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di Gabriella Mecucci

L’acquedotto medievale potrebbe cadere da un momento all’altro. Le antiche, splendide volte duo – trecentesche sono sempre più in pericolo. Per fortuna una sempre più vasta sensibilità dei cittadini e un gran numero di architetti, ingegneri, archeologi, botanici, storici preme perché non si compia il misfatto di lasciarlo crollare. Il Comune – sindaco in testa – ha risposto positivamente a questa spinta dal basso e, con la partecipazione di Gabriele De Micheli, l’ingegnere che guida la sezione Ambiente e territorio di Palazzo dei Priori – si è svolto un sopralluogo per valutare il da farsi. Una visita di una folta delegazione che è stata per almeno due ragioni ”emozionante”: la bellezza e la qualità tecnica dell’opera che portava l’acqua alla Fonte Maggiore- sgorgò per la prima volta nel febbraio del 1280; e la sensazione di dover far presto per evitare la catastrofe. “Il crollo può avvenire anche domani”, hanno detto i tecnici. Il timore della perdita irrecuperabile di un pezzo di storia non è allarmismo, ma un pericolo concreto. Così come è forte la spinta a recuperare questo straordinario monumento
Fra il folto gruppo di volontari già da tempo al lavoro per preparare gratuitamente una bozza di progetto di recupero e i rappresentanti del Comune è stato stipulato un patto di collaborazione e l’ingegner De Micheli ha spiegato il tipo di intervento che Palazzo dei Priori intenderebbe fare. Si articola in tre punti precisi. Il primo riguarda la messa in sicurezza e il recupero del bene culturale. Non si può però nemmeno iniziare a progettare concretamente, se non si toglie la vegetazione che è cresciuta sul terreno intorno alle grandi arcate medievali. Poi, fatto il progetto, occorre rimuovere gli alberi, gli arbusti, le edere che ricoprono quasi i due terzi dell’intera muratura. Operazione da fare con particolare attenzione perchè la struttura ormai cadente potrebbe almeno in alcuni punti essere tenuta insieme, sorretta dai rampicanti e dalle radici delle piante. Come se la natura, accortasi della colpevole inerzia degli uomini, avesse provveduto da sola a difendere il monumento. Lo ha protetto con i suoi strumenti che occorre togliere con avvedutezza: tagliare, sradicare e contestualmente consolidare con tutte le tecniche del caso. Il recupero del bene è la parte del lavoro davvero costosa. Nessuno vuol fare cifre, ma, a orecchie attente, sembra di intendere che per compiere l’operazione occorrerebbero 3-4 milioni di euro.
La seconda parte dell’intervento che tratteggia l’ingegner De Micheli riguarda la creazione di un percorso che corra lungo tutti i chilometri in cui si snoda l’acquedotto a partire dal Monte Pacciano. Un percorso architettonico-naturalistico di rara bellezza nel corso del quale si incontrano chiese medievale e paesaggi integri. Un luogo da visitare grazie ad una “mobilità dolce” o facendo semplicemente una bella e salubre passeggiata. E magari organizzandovi – per farlo conoscere – una gara podistica
La terza parte dell’intervento sarebbe quella di rendere percorribile anche tutta la porzione dell’acquedotto interna alla città, sino ad arrivare sotto alla Fonte Maggiore. Insomma l’ “’operazione acquedotto” non rappresenterebbe solo un modo per salvare un bene culturale e un pezzo importante della storia di Perugia, ma potrebbe diventare anche un buon investimento turistico.
Questo progetto sta coinvolgendo sia i cittadini che il Comune: un bell’esempio di collaborazione che fa bene alle istituzioni e al loro governo democratico. La volontà c’è, ci sono le capacità e le idee, occorre trovare i finanziamenti coinvolgendo Regione, Soprintendenza e Ministero dei Beni Culturali. Nella delegazione che ha fatto il sopralluogo c’era anche Fabio Maria Ciuffini, uno dei primi a credere nel recupero dell’acquedotto. L’ex vice sindaco ormai vicino ai 90 anni si muoveva per fratte e greppi con sicurezza e energia. E questa inesausta vitalità è una delle ragioni per sperare.