei che abbiamo combattuto secoli di guerre nel nostro continente e nel 900 ben due guerre mondiali, con persecuzioni e molti milioni di morti, sappiamo bene il valore conquistato della pace, di quasi un secolo di pace e del rapporto inscindibile che esiste tra pace, democrazia e libertà.
La manifestazione romana è il segno che quando il valore della democrazia che caratterizza la civiltà, la cultura e lo stile di vita europeo viene messo seriamente in discussione, allora siamo in grado di riscoprirne il valore. Da questa preoccupazione profonda possono rinascere una speranza e una visione capace di cambiare le cose, come ci dice il filosofo tedesco Bjung-chul Han. La democrazia e l’Europa, con tutti i limiti storici, le incompiutezze e gli errori, oggi più che mai servono a qualcosa di importante, sono una speranza per molti in questo mondo contrastato che è il nostro presente. Commentando la manifestazione di sabato lo scrittore spagnolo Javier Cercas ha detto: “ questa piazza romana ha un solo difetto, è per ora solo a Roma, ci vorrebbero piazze così in tutte le capitali e le piu’ grandi città europee ! … perché noi vogliamo vivere come europei e non come americani o russi o cinesi.” Si, è stata una manifestazione per l’indipendenza europea, che, forse, può aprire la strada ad un grande movimento democratico nel nostro continente capace di dare un importante contributo al mondo difficile che viviamo e che vivranno i nostri figli.
L’altro “scandalo” della piazza romana è che era una piazza di diversi, molto diversi, con una piattaforma di valori fondamentali ispiratori. E la diversità non stava nella presenza delle bandiere della pace accanto allo straordinario tappeto di colori europei, perché la pace, appunto, è l’Europa che vogliamo e che vogliamo difendere. E non stava nemmeno nella presunta inconcludenza, secondo non pochi commentatori, dell’ispirarsi ai valori fondamentali di pace, democrazia, libertà, giustizia, perché i valori o sono fondamentali o non sono, è per questo che uniscono e non c’è niente che sospende le libertà come la guerra, la prevaricazione, la violenza verso l’altro. Oggi viviamo un mondo diviso e aggressivo, a livello politico, militare ed economico, acceso ancor di più dalla disaggregazione delle nostre vite promossa dalla rete e da un dominio economico e tecnologico accentrato in poche mani. Per questo l’impegno tra diversi per riproporre in modo nuovo i valori fondamentali su cui poggia la democrazia europea è oggi un valore culturale e politico che va difeso oltre ogni pregiudizio.
L’incontro tra diversi, in un momento così preoccupante e convulso, ha bisogno di partecipazione, di lotta culturale e politica e di spirito di mediazione, questa è la democrazia e dopo molti anni di appannamento del percorso di costruzione europea dobbiamo riscoprire lo “scandalo” dell’unità e del confronto politico chiaro ed efficiente. Dobbiamo ridestare l’Europa. I cardini di questa nuova unità europea sono la vitalità delle istituzioni comunitarie, superando il gioco dei veti e delle unanimità impotenti, la difesa e l’innovazione dello Stato Sociale come carattere proprio della civiltà europea moderna, una politica estera e di difesa comune europee senza le quali non potremo far pesare la nostra ricchezza democratica, la nostra cultura di pace, le nostre esigenze e la nostra sicurezza nello scenario internazionale che viviamo e, infine, un enorme salto tecnologico, industriale, di sviluppo economico sostenibile che valorizzi tutte le nostre capacità, il nostro grande mercato, la nostra capacità di relazione con le diverse economie mondiali.
Una sfida enorme, ma chiara, tutt’altro che scontata, dalla quale nessuno può tirarsi da parte. In queste settimane si discute molto della difesa comune europea. Voglio essere chiaro, sono stato e sono orgogliosamente un pacifista, penso che i valori del pacifismo, nella testimonianza civile come in quella religiosa, siano una ricchezza fondamentale della democrazia. Nei decenni recenti ho vissuto sul suolo europeo le vicende tragiche di Vukovar e di Srebrenica nella ex Jugoslavia e oggi dell’Ucraina. Senza una forza armata europea, al servizio di poteri democratici, con alti livelli tecnologici e concreta capacità dissuasiva non c’è possibilità di difendere i nostri confini, né di dare luogo ad azioni di interposizione che sappiano prevenire i conflitti e salvare vite umane. Purtroppo, come abbiamo detto sin qui, il diritto internazionale è oggi fortemente attaccato, l’ONU è in grande difficoltà e noi abbiamo il dovere di dare compimento al progetto di una difesa comune europea (uno dei sogni dei padri di Ventotene), nei modi e nelle forme che saranno gradualmente possibili e con grande fedeltà ai valori pacifici dell’Europa, ma con forte determinazione. Anche questo, oltre alla testimonianza della nonviolenza, può e deve essere un fondamentale contributo di pace nel mondo che viviamo. Dobbiamo essere consapevoli che il pacifismo che abbiamo vissuto e che viviamo è cresciuto sotto l’ombrello americano, che oggi si ritrae. Oggi abbiamo il dovere di reinterpretare questo nuovo mondo e il nostro nuovo continente, dentro la vi sione di un nuovo, duraturo equilibrio di pace.
La costruzione di questo obbiettivo è e sarà difficile e contrastata. Il piano presentato di recente dalla Presidente della Commissione Europea Von der Layen e approvato a larga maggioranza dal Parlamento Europeo segna una svolta, ma lascia vuoti, domande e preoccupazioni senza risposta. Innanzitutto, lo dico con spirito assolutamente costruttivo, quale sarà la forma di comando della difesa comune europea ? Bene la rapidità della risposta europea alle ingiustificate e strumentali accuse di Trump, ma investire 800 miliardi di euro nella difesa comune senza disegnarne la forma di comando lascia molte, troppe domande aperte. Per fortuna Macron e Starmer stanno lavorando da subito a dare forma evolutiva a questo tema e ci confronteremo politicamente su ciò che potrà essere proposto. D’altra parte, in una recente intervista a Repubblica, il Presidente del Consiglio Europeo, il portoghese Antonio Costa, dice che sono 3 i cardini del piano della Commissione Europea per l’aumento delle spese militari e la difesa comune 1) l’allentamento a questo scopo delle regole europee sul debito 2) un impiego più flessibile dei fondi disponibili, compresi quelli di coesione 3) infine la disponibilità della Commissione a chiedere un prestito di 150 miliardi di Euro. Ecco, su almeno 2 di questi 3 punti non c’è accordo in Europa, perché, come minimo, si aumenterebbe il debito e si toglierebbero fondi ai paesi più deboli. Insomma, non si segue la linea intrapresa durante la pandemia (sospinta allora da Mario Draghi) di un fondo comune europeo per gli investimenti, ma un approccio più proprio della cultura della tecnocrazia europea che tante difficoltà ha prodotto in questi ultimi decenni all’Europa stessa e al suo rapporto con i cittadini. Questo vuol dire che chi rivolge queste critiche è contro la difesa europea? No, questo è il terreno del confronto tra diversi che deve proporre la maturazione delle necessarie mediazioni nel percorso europeo verso il sistema di difesa comune, oltre ogni pregiudizio.
Guardando alle urgenze della difesa comune e alla indipendenza europea qualcuno ha richiamato gli insegnamenti di Churchill e di De Gaulle, giganti europei della seconda guerra mondiale. Certamente queste figure parlano direttamente al nostro tempo, ma oggi noi non abbiamo bisogno di una Europa delle nazioni che sarebbe impotente di fronte agli attuali scenari della difesa, come della tecnologia e dell’economia, abbiamo bisogno di costruire il nuovo, la nuova unità europea facendo tesoro dell’azione dei padri che ci hanno lasciato quasi un secolo di libertà, pace, democrazia e sviluppo.
So che il contributo del pacifismo è e sarà fondamentale, come in passato, per dare una direzione coerente al percorso di costruzione dell’Europa di cui abbiamo bisogno. Per questo rivolgo un invito a tutti ad impegnarsi seriamente in questa discussione e a non cadere nel pregiudizio. Prendo a prestito una citazione di Pericle fatta dal palco della manifestazione di Roma “ Qui da noi l’uomo che non si occupa dello Stato è inutile, la discussione non è mai stata ostacolo alla democrazia, noi non cacciamo mai uno straniero … “ E mi permetto di aggiungere che il sistema di difesa è uno dei temi, ma che per noi europei ed italiani in particolare oggi il tema dei migranti, appunto, sta diventando un tema centrale che riguarda la sicurezza, i diritti delle persone, lo stato sociale, il mercato del lavoro, la vita nelle nostre città, lo sviluppo sostenibile, la civiltà europea.
Prima di concludere vorrei riflettere su cosa questa grande adunata di popolo europeo a Roma dice alla nostra regione, all’Umbria di Capitini, di Francesco d’Assisi, delle Mace della Pace, del Coordinamento Internazionale degli Enti locali per la pace, della European Desarmement Convention (1984) e del Forum Sociale Mondiale (2003/4) di Perugia, dei dialoghi interreligiosi di Assisi, della cooperazione internazionale. Io credo che sia giunto il momento di riaprire, dopo una fase di chiusura politica, una grande iniziativa di dialogo europeo e internazionale che veda protagonista, come sempre lo è stata, la nostra regione con le sue città. La Presidente Proietti ha definito nel suo programma l’ambizione di rilanciare questo grande patrimonio a contatto con le enormi sfide del tempo in cui viviamo. Nel nostro piccolo, Passaggi Magazine sapra’ contribuire a questo impegno.