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di Sud

Chi si accinga a intraprendere un viaggio in Portogallo farà bene a tenere a portata di mano Requiem, il romanzo di Antonio Tabucchi, scritto in portoghese e pubblicato nel 1991 dalla casa editrice Quetzal di Lisbona, poi tradotto in italiano (non da Tabucchi) e pubblicato da Feltrinelli nel 1992. È un romanzo, tra sogno e realtà, scandito dagli incontri; una sorta di guida, allucinata (uma alucinação è il sottotitolo) ma ricchissima.
Ogni incontro è scandito da un momento conviviale, e il romanzo diventa così anche una guida gastronomica, un viaggio nel viaggio, nella straordinaria cucina portoghese. La feijoada, il sarrabulho à moda do Douro, i papos de anjos de Mirandela, le migas, la sargalheta, l’ensopado de borreguinho à moda de Borba, l’arroz de tamboril, l’aҫorda de mariscos, la poejada, tutte pietanze corredate da accurate ricette.
L’ultimo incontro, evocato fin dalla prima pagina, è con il fantasma di Pessoa «forse il più grande poeta del ventesimo secolo». Il “Convitato” (così lo denomina Tabucchi) gli ha dato appuntamento al Molo di Alcantara, dove i due cenano in un ristorante postmoderno. Il menu, «una carta poetica», è al tempo stesso una carrellata sulla storia della letteratura portoghese e sulle avanguardie novecentesche, e una satira della “nouvelle cuisine”.
«Zuppa amor de perdição», «insalatina Fernão Mendes Pinto», «cernia tragico-marittima», «sogliola intersezionista», «baccalà allo scherno e maldicenza», «anguille della laguna di Gafeira alla Delfino». «Ma la laguna di Gafeira non esiste – esclama Tabucchi – è un luogo dell’immaginazione, un luogo letterario>. Capirà cosa m’importa – risponde la cameriera – il Portogallo è pieno di lagune, prima o poi una Gafeira la si trova sempre».