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di Gabriella Mecucci

“Haec vera effigies Sancti Francisci”: dopo il restauro della Maestà di Cimabue è diventata visibile, nella parte alta dell’affresco, questa scritta. Il fraticello a destra della Madonna in trono, un po’ appartato e quasi dimenticato, è proprio lui. E’ quello il suo ritratto più realistico: piccolo, magro, bruttino, come lo aveva descritto Tommaso da Celano. Adesso, dopo le ripuliture e dopo l’eliminazione dei ritocchi ottocenteschi che gli avevano rimpicciolito le orecchie e aggiunto la barba, il volto e la figura emergono in modo nitido in quella che è probabilmente la raffigurazione più antica del santo, realizzata fra il 1285 e il 1290.
Cimabue ritrasse questo gigante del Cristianesimo e della storia nella Basilica Inferiore di Assisi come un omino umile, coperto solo dal suo saio. Del tutto diverso dall’immagine pomposa dipinta nelle “Vele” da Giotto, che racconta con il suo pennello “l’apoteosi di San Francesco”. Il maestro e il grande allievo ne danno due “letture” profondamente diverse. La bottega di quest’ultimo, che pure mise le mani su molti affreschi della chiesa, lasciò intatto il ritratto di Cimabue. E oggi avvertiamo come questo corrisponda in modo totale non solo al volto e al corpo del santo, ma anche alla sua più profonda spiritualità. Si racconta che quando frate Masseo gli chiese perché Dio avesse scelto proprio lui – né bello, né ricco, né particolarmente intelligente – Francesco gli rispondesse così: “Perché non ha trovato uno peggio di me per mostrare la sua grandezza”. Su questa parete della Basilica Inferiore, vicino ai capolavori di Giotto, di Simone Martini e di Pietro Lorenzetti, trova dunque un volto, un’effige “l’umiltà di Dio”, di cui Francesco è l’espressione più toccante.
L’aver riportato la Maestà di Cimabue al suo antico splendore è particolarmente importante per molte ragioni. Lo è per i cristiani perchè restituisce loro l’interezza dell’effigie, della spiritualità, del rapporto con Dio del santo più amato e venerato. Il cui messaggio potente va oltre i credenti sino a diventare una possibile chiave interpretativa della modernità. Lo è perché quel dipinto è una straordinaria opera d’arte che segna il culmine di un periodo pittorico che viene definito “alla maniera greca”, e che però “già cede il passo ad una nuova naturalezza, ad un’ inedita attenzione alla raffigurazione dello spazio”, rappresentando così “un immediato precedente di Giotto”.
Lo è infine perché testimonia della grandezza di Assisi nei secoli tredicesimo e quattordicesimo. Fu allora che diventò una vera e propria capitale dell’arte europea. Qui si concentrarono infatti i più grandi, e dettero vita ad un luogo indimenticabile. Gli affreschi della Basilica di San Francesco sono un concentrato di bellezza e di creatività, ma cosa richiamò tanta genialità? Certamente la ragione più importante, fu che Assisi era la città di Francesco, che qui riposavano le sue spoglie mortali, venerate da frotte di pellegrini provenienti anche dai luoghi più distanti e sconosciuti. Fu lui dunque a farne una capitale. E del resto ancora oggi è lui a renderla famosa ovunque.
Nel corso di un breve convegno è stato presentato il restauro della Maestà di Cimabue, finanziato dalla Ferrari. Un lavoro lungo ed un investimento importante che restituisce al mondo un capolavoro. E non solo. Gli interventi nella Basilica di San Francesco stanno andando avanti da tempo e hanno dato luogo ad una sorta di sua “rifioritura”. Sono stati restaurati i Giotto, i Simone Martini, i Lorenzetti. E adesso tocca a Dono Doni. Il recupero di Cimabue e gli impegni futuri sono stati oggetto – nel convegno – degli interventi di fra Marco Moroni, custode del Sacro Convento, di Elvio Lunghi, storico dell’arte, di Sergio Fusetti che ha guidato il gruppo di restauratori della Tecnireco.
La presentazione della Maestà di Cimabue anticipa l’apertura dei centenari francescani: nel 2025 si celebra quello del Cantico delle Creature e nel 2026 quello della morte. Le manifestazioni culturali e religiose previste sono molte. La prossima sarà l’apertura alla Galleria Nazionale dell’Umbria della mostra sul Maestro di San Francesco che rimanderà ad itinerari che abbracciano l’intera regione. L’inaugurazione è fissata per il 9 marzo.