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Fabio Maria Ciuffini ha presentato nel suo articolo su Passaggi Magazine un vero e proprio progetto organico per il Centro Storico di Perugia. Questo sforzo è stato premiato da una grande attenzione dei nostri lettori (la riflessione è stata fra le più lette della nostra rivista) e ha suscitato dibattito. Pubblichiamo di seguito il gradito intervento di Luigi Fressoia, presidente di Italia Nostra Perugia.

di Luigi Fressoia*

Condivido la proposta di Ciuffini per un progetto organico sul centro storico di Perugia e ne condivido gli esempi che ha citato: il percorso dell’Acquedotto medievale, delle Mura Etrusche (c’è a riguardo il progetto dell’arch. Michele Bilancia), la visitabilità di torri e campanili come fatto per gli Sciri (al riguardo c’è il progetto per le Soffitte e campanile di S. Domenico), navette circolari per l’intero centro da Monteripido alla Pallotta, interventi sistematici sulle facciate, per la sicurezza antisismica, per la ripresa di quella provvida abitudine che fino quindici anni fa circa vedeva il cantiere comunale rifare pregiate pavimentazioni di vicoli e piazzette.
Condivido l’opportunità di un centro congressi articolato nelle molte sale disponibili (fino al Capitini e Palabarton); la necessità di un dibattito (e relativo piano di lungo corso) sulle più opportune destinazioni di tanti edifici storici (molti di proprietà pubblica), inutilizzati, sottoutilizzati o impropriamente utilizzati. A tale riguardo incombono molti rischi circa la Cittadella Giudiziaria:
che fine fa l’ex Carcere maschile? L’acropoli viene depauperata? Addirittura, su altri fronti, incombono incomprensibili rischi di demolizione per il pregevole complesso Onaosi di Elce.
Ci sono poi molti edifici nell’intorno del centro storico (circonvallazione e poco oltre) parimenti abbandonati e sottoutilizzati che possono ben partecipare del progetto che stiamo dicendo.
Serve senz’altro, quindi, una esaustiva ricognizione immobiliare di base, indispensabile per efficacia e utilità di qualsiasi ragionamento e progetto.
Condivido soprattutto, e me ne compiaccio con l’ingegnere, che il centro storico ha bisogno del ritorno di molta residenza stabile e familiare, oltre studenti e quant’altro; concetto essenziale e decisivo, che molti stentano a comprendere e condividere. Infatti molti si ostinano a intendere il “rilancio del centro storico” (quasi fosse Cape Canaveral) come successione ininterrotta di
“eventi” spettacolari per “attirare” gente, non capendo che tale usa e getta, mordi e fuggi, non giova a nulla se non ad attività economiche di basso conio, rende invivibile il centro e ne scaccia le famiglie.

Non si sono accorti che le povere case del centro, restaurate e ora godute cielo-terra, offrono vivibilità ottima, impensabile cento anni fa.
Non si sono accorti che vivere comodamente in centro, raggiungendo a piedi molti servizi, è incomparabilmente meglio che accompagnare in automobile più volte al giorno i figli a scuola, a calcio, al catechismo, a chitarra…
Qualche evento di massa presso il Corso (uno e due all’anno, ma non di più) è sopportabile ma come eccezione poichè la regola deve essere città viva ma garbata (non dimenticare “Le citta del silenzio” di D’Annunzio), elegante e pulita, ricca di presenze, funzioni, attività, ma mai cialtrona, caciarona e sporca. E si cominci stabilendo divieto assoluto (anche per il mostro sacro
Umbria Jazz) di montare palchi accanto alla Fontana, meglio spostati in Piazza della Repubblica.
E non dimentichiamo un concetto essenziale: il centro storico non è solo il Corso e la Fontana bensì è un organismo urbano complesso lungo due chilometri e mezzo da Monteripido alla Pallotta e largo un km e mezzo da S. Francesco a Monteluce.
Un ulterirore concetto che condividiamo pienamente, anzi, che riteniamo fondamentale, è l’esigenza di “saldare il centro storico col resto della città” ormai molto vasta, ovvero prendere piena coscienza di avere oggi a che fare con una conurbazione intercomunale – sia pure sfrangiata e discontinua – estesa da Magione a S. Maria degli Angeli, da Villa Pitigano a Deruta; estremi
urbani entro cui maturano flussi in entrata e in uscita dai maggiori attrattori: il centro storico, Fontivegge, il Silvestrni, le zone Industriali. Oltre al flusso provenente da ogni angolo della regione.
Così importante quest’ultimo concetto che su di esso possiamo introdurci alla questione più importante: i trasporti e la mobilità di persone e merci, pubblica e privata; su cui qualche distinguo si impone.
Innanzitutto diciamo che la necessaria saldatura tra il centro e tutto il resto può avvenire solo tramite un sistema di trasporto pubblico che tutto abbracci e tutto unisca.
Anche il verde in verità, articolato nei suoi diversi livelli, può bene essere connettivo tra i vari quartieri, però la fruizione del verde è fenomeno troppo occasionale mentre spostarsi da casa alla miriade di destinazioni urbane ed extra è fenomeno quotidiano e plurimo da parte di tutti, mediamente tre volte al giorno. Un sistema di trasporto pubblico capace di toccare la vasta conurbazione fino alle città della regione servite da ferrovia, darà unità e dignità al tutto, avvicinando, legando, facilitando relazioni e scambi. Non è dato vedere altro strumento migliore, per quell’obbiettivo di saldatura e unità.
Ciuffini richiama le tappe di un passato amministrativo positivo quando sopravvenne la motorizzazione di massa: il  potenziamento dei bus, la ztl prima sul Corso (1971) poi sull’Acropoli (1985), le diverse linee di scale mobili e ascensori (dall’83 al 2008), il programma europeo Città senz’auto. Aggiungo il ventaglio di parcheggi pluripiano a base degli impianti di risalita (Mercato Coperto, Piazza Partigiani, Europa, Pellini, Briglie, S. Antonio) realizzato dal 1970 al 1993.

Ma tali importanti e benefiche realizzazioni in fin dei conti soddisfano solo l’ultimo tratto del tragitto -più o meno lungo- per raggiungere il centro storico dalle abitazioni dislocate nelle più disparate direzioni e periferie, mentre il più del tragitto, dalle abitazioni al bordo del centro storico dotato di parcheggi e scale mobili, rimaneva relegato alla sola automobile, strategia da molto tempo insufficente come dimostra il quotidianio blocco di traffico sulle superstrade a Ponte San Giovanni.
A dire il vero il primo piano regionale di sviluppo, del 1973, aveva individuato nelle ferrovie esistenti (Fs e Fcu da usare in chiave metropolitana di superficie) la giusta risposta alla vasta conurbazione, concetto peraltro subito recepito dal piano regolatore. Ma su questa azione di più vasto raggio non ci fu forza e visione sufficienti.
Ciuffini dice che il Minimetrò (2008) è il completamento di quel piano, di quella visione, ma non sono d’accordo, ne è stato piuttosto frattura e smentita. Basti pensare che il tragitto del Minimetrò, a parte la sua estensione marginale su Pian di Massiano, copre di nuovo la relazione Fontivegge-Centro in verità già risolta col tram del 1899… E la conurbazione, vera Perugia contemporanea, a bocca asciutta.
L’involuzione è proseguita drammaticamente negli anni più recenti con la riapertura del traffico in acropoli; oggi tranne il Corso e tre piazze (IV Novembre, Matteotti e Giordano Bruno), tutto il centro storico è un enorme parcheggio a cielo aperto. I parcheggi pluripiano semivuoti ma misteriosamente carissimi; dalla regione, dalle frazioni, dai quartieri, l’accessibilità al centro di Perugia sempre più ostica e lontana. Fcu chiusa o inservibile, Fs sorda all’uso metropolitano delle proprie linee, minimetrò ininfluente, bus vuoti che girano a vuoto. Quasi all’anno zero. E zero idee, piuttosto penosa accettazione come normale di irrazionalità e disdoro che ci rendono lontani dall’aspetto e vitalità delle migliori città europee. E quanta garrula inconsistenza!
Mi permetto anche di suggerire prudenza circa ascensori diretti da Borgna ai Donati, da S.Maria Nuova alle Prome, dai Priori a Piazza Morlacchi, poichè bypasserebbero viabilità storica, castrandone ogni potenzialità. E’ bene invece che gli impianti di risalita sappiano ben leggere la città storica servendone i caratteri propri.
Di nuovo torniamo pienamente d’accordo nel perorare ripopolamento del centro storico, che vuol dire non solo valida residenzialità bensì il massimo possibile di direzionale, cultura, università e scuole, commercio, artigianato dell’arte, servizi alla persona e pubblici, relax e tempo libero, perfino lo sport a S. Giuliana e ove possibile.
In particolare per avere valida residenzialità in centro, le famiglie hanno bisogno di due cose essenziali: un posto non troppo lontano per le proprie automobili e quiete pubblica.
Ovvio che proprio per questa intensità/densità di presenze e funzioni nell’intero centro storico, secondo le vocazioni di ogni singola sua parte, le automobili semplicemente non c’entrano, non possono entrarci e devono trovare altrove il proprio spazio. Anche quelle dei residenti non possono occupare il suolo di piazze e vicoli; nel 1989-91 l’ufficio centri storici abbozzò un piano di 19 garage per residenti (legge Tognoli) quasi tutti interrati o comunque discreti. Tutto in soffitta da decenni. C’è quindi molto da osservare, riflettere e progettare.
Perugia deve poi curare meglio le proprie identità: la cioccolata, gli etruschi, i giovani, l’artigianato artistico, il medioevo, la Rocca Paolina, la musica, il Risorgimento. Se volesse puntare alla cultura (famosa e ambigua parola) dovrebbe smettere di farsi replicante e vetrina di correttezze politiche planetarie bensì porsi al punto alto e critico delle tensioni contemporanee (che
sono sempre dell’individuo e geopolitiche).
Quartieri e frazioni ora parte della vasta conurbazione, devono fare il punto del proprio sviluppo moderno e procedere a ottimizzazioni, migliorie, completamenti, sostituzioni: la cosiddetta rigenerazione urbana (un tempo chiamata ristrutturazione urbanistica).
Sintesi. Accessibilità con metropolitana regionale di superficie, uso strategico del vasto patrimonio immobiliare pubblico, quiete pubblica, ripensamento di ogni quartiere, non serve molto altro.
Poichè quando il potere pubblico dà buoni segnali, la gente (famiglie e imprese) si muove da sola come avvenne subito dopo le scale mobili del 1983 e il vasto programma di mobilità alternativa: vi fu un prodigioso interesse verso il centro storico che vide per due decenni circa 1.000 autorizzazioni edilizie ogni anno per recuperi, manutenzioni, restauri, adattamenti a nuove
esigenze.
Si tratta di avere, come dice bene l’ing Ciuffini, idee chiare e conseguenti progetti. Bisogna riannodare una strategia (centro storico e conurbazione uniti e reciproci), forti del buono realizzato e delle esperienze maturate.
Italia Nostra si farà parte attiva del necessario dibattito organizzato.

*Luigi Fressoia, architetto, già dipendente comunale, presidente dal 2015 di Italia Nostra Perugia e consigliere nazionale.