di Fabio Maria Ciuffini
Nell’articolo precedente sul BRT in costruzione a Perugia ho affermato che quando il BRT balzò all’onore delle cronache come un avveniristico sistema di trasporto avrei battuto altre strade guardando a qualcosa più adatto a questa città ed alla sua tradizione di mobilità alternativa. Soprattutto al futuro del trasporto urbano, piuttosto che al suo passato. Un futuro che grazie all’intelligenza artificiale e ai progressi della robotica presuppone che la guida autonoma dei veicoli stradali e dunque anche dei mezzi pubblici sia sempre possibile: di giorno, di notte, se piove o nevica, in strade anche piene di buche e carenti di segnaletica come quelle che affrontiamo ogni giorno qui a Perugia e, soprattutto in promiscuo con altri veicoli, robotici o meno che siano: performance queste certamente non da poco. Ma supponiamo dunque per un istante che ciò divenga possibile e continuiamo a sognare. O meglio, a progettare secondo una varietà di formule che si innestano su quelle oggi conosciute come i taxi, i buxi, le linee autobus e minibus anche a domanda, migliorandone le prestazioni ed abbattendone i costi. Esattamente ciò che l’automazione di guida prospetta per tutti i mezzi pubblici di linea aprendo la possibilità di utilizzare flotte di minibus con passaggi frequenti senza aggravi di spesa.
Ma l’accoppiata intelligenza artificiale e guida robotica apre prospettive di spostamento del tutto nuove, in particolare nel trasporto a domanda. Immaginate di poter chiamare da casa comunicando al sistema dove volete andare un veicolo capace di arrivare vuoto direttamente sotto casa tua. Non gli avrete dovuto comunicare l’indirizzo di casa o di qualsiasi altro posto in cui vi capiti di trovarvi perché le coordinate di partenza sono fornite dallo stesso apparato di cui vi sarete serviti per chiamare. Il sistema vi darà un orario di arrivo e il prezzo della corsa. Date l’ok e – appena arrivato il veicolo a guida robotica – partite per la vostra destinazione. Esattamente come fareste se foste scesi in garage e vi foste messi alla guida della vostra auto.
Lungo il viaggio quel veicolo che si guida da sé potrà rispondere alle chiamate di altri che chiedano di partire ed arrivare in luoghi che sono disposti lungo il percorso già prestabilito. I tempi di viaggio si allungano in ragione di queste fermate, ma non di molto. Sostanzialmente si realizza così un servizio a carattere semi-collettivo, i cui costi vengono sempre ripartiti tra più utenze. Volendo, se avrete fretta e vorrete viaggiare soli, c’è l’opzione di farlo. In questo caso il servizio diviene identico a quello di un taxi e si pagherà in conseguenza. Ovviamente senza dover tirar fuori contanti o carte di credito perché il sistema addebiterà direttamente la corsa sul vostro conto corrente. Bene, se esistesse un servizio così, a costi non superiori o meglio addirittura inferiori a quelli che sopportate normalmente per muovervi lungo l’arco dell’anno, non rinuncereste tutti o quasi alla vostra auto per i vostri spostamenti urbani, o no? E la città quali vantaggi ne ricaverebbe? Non varrebbe dunque la pena di cavarcela questa curiosità?
La simulazione dell’ITF
L’ITF (International Transport Forum, una branca dell’OCSE) una prima risposta l’ha già data circa sei anni fa, affidandosi ad un modello informatico che ha riprodotto esattamente le condizioni di traffico di Lisbona. I risultati ottenuti sono oggettivamente strabilianti. Il modello prevede che si potrebbero trasportare le stesse persone che si muovono oggi in auto in quella città, e per tutti i loro spostamenti quotidiani, con una flotta di veicoli pari al 10% o meno delle auto individuali impegnate ogni giorno per muoversi nella capitale lusitana. La cosa, se ci pensate, è del tutto ragionevole. Consideriamo tutte la auto che partono la mattina presto per andare verso le loro destinazioni: partono, arrivano e si fermano in sosta.
Bene immaginate che quelle auto, piuttosto che star lì ferme ad aspettarvi, si mettano in moto da sole per andare a prendere quelli che si alzano un po’ più tardi e così via lungo tutto l’arco della giornata. Quelle auto così intelligenti da muoversi da sole, usate come taxi semicollettivi, movimenterebbero così lo stesso numero di persone. Dal nostro punto di vista avremmo compiuto esattamente gli stessi spostamenti senza lo stress della guida e magari alla fine dell’anno potremmo constatare di aver speso molto di meno.
Da quello della città avremmo il vantaggio di vedere le nostre strade libere da file di auto in sosta visto che i veicoli robotici non si fermerebbero mai. C’è poi un altro corollario: se quei veicoli robotici fossero utilizzati come antenne di trasporti pubblici di massa, si otterrebbero ulteriori risparmi di costo e ovviamente di emissioni di ogni tipo, CO2 inclusa.
E, per finire, a Lisbona e poi nelle altre città su cui poi l’ITF ha simulato lo stesso sistema, si è verificato come quei veicoli robotici dovrebbero avere sempre pochi posti. Da sei a venti, a seconda delle dimensioni delle città. Dunque auto tipo limousine o minibus: i miei amati e preferiti dall’utenza minibus agili e frequenti nel traffico urbano che pensai di adottare fin dagli anni ’70 con i Buxi e il Telebus, sempre in cerca del trasporto “su misura” della mia città.
Guida robotica? Ancora non mi fido…
Ma, direte: tutto questo funziona a parte che ci si possa fidare della guida robotica ed io non mi fido. Un’auto o un minibus che si muove con il volante che gira da solo o addirittura senza volante? No! In ogni caso se ne parla per le future generazioni. Ma il traguardo del livello più alto di robotizzazione che qualcuno, solo pochi anni fa, collocava al 2070 si sta ogni giorno avvicinando di più. E sappiamo che già in molte vetture sono presenti sistemi di ausilio robotico alla guida: sono capaci di far mantenere la giusta traiettoria in curva, frenano davanti ad un ostacolo che si manifesti all’improvviso, parcheggiano da sole.
E ci sono già modelli che se ne vanno da soli a parcheggiare in un posto macchina lontano da casa. Insomma: abito a Perugia, toh, in Corso Cavour, arrivo a casa, scendo e la macchina prosegue e va da sola in un parcheggio a Borgo XX Giugno (lì c’è posto per farne almeno due, che aspettiamo a costruirli?). Ma, a parte che molti restano indifferenti rispetto a questi ausili alla guida (io so guidare da me, non mi servono aiuti …) è piuttosto diffusa la diffidenza verso ogni forma di guida robotica, ancor più nei mezzi collettivi stradali.
Per questo è così importante ciò che sta succedendo a S. Francisco e in California dove ormai funzionano flotte di taxi senza autista. Quei robotaxi californiani lavorano anche per tutti noi.
Mi spiego meglio: l’intelligenza che guida il robotaxi è molto più brava di noi umani in tutte le manovre abituali e ripetitive: ha una vista più acuta, riflessi più pronti non si distrae e non ha colpi di sonno. Ed è inappuntabile nell’applicare il codice della strada consultando un suo speciale prontuario in cui è presente una quasi infinita serie di possibili situazioni di traffico. Quel prontuario per una città in cui circolino solo auto robotiche ed i cui manti stradali, la segnaletica e gli impianti semaforici siano assolutamente perfetti è già pronto e da un bel pezzo; tutte le variabili sono prevedibili matematicamente ed è infatti possibile individuare esattamente ogni possibile situazione di traffico. E’ invece ancora insufficiente, forse largamente, nel caso in cui le auto robotiche si muovano in promiscuo con quelle a guida umana. Le variabili aumentano rapidamente proprio per la imprevedibilità connesse agli errori o alle bizzarrie dei guidatori e alle condizioni della rete stradale, con le sue buche, la geometria imperfetta e lo stato della segnaletica. A S. Francisco dove si registra una forte opposizione a questa novità – forse non del tutto disinteressata – agiscono bande di sabotatori che bloccano i robotaxi semplicemente piazzandogli davanti un cono arancione della segnaletica. A S. Francisco dove si registra una forte opposizione a questa novità – forse non del tutto disinteressata – agiscono bande di sabotatori che bloccano i robotaxi semplicemente piazzandogli davanti un cono arancione della segnaletica. Mi pare di sentirla l’intelligenza del mezzo robotico che ragiona tra sé e sé mentre consulta freneticamente il prontuario: cosa sarà quel coso? E se fosse un piccolo umano o un altro vivente a forma conica? Io nel dubbio, freno! Un guidatore normale invece difronte ad un cono segnaletico in mezzo alla strada lo riconosce e lo aggira. Allora si rinuncia alle auto robotiche? No, un umano che sta perfezionando le tecniche di I.A. spiega la cosa al roboguidatore e aggiorna il prontuario. E così via. Ecco perché più quei robotaxi circoleranno, più clienti serviranno, più si arricchirà la loro memoria comune da trasmettere anche alle auto robotiche in servizio privato. Quelle che sono già in commercio ma cui le Autorità esitano a ancora a dare il via libera in ogni situazione.
E se ci provassimo a Perugia o in qualche altra città umbra?
È pensabile dunque che anche noi, qui a Perugia, potremo un giorno avvalerci non solo di un veicolo robotico, ma di quella memoria magari arricchita dall’incontro con le nostre innumerevoli buche. Buca … buca con acqua! Come avvisava l’indimenticabile Tognazzi nel film “Il Federale” il suo passeggero nel carrozzino alla guida di un sidecar. Qui Tognazzi non ci sarà, al suo posto un diligente robot vedrà e memorizzerà a favore di tutte le altre auto robotiche ogni possibile situazione, inclusa la quasi totale mancanza di segnaletica sulle strade perugine, buche comprese. Certo, senza aspettare i progressi della guida robotica converrebbe gratificare subito le normali auto a guida umana tappando le buche e ridisegnando la segnaletica orizzontale. Ma possiamo accontentarci di questo? Questa è la città che ha inventato la mobilità alternativa e che per questo è stata sugli scudi per anni, o no? E non lo ha fatto riprogettando il passato ma esplorando sempre nuove possibilità.
Cercando di traguardare al di là delle soluzioni correnti per trovarne di nuove. E non penso solo alle scale mobili. Ma anche ai buxi ed ai servizi a di minibus a chiamata. Perché se la guida automatica applicata alle auto interessa ancora molto poco a chi guida tranquillamente le decine di migliaia di auto che circolano in città invito a riflettere attentamente ai vantaggi connessi con la stessa tecnica applicata ai mezzi pubblici. Che promette risultati anche a breve. Fra l’altro la rete stradale in cui circoleranno futuri minibus robotici ad alta frequenza (sarebbe come avere le vetture del minimetrò in giro per quelle strade) potrà avere sempre una segnaletica perfetta, ottimi impianti semaforici e meno auto in circolazione promiscua, visto che molti dovrebbero preferire un attrattivo mezzo condiviso piuttosto che la loro auto e che a quei minibus robotici potrebbero affidare i figli in andata e ritorno da scuola e così via. Per questo, non appena ho avuto nozione di queste possibilità offerte dalla guida automatica di mezzi collettivi, ho pensato di farne subito una sperimentazione a Perugia. Più o meno quando si stava impostando il BRT e ne ho informato il Comune con una lettera- relazione, rimasta senza risposta.
Sento già l’obiezione: come può pensare Perugia di sperimentare veicoli robotici ancora insicuri e comunque ad alto costo? Non solo non avrebbe senso, ma dove troviamo i soldi per farlo? Sostenevo allora e sostengo anche oggi che quella sperimentazione l’avremmo potuta fare con minibus del tutto normali, elettrici o no ed a guida umana. E non su tutta la città ma solo in una determinato settore.
L’unica parte innovativa sarebbe stata quella di costruire un’app per la parte informatica del sistema. Insomma, per capire se quella “preferenza” dell’utenza per sistemi del tipo simulato a Lisbona dall’ITF sarebbe stata verificata o no. Insomma la sperimentazione del nuovo sistema qui Perugia avrebbe verificato la risposta dei cittadini ad un nuovo tipo di offerta. E il costo della sperimentazione sarebbe stato quello della guida umana di quei mezzi o di una loro frazione.
L’entità di quella risposta, dopo un congruo periodo di sperimentazione necessario per la graduale conoscenza delle possibilità offerte dal sistema, sarebbe stata utile per la città ma non solo. Avrebbe potuto orientare in generale la produzione di mezzi di trasporto pubblico (in tutto il PNRR non c’è traccia di sperimentazioni su sistemi di mezzi collettivi a guida robotica, tantomeno nella versione ITF – dimostrando una notevole mancanza di fantasia) ma anche orientamenti di tipo legislativo e normativo. Infatti, se l’ITF lo regalasse a qualche città italiana quel sistema, con tanto di veicoli, centrale operativa etc, etc, per sperimentarlo sul campo piuttosto che dentro un computer, molto probabilmente incontrerebbe opposizioni e addirittura proteste.
Basti pensare a quello che succede oggi soltanto per adeguare il numero dei taxi alla effettiva domanda dei cittadini. Dunque una sperimentazione a Perugia di un qualsiasi sistema di trasporto a domanda sarebbe servita anche a questo. A ipotizzare un adeguamento normativo del Codice della Strada. Poi, una volta acquisita la disponibilità della cittadinanza a servirsene, ci sarebbero state le basi per un progetto che prendesse in esame di servirsi di veri mezzi robotici, quelli che sta già utilizzando Torino qui in Italia e in tante altre città europee. E magari favorirne qui in Umbria la costruzione di prototipi.
Però non è mai troppo tardi, e se non si è fatto, si potrebbe ancora fare!