di Lucio Caporizzi
A che punto è il nuovo Piano Socio Sanitario Regionale? E, soprattutto, quali orientamenti contiene, quali misure e progetti per migliorare la qualità del Servizio Sanitario dell’Umbria?
Come è noto, il fondamentale tema della tutela della salute è stato – un anno fa – al centro della campagna elettorale per le elezioni regionali, in particolare da parte della Presidente Proietti che, a conferma della centralità di tale materia, non ha dato a nessuno la relativa delega, tenendo quindi per sé le competenze in materia di Sanità.
Sanità umbra, per darle un futuro indispensabili le nuove tecnologie
Il “cantiere” per il nuovo Piano è ovviamente già partito da un pezzo, con l’obiettivo di fare presto e la volontà di assicurare il massimo coinvolgimento di operatori ed associazioni. Pur ritenendo importante giungere in tempi brevi all’adozione del nuovo Piano – tempi che, comunque, si stanno dilatando rispetto al previsto – è importante che la rapidità di elaborazione non vada a detrimento – oltre che della qualità – dei necessari momenti di ascolto e partecipazione, tanto con gli operatori della Sanità, quanto con le forze sociali ed economiche, presupposto, questo, irrinunciabile se si vuol elaborare un documento programmatico valido ed innovativo.
Va altresì ricordato che l’avvio del percorso di elaborazione del Piano ha coinciso con la manovra fiscale della Regione, consistente nel portare l’addizionale regionale Irpef al massimo consentito sui due scaglioni di reddito superiori. Senza entrare nel merito dell’effettiva esigenza/opportunità di azionare la leva fiscale, non vi è dubbio che tale scelta pone ulteriore attenzione agli indirizzi del Piano, anche con riferimento all’utilizzo del gettito aggiuntivo riveniente dalla manovra, gettito che è previsto essere prevalentemente destinato al Servizio sanitario. E’ facile prevedere che i cittadini/contribuenti, in particolare coloro che sostengono il peso del prelievo addizionale, vogliano, giustamente, sapere su quali voci di spesa tali risorse vengono appostate.
L’ultimo Piano Sanitario della Regione Umbria approvato è quello relativo all’ormai lontano 2009-2011, mentre l’ultimo Piano Socio-Sanitario risale all’ancor più lontano 1989-1991. Quello di elaborare un Piano Socio-Sanitario è un approccio più consono ad una visione integrata e organica della tutela della salute (secondo la visione cosiddetta One Health) e infatti è questa la scelta che viene operata attualmente.
Si potrà dire che se ormai da oltre 12 anni si è privi di un Piano e se, bene o male, il Servizio sanitario regionale ha continuato ad assicurare in modo soddisfacente la propria attività di assistenza dei cittadini, allora forse disporre di un Piano non è poi così essenziale.
Tale affermazione contiene una mezza verità, nel senso che la elaborazione di un Quadro programmatico può rappresentare un valore aggiunto solo se recante scelte concrete ed innovative, a partire da una valutazione della realtà e dei bisogni effettuata con metodi di comprovata validità.
Si può dire ciò del Piano che si va formando? Si possono svolgere alcune riflessioni, ovviamente senza alcuna pretesa di esaustività o di trattazione sistematica, assumendo come fonte la corposa presentazione svolta dalla Direttrice regionale Daniela Donetti il 25 settembre scorso.
Viene enfatizzato, giustamente, il tema del potenziamento del livello di assistenza territoriale, obiettivo per raggiungere il quale si fa affidamento sull’attivazione delle nuove strutture come le 23 Case di Comunità e i 5 Ospedali di Comunità. Ma viene eluso il tema cruciale delle attrezzature e della disponibilità di personale da assegnare a tali nuove strutture, tra cui operatori in grado di svolgere procedure cliniche, seppur non complesse. Inoltre occorre meglio capire i criteri seguiti per la distribuzione sul territorio delle Case di Comunità. Dato che uno degli obiettivi del potenziamento dell’assistenza territoriale è quello di alleggerire la pressione sugli ospedali (e sul Pronto Soccorso), sarebbe stata inoltre interessante una valutazione di impatto dell’attivazione di tali strutture, in termini, appunto, di riduzione dei tassi di ospedalizzazione e di accessi al Pronto Soccorso.
La mobilità sanitaria, che fino alla fine dello scorso decennio era sempre stata attiva per l’Umbria, presenta ormai uno sbilancio pari a oltre 36 milioni. Insomma, la spesa che il Servizio sanitario regionale sostiene per prestazioni rese a cittadini umbri fuori regione supera di quella cifra quanto il Servizio stesso incassa per prestazioni rese in Umbria a favore di cittadini provenienti da altre regioni. Un saldo di mobilità sanitaria negativo, oltre a comportare una emorragia di risorse finanziarie, rappresenta anche un “segnale” della qualità del Servizio sanitario percepita dai cittadini.
Non pare vengano presentate adeguate misure per contrastare tale fenomeno, non potendosi i soli Accordi di confine essere considerati sufficienti. I dati ci dicono che oltre il 40% della spesa sostenuta per curare i cittadini umbri fuori regione dipende da Chirurgia e Protesica Ortopedica, insieme alla Riabilitazione intensiva. Ci si attenderebbero misure specifiche e dedicate per potenziare tale specialità, migliorandone l’affidabilità e, quindi, l’attrattività agli occhi dei cittadini umbri.
Viene previsto un maggior coinvolgimento del paziente nei percorsi terapeutici. Viene previsto uno sviluppo della digitalizzazione. Sono obiettivi del tutto condivisibili, tenendo presente che tuttora il servizio sanitario si presenta troppo autoreferenziale, con organizzazione e procedure disegnate prevalentemente in funzione degli operatori e poco in funzione del paziente. La digitalizzazione è ancora arretrata, scarso il ricorso dei sanitari al fascicolo elettronico, se ci si presenta per un esame o visita senza aver stampato prescrizione, prenotazione e ricevuta del pagamento del ticket, si viene guardati male.
Un sostanzioso abbattimento delle liste di attesa per le prestazioni sanitarie ha rappresentato uno degli impegni più importanti della campagna elettorale per le elezioni regionali. Tale obiettivo, non raggiunto a distanza di un anno dalle elezioni, viene riproposto nel Piano, riprendendo i contenuti dell’apposito Piano straordinario. Non pare di rilevare, nei contenuti, adeguata attenzione al governo della domanda – in particolare sviluppando l’appropriatezza prescrittiva e clinica – strumento questo necessario se si vuole incidere sul divario tra richiesta di prestazioni e capacità di offerta delle stesse, divario che è alla base della formazione delle liste di attesa.
Anche nella nostra regione molto deve ancora essere fatto per promuovere a tutti i livelli la cultura del “prendersi cura” delle persone, superando l’approccio “prestazionale”, che si risolve nel rispondere ai bisogni di salute attraverso l’erogazione di singoli servizi.
È necessaria invece, soprattutto per i problemi con un importante carico assistenziale come nelle cronicità, la capacità di progettare percorsi proattivi, coordinati e continuativi, con la partecipazione della persona assistita e del suo contesto di vita, garantiti da un sistema di interventi sanitari e sociali integrati. Passare dalla logica prestazionale alla logica della presa in carico, richiede innanzitutto un cambiamento di approccio al paziente ed alle sue problematiche, oltre che di natura organizzativa. Nel condividere tale impostazione, ben espressa anche nel Piano straordinario regionale per le liste di attesa, occorre però ricordare
che, tuttora, non sono rari i casi di dimissioni dopo interventi chirurgici, per esempio, dove si rimanda il paziente ad una successiva visita da prenotarsi tramite Cup previa acquisizione della prescrizione da parte del proprio medico curante, il quale, magari, neanche sa dell’intervento chirurgico in questione e, quindi, viene inteso come mero esecutore di quanto disposto da altri. L’effettiva attuazione della presa in carico è uno dei punti su cui più si evidenzia la dissociazione tra enunciazioni e realtà.
Infine, il delicato e cruciale tema del raccordo tra gli obiettivi del Piano e le risorse finanziarie è sì trattato nella presentazione, in una tabella fitta di numeri e parole…tutti, ahimè, completamente illeggibili.



