di Ruggero Ranieri
Sappiamo tutti che la storia di Perugia è complessa e difficile da raccontare; sappiamo anche che ci mancano molte notizie e studi approfonditi su alcuni secoli importanti. L’argomento, però, è di grande interesse e si presta anche alle sintesi divulgative più ardite.
C’è anche da dire che l’interesse per la storia locale è cresciuto notevolmente; quaranta-cinquanta anni fa l’interesse per la storia di Perugia era ristretto a pochi intellettuali e uomini di cultura. I giovani e la gran massa dei perugini vivevano la loro città come una camicia un po’ stretta; guardavano oltre quella che sembrava una provincia opprimente, sognando le capitali e i modelli del nostro effimero miracolo economico. Tuttavia, c’era a Perugia anche un ambiente cosmopolita, di studiosi, critici musicali, artisti, insegnanti che, del tutto immuni dai complessi degli indigeni, coltivavano la storia e l’amore per la città. Oggi, sembra che le cose si siano riequilibrate. Sappiamo di vivere in provincia, ma l’attrazione dei grandi centri è molto diminuita. C’è stata la globalizzazione, il mondo piatto, la facilità degli scambi e delle conoscenze; non c’è più tanto bisogno di spostarsi fisicamente, si può godersi la vita in questa nostra bella città senza perdere troppe opportunità. E conoscerla meglio. E riscoprirne la storia, nutrendosi anche di un pizzico di orgoglio civico e culturale. Di fronte a tante notizie negative (declino, crisi economica ecc.), questo può essere un barlume di speranza.
Siamo di fronte qui ad alcuni volumi di taglio e d’impostazione diversa fra loro, ma tutti con l’ambizione di darci il senso della storia di Perugia o almeno di illuminarci su alcuni aspetti, figure, angoli nascosti. Nessuno di questi libri può propriamente definirsi un libro storico, nel senso di libro costruito a partire da una ricerca bibliografica e archivistica; ci troviamo piuttosto di fronte a tentativi di divulgazione, più o meno riusciti.
Assomiglia più da vicino a un libro di testo, quasi un manuale, il volume di Mario Valentini che ripercorre con buona lena la storia di Perugia dagli Etruschi fino all’inizio del Ventesimo secolo. Mario Valentini è stato sindaco della città dal 1990 al 1995, l’ultimo dei sindaci socialisti, “massoni”, prestati al predominio delle forze di matrice comunista nelle amministrazioni. Oltre ad illustrare e chiarire, quindi, Valentini vuole anche avanzare una tesi o perlomeno dare fiato alle sue simpatie ideali: infatti, il libro, nella sua seconda parte, è un peana al ruolo della massoneria e dei massoni nelle vicende del Risorgimento lungo tutto il diciannovesimo secolo. Nessuno negherebbe l’importanza che ebbe la massoneria in questa fase della storia non solo perugina, ma anche italiana. Vengono sottolineati personaggi, episodi, realizzazioni che ebbero appunto questo imprinting massonico e patriottico. Fin qui, dunque, tutto bene; dove però si possono sollevare delle obiezioni è nel fatto che Valentini deliberatamente oscuri tutto quanto riguarda la dominazione pontificia. Dalla storia di Perugia vengono così cancellati quasi tre secoli, dal 1541 al 1789 e oltre. Condannare è giustificabile, il dominio della Chiesa non fu certo un’epoca d’oro, ma cancellare del tutto è una forzatura, tanto più che ogni fase storica si costruisce a partire da quelle precedenti e solo così può essere pienamente compresa. A ben vedere questa deformazione si prolunga, in quanto anche dell’epoca più recente Valentini sembra dimenticare che persiste a Perugia, e in Umbria, una forte presenza cattolica. Vogliamo cancellare anche questa?
Il libro di Valentini in alcune parti è scritto in modo chiaro e costruito sulla base di buone letture. Pur come ho detto nella sua natura di libro a tesi, rimane il più vicino tra questi volumi a un’opera di divulgazione storica.
Divulgativo in un certo senso è anche il libro di Alessandra Oddi Baglioni che ripercorre a grandi tratti la vicenda della grande famiglia dei Baglioni. Si potrebbe dire che è una storia familiare in quanto l’autrice – che ha già al suo attivo varie ricerche – trova le proprie radici familiari in uno dei rami baglioneschi. C’è, quindi, una certa compartecipazione emotiva, oltre che intellettuale, nel suo racconto.
Bisogna innanzi tutto dire che forse il titolo non è del tutto corretto, in quanto i Baglioni non furono mai i Signori di Perugia, anche se vi si avvicinarono. Compresa nel dominio temporale, Perugia, in un certo senso, non poteva diventare una vera signoria perché sottoposta all’autorità superiore del papa e questo anche se, seguendo il consiglio di Machiavelli, Gian Paolo Baglioni avesse attaccato ed ucciso il pontefice Giulio II. Non sarebbe cambiato molto: il papato è un’istituzione millenaria che non si può estirpare con un colpo di spada. Perugia sarebbe rimasta nell’orbita della Chiesa di Roma, anche se sarebbe stato versato molto più sangue di quanto già non ne fu versato. Ai Baglioni rimase il compito, o l’ambizione ingrata, di provare a governare Perugia trovando in qualche modo un’intesa con il pontefice di turno, senza scontentare gli altri stati italiani, in primo luogo i Medici di Firenze. Era un equilibrismo difficile che, infatti, alla fine era destinato a fallire. C’è un’altra spiegazione e cioè che i Baglioni trovarono sempre una forte opposizione in altre dinastie perugine con le quali incrociarono più volte le spade in una sequenza di eccidi, battaglie, tradimenti. Ma torniamo al libro di Alessandra Baglioni: ci offre una sorta di album di famiglia cercando di dare a ciascuno dei personaggi un suo profilo e una sua identità. Fra questi personaggi ci furono anche delle donne che la storiografia ha quasi del tutto dimenticato, fra queste Atalanta, grande mecenate delle arti, oltre che donna di grande carattere. La lettura risulta gradevole e in qualche modo istruttiva, anche se non ha ambizioni di accuratezza documentaria e storica.
I libri di Marco Nicoletti hanno una caratteristica leggermente diversa. Intanto va detto che Nicoletti insieme a Lattanzi ha creato una collana editoriale specificamente dedicata alla storia di Perugia: si tratta di volumi agili, ben illustrati e curati, diretti a un pubblico di amatori. Lo stile di Nicoletti è molto personale, immaginifico, con ambizioni letterarie, continuamente alla ricerca di angoli poco conosciuti, di sensazioni inedite, di geroglifici mentali con una predilezione per gli aspetti più misteriosi, spesso anche esoterici.
Il libro La Perugia dei papi si presenta come libro di storia, ma in realtà è una guida molto personale attraverso angoli e vicende perugine. L’intento iniziale, scrive Nicoletti, è di valorizzare in qualche modo l’influenza papale non solo per i suoi aspetti negativi, ma anche per quanto ha contribuito “all’arricchimento spirituale, l’evoluzione artistica e lo sviluppo architettonico di Perugia”. Questo sicuramente è un obiettivo meritevole: la narrazione perugina è sempre stata restia a esaminare equanimemente il ruolo della religione cattolica e della Chiesa nella vita della città.
Nicoletti, però, di cui va lodata la scrittura elegante e coinvolgente, non scrive quanto dichiarato nel titolo; non offre una ricostruzione compiuta della presenza dei papi a Perugia. Schizza rapidamente alcuni profili biografici di pontefici, poi ci conduce in giro per la città a scoprire luoghi e suggestioni in qualche modo legati alla chiesa ma soprattutto legati alla sua curiosità. Il titolo più appropriato per questo libro sarebbe forse stato “Guida intelligente alla Perugia dei papi e della chiesa”.
Più riuscito il secondo libro di Nicoletti, Il mistero di Perugia, dove l’autore lascia spazio alla sua vena creativa, spesso attingendo ai ricordi e alle corrispondenze di suo nonno Giacchino Nicoletti, che fu professore di Dottrine politiche a Perugia a partire dal 1948. Si tratta di un viaggio alla riscoperta di luoghi, di personaggi, che lo hanno colpito e interessato. Uno spazio rilevante viene dedicato alla Scarzuola, la creazione fantasmagorica dell’architetto Buzzi presso Orvieto. Ci sono poi capitoli dedicati a San Manno, al Giardino del Colle del Cardinale, e qualche bella pagina sulla Fonte maggiore. Fra i personaggi invece spuntano fuori figure del Novecento, oggi poco ricordate o addirittura dimenticate, come quella di Robert Fitzgerald, un poeta e traduttore americano che passò molti anni in una villa presso San Martinello. Si parla poi di Prezzolini e del suo rapporto con Perugia, di Curzio Malaparte, dello scultore Aroldo Bellini, grande autore di statuaria del regime fascista, di Ezra Pound e di molti altri. Nicoletti ne ripercorre le vicende attingendo alle corrispondenze del nonno e affondando i suoi ricordi nell’infanzia.
L’ultimo di questi volumi è quello di Francesco Castellini, giornalista perugino di lunga data: si tratta di una rapida carrellata dagli Etruschi a Capitini. Non ha, e non dovrebbe avere, ambizioni di essere esauriente, né di essere rigoroso. E’ una visione personale illustrata da molte immagini. Non la affiderei a una classe di studenti, neppure come testo introduttivo, perché manca di precisione e organizzazione. Forse però è il libro giusto per un amico curioso che vuole avvicinarsi agevolmente alla storia della città. Si conclude con un’intervista a Sandro Allegrini, che racconta i suoi sforzi per valorizzare il dialetto perugino, riconoscerne le radici antiche e impedirgli così di ristagnare in una sorta di sub cultura popolaresca.