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di Fabrizio Croce

Alcuni eventi in apparenza “minori” avvenuti in sequenza a Perugia negli ultimi tempi stimolano una riflessione su quanto un’amministrazione comunale debba sentirsi impegnata verso la cittadinanza almeno da un vincolo di opportunità nel proprio agire, per non spingersi a parlare di etica.
Infatti, se già da anni si dibatte, senza trovare una quadra, sulla necessità di introdurre un codice etico nella politica figuriamoci se sia possibile farlo quando ci si interroga se sia opportuno o inopportuno compiere una determinata azione.
Quali sono i parametri per definirlo o ancora meglio codificarlo, se non concetti astratti, vagamente desueti e tutto sommato soggettivi come “morale”, “decoro”, “decenza”, “sensibilità”, “ritegno”? Ciò nonostante un qualche paletto andrebbe posto quando entrano in campo “strumenti” che rientrano nelle prerogative della politica e che andrebbero maneggiati con cura, in quanto profondamente legati a quell’insieme di valori fondanti di una comunità e delle sue regole, a prescindere da suggestioni che possano rimandare al progresso ed alla evoluzione della società. Ecco quello della “cura” è il parametro più adatto se si vuole tracciare un bilancio di quanto le due ultime amministrazioni comunali abbiano dato considerazione ed attenzione ai propri cittadini, rispettandone i valori ed incontrandone le aspettative, in aderenza al mandato loro attribuito.
Cito, come primo esempio, l’Autorizzazione alla “occupazione del suolo pubblico”, che è un provvedimento cui si ricorre con frequenza per la concessione a privati di aree pubbliche ben delimitate, temporaneamente sottratte all’uso comune.
Normalmente la si rilascia, previa richiesta, per supporti o strutture pubblicitarie o per la realizzazione di opere o eventi di natura privata: ciò è subordinato, come recita la giurisprudenza, alla “condizione che sia garantita la tutela del patrimonio storico, culturale, artistico ed ambientale e si rispettino i diritti alla sicurezza, alla mobilità, alla residenzialità ed alla salute dei cittadini”.
Ai primi di Novembre il Comune di Perugia ha autorizzato una campagna promozionale da parte di un sito di inserzioni di lavoro quantomeno atipico, congegnata “a puntate” e consistente nella collocazione in vie e piazze strategiche del centro storico di oggetti riportanti delle frasi criptiche: la finalità della campagna era quella di orientare gli utenti della rete a servirsi di una piattaforma che si basa sulle recensioni da loro stessi rilasciate, piuttosto che di anonimi annunci on-line: nulla di offensivo, né tantomeno illecito; è un po’ la prassi della maggior parte delle piattaforme on line e può riguardare ristoranti, alberghi e fornitori di ogni sorta di beni e servizi.
Il problema è che le recensioni rilasciate sul sito riguardano il gradimento di una “escort” a pagamento sotto il profilo della qualità del “servizio” fornito.
L’apparente innocuità della strategia promozionale non impedisce di sollevare una questione di opportunità sul fatto che un Comune conceda il suolo pubblico per una campagna avente ad oggetto (anche) la prostituzione, femminile e maschile, e che a promuoverla con tale ingegno sia una azienda che si alimenta (anche) di sesso a pagamento: è una questione etica e culturale, appunto. Probabilmente faremmo lo stesso ragionamento se si trattasse di gioco d’azzardo o prodotti ritenuti nocivi come fumo o alcool, ma in questo caso davvero entrano in ballo anche il rispetto e la dignità delle persone (soprattutto della donna) e ciò oggi imporrebbe una cautela maggiore.
Può la mercificazione del sesso o la riproposizione dell’antico modello della “donna geisha” o dell’”uomo gigolò”, tanto più quando può degradare in “servizi particolari” ed optional, rientrare con tale superficialità nelle attività amministrative di una istituzione locale che si schiera per le pari opportunità e contro le discriminazioni di genere?
Altresì, nelle ultime due estati, il Comune aveva autorizzato la collocazione di una infrastruttura mobile di forte impatto visivo, funzionale ad un bar, che copriva uno degli scorci visuali più suggestivi di Perugia, vale a dire la terrazza panoramica dei Giardini Carducci: non riflettemmo in molti sulla opportunità di quel provvedimento in ordine ai limiti di discrezionalità entro cui un’amministrazione può esercitare il proprio potere, anche in barba a vincoli di paesaggio e senso della misura?
In aggiunta potremmo ricordare l’iniziale concessione, poi rientrata a furor di popolo, della “fragile” Sala dei Notari come “ufficio produzione” e “backstage” (chiamiamolo pure spazio “camerini” per migliore comprensione) del concertone di Capodanno dello scorso anno o la frequente esposizione di auto, moto, e “baracconate” di ogni sorta in Piazza IV Novembre? Davvero l’uso del suolo e degli spazi pubblici è uno ed indistinto, o vanno fatte delle eccezioni?
Un secondo esempio può essere dato dal ricorso al Patrocinio, sorta di riconoscimento che l’Amministrazione Comunale concede ad Associazioni e Enti, in relazione a specifiche iniziative e manifestazioni di carattere culturale, sportivo, turistico, cui viene in qualche modo attribuito ed in tal modo certificato un interesse per la comunità.
Di norma è solo un sostegno morale, eventualmente rafforzato dalla concessione gratuita di strutture e/o infrastrutture di proprietà comunale o del suolo pubblico, ma attestante l’adesione simbolica ad una iniziativa ritenuta meritevole, che non abbia natura politica e non contrasti con le finalità istituzionali di un Comune.
Come valutare allora il Patrocinio di recente concesso all’esibizione musicale di un’artista “trap” molto popolare tra gli adolescenti i cui testi, però, parlano con spregiudicatezza di soldi in nero, droghe, armi da fuoco e comportamenti ai limiti della legge e che oggi, dopo essere stato coinvolto già prima di allora in svariati episodi di cronaca, è stato addirittura arrestato per tentato omicidio? E’ opportuno che un Comune che si dice in prima linea per affrontare il disagio tra i giovani in tutte le maniere che gli competono, cercando di creare un ponte tra famiglia e istituzioni scolastiche ed attivando politiche giovanili per introdurre modelli positivi e facendo un uso corretto e consapevole degli strumenti istituzionali di cui dispone, dia il proprio Patrocinio al concerto di questo artista? Viva la libertà di esprimersi e che il concerto si faccia, ma senza l’attribuzione del “bollino di qualità” che lo strumento del Patrocinio porta con sé e che, per onestà e completezza di cronaca, lo scorso anno fu negato al “Perugia Pride” per un semplice processo alle intenzioni, da ricondurre ad un messaggio pubblicitario ritenuto ambiguo e potenzialmente blasfemo.
Un terzo esempio viene dalla “iscrizione nell’Albo d’oro comunale”, provvedimento di alto valore simbolico attraverso il quale ogni anno, in occasione della celebrazione solenne del XX Giugno, vengono premiati cittadini, associazioni ed enti che abbiano dato particolare lustro alla città. Sarebbe opportuno, come stava per accadere nello scorso mese di Giugno se non si fosse opposta una parte consistente dell’apposita Commissione comunale, concedere una tale onorificenza ad un cittadino che di mestiere fa l’”influencer” e come merito ha quello di avere milioni di “followers”?
Massimo rispetto per l’inventiva e le apprezzabili capacità imprenditoriali della persona, che ha tradotto quella vocazione in occupazione per sé e opportunità di lavoro per altri (o di altre personalità dai meriti quantomeno discutibili che periodicamente sono entrate in questo novero): ma la gloria o il vanto, che pure a pieno diritto accompagnano il suo nome, sono accostabili alla città e possono essere di esempio per i suoi giovani, già così disorientati dallo svilimento dei titoli di studio conseguiti e dalle quotidiane mortificazioni della loro dignità e del loro diritto al lavoro?
Un quarto esempio tocca i valori identitari di Perugia: una città che ha tre Santi patroni e già celebra degnamente una data due volte determinante nella storia per le sue sorti (il 20 Giugno, appunto), aveva bisogno di dedicare un evento ed ingenti risorse del suo bilancio ad un Medioevo lontano nel tempo ed oscuro per tanti, omaggiando il mercenario che sottomise la libertà dei perugini?
Un ultimo doveroso esempio tocca la congruità di alcune opere pubbliche realizzate di recente in nome del recupero di aree o luoghi di valore storico, che pure per la loro natura richiederebbero una maggiore attenzione ai dettagli, spesso offerti dalla loro stessa storia: al sagrato della Cattedrale di San Lorenzo, dove si è di fatto snaturata la peculiarità tecnico-architettonica della sua scalinata di accesso; al Mercato coperto dove la frettolosa riscoperta di mediocri dipinti artigianali (peraltro riproducenti dei “fasci littori” di epoca mussoliniana) prima ancora di definirne la nuova destinazione d’uso ha, come minimo, azzerato la volontà popolare di nasconderli alla vista, peraltro esponendoli all’usura ed ai pericoli derivanti dalle future opere di completamento tecnico-strutturale del luogo; alle scalette della Canapina, dove si è preferito un austero marmo bianco di forte impatto e di scarsa funzionalità agli standard cui deve rispondere una infrastruttura moderna (l’accessibilità per tutti?).
A Fontivegge, dove in nome della rigenerazione urbana si sono costruite una pista di skateboard al fianco di una squallida voragine figlia dell’antica ed incompiuta visione incompiuta di Aldo Rossi (allora perché non direttamente lì, dove nel progetto sarebbe dovuto sorgere un teatro?) ed una impattante pensilina dove la nuova piazza rialzata avrebbe dovuto dialogare visivamente attraverso la teatrale scalinata con la piazza sottostante e con l’edificio della Stazione?
Ecco: questi esempi, piccoli, marginali se rapportati alle dimensioni del territorio, letti in sequenza portano con sé più di una riflessione sulla qualità dell’azione politica e su quanta cura sia stata riversata dalle più recenti amministrazioni per il rispetto della città, dei cittadini e dei loro valori.
Sarebbero peccati veniali, d’accordo, tanto più che attengono alla sfera dei diritti e della discrezionalità discendenti dal mandato elettorale, se non fossero però suffragati quotidianamente da ben altri esempi, di disattenzione verso la città e inadempienze verso i cittadini, che, al contrario, attengono per la gran parte alla sfera dei doveri e delle responsabilità di chi amministra.
La Giunta ed il suo Sindaco, infatti, a rigor di norma rappresentano nel loro ruolo istituzionale un pilastro a garanzia dei diritti dei cittadini sanciti dalla nostra costituzione.
Se si contano in ambito sanitario, su scala regionale, decine di migliaia di persone in lista d’attesa per le visite mediche, costringendo i cittadini a rivolgersi a pagamento ai privati o a rinunciare alla cura se non ne hanno la possibilità, non si configura quella situazione di emergenza in cui la legge attribuisce al primo cittadino il ruolo di massima autorità sanitaria cittadina?
Se per anni non vengono monitorati gli standard minimi delle condizioni igienico-sanitarie delle strutture, da un lato, e dei modi e dei tempi di erogazione di servizi e prestazioni, dall’altro, si sta rispettando il diritto fondamentale alla salute di tutti i cittadini?
Se non si vigila sulla gestione delle scuole del territorio perché garantiscano pari qualità di strutture e servizi, di accessibilità ed inclusione, evitando discriminazioni di ogni sorta e fenomeni di dispersione o ghettizzazione, si sta rispettando il diritto fondamentale allo studio dei più giovani? Se non si coglie la crescente “turistificazione” della città a favore dei sistemi di affitto breve, che determina un sistematico aumento tariffario a danno dei cittadini con minori possibilità economiche e dell’utenza studentesca tutta, e non vengono sperimentate nuove improcrastinabili politiche per la residenzialità, si sta rispettando il diritto fondamentale all’abitazione? Se non viene effettuata con regolarità la manutenzione delle infrastrutture pedonali e della segnaletica, non viene perseguita la sistematica riduzione delle barriere architettoniche e non viene monitorata la qualità del servizio del Trasporto pubblico locale affidato a terzi, si sta rispettando il diritto dei cittadini alla mobilità ed alla accessibilità?
Se non vengono implementate politiche sociali e servizi rivolti alle fasce deboli (consultori, centri anti-violenza, assistenza domiciliare agli anziani, sportelli di supporto psicologico e psichiatrico, centri servizi per i giovani, ecc.), si stanno perseguendo l’inclusione e le pari dignità dei cittadini? Se viene di fatto “congelato” il funzionamento di organismi che lo stesso Regolamento Comunale definisce “indispensabili” e disciplina, come le Consulte composte da cittadini ed associazioni chiamate a supporto dell’amministrazione in materie fondamentali (disabilità, immigrazione, cura del verde, mobilità alternativa, rifiuti, giovani, ecc.), si sta rispettando il diritto di partecipazione popolare all’amministrazione locale?
E potremmo continuare parlando di ambiente, lavoro, sicurezza ed altri temi su cui il livello di attenzione e cura da parte di chi ha ricevuto una precisa delega dai suoi concittadini denota un crescente distacco dalle reali e conclamate priorità che la città reclama a gran voce e da tempo.
Ci si è crogiolati su città digitali ed ultra-connesse, su questioni di “open data” e “best case”, su modelli di “welfare generativo” e “private equity”, ma forse si è un po’ persa di vista la “reality”. Ci si proclama città a vocazione turistica e, per contro, si nasconde alla vista un ufficio informazioni, non ci si dota di servizi igienici, né di una segnaletica efficace, né di una “card turistica”.
Si invoca e proclama la mobilità sostenibile, ma abbiamo il record nazionale delle auto per abitante ed un trasporto locale tangibilmente inefficace e sottoutilizzato.
Si sono costruiti Centri civici nuovi fiammanti, ma nei pressi c’erano dei CVA da riqualificare o enormi volumetrie private che potevano essere recuperate con minore impegno di risorse Si è idealizzata una Perugia 5.0, ma c’è gente che ancora cerca di capire quali erano le prime 4. Si favoleggia su grandi supporti promozionali un “futuro che sta arrivando”, ma c’è un presente che bussa alla porta con insistenza e rispetto al quale il bilancio è fortemente in rosso.