di Fabio Maria Ciuffini
L’articolo del 19 febbraio scorso su questo magazine “La strana sorte dell’Umbria: al centro ma isolata. Che fare?” dedicato al libro “Centralità dell’Umbria – Crocevia naturale di ferrovie, strade, porti/areoporti della Penisola” di Alessio Trecchiodi e Luigi Fressoia ne era una recensione (un prezioso libretto …) ed insieme una “riflessione tra accordi e divergenze”. E si concludeva così: “Dovrei ora parlare del resto del libro, la galleria degli orrori ed illusioni e le Appendici. Si tratta di temi che hanno finalmente a che fare con il presente piuttosto che con un incerto futuro. Temi concreti ed immediati su cui il dialogo con i nostri Autori può essere fattivo ed interessante e contribuire a fare la politica dei trasporti delle legislatura Comunale a Perugia e regionale in Umbria, che sarà bene trattare in un prossimo articolo”. Di cui oggi scrivo volentieri il sequel, convinto come sono che della mobilità pubblica a Perugia e in Umbria non si parlerà mai troppo. Anche polemizzando sugli schemi di lavoro che stanno oggi sul tappeto ma sempre proponendo fattibili e concrete alternative.
La serie degli “errori” illustrata dai due autori comincia con il metro bus o BRT di Perugia ed è difficile dar loro torto. Iniziano ricordando che il “Comune (riferendosi all’amministrazione Romizi) ha giustificato la scelta del BRT solo perché elettrico”. Ma “l’appetibilità di un mezzo pubblico non cambia a seconda che sia elettrico o mosso da gasolio o benzina”. Sono altri i parametri che determinano la scelta: “comodità rapidità, frequenza, affidabilità, estensione”. E sarà ben difficile raggiungerli visto che la linea è di appena 12,5 Km ed oltre per metà il BRT si dovrà destreggiare in mezzo al traffico ordinario, con tempi non competitivi su di un discutibile “tracciato a zig – zag”. Il tutto per un bacino di utenza di soli 22.500 abitanti, più gli utenti dell’ospedale, da cui il Metrobus dovrebbe “estrarre” ben 16.500 passeggeri al giorno. Un “suicidio economico” si afferma nel libro. Ma il difetto capitale del BRT, aggiungono i due, è che si tratta di un ulteriore sistema di trasporto che si aggiunge agli altri sistemi esistenti: treno, bus e Minimetro. Tutto questo mentre “Perugia è servita da 5 rami ferroviari quasi abbandonati”! Gli autori ravvisano ancora una volta la impossibilità di evitare le rotture di carico passando da un sistema all’altro. Ed aggiungo qui che la compresenza di più sistemi è certamente deleteria sotto il profilo della gestione: più rimesse – Autobus, Metrobus, Minimetrò – con relative diverse officine, valanghe di pezzi di ricambio in più e diverse sedi amministrative. E magari tre diversi consigli di Amministrazione! Con tanti saluti all’integrazione gestionale.
Il sospetto (in realtà ne elencano ben più di uno) secondo gli autori, è che il Metrobus sia stata una forzatura fuori da ogni valutazione oggettiva. Ed infine, quella che è una critica più che fondata: perché – chiedono Trecchiodi e Fressoia – “è stato respinto ogni invito di semplice buon senso a sperimentare il BRT con normali bus a motore endotermico e corsie riservate come da progetto sia pure temporanee e testare il gradimento dei cittadini prima di spendere 111,18 milioni di euro”? E qui fermiamoci. Vorrei far notare all’attuale Amministrazione che errare umanum est, perseverare diabolicum! Se il ramo di BRT attualmente appaltato è un “errore” ormai irreversibile, per di più in avanzata fase di realizzazione, le critiche del libro sul sistema potrebbero essere ancora utili ed a valere sul prossimo futuro. Infatti, per chi non lo sapesse, il progetto del BRT (che per incidens era inserito in un PUMS approvato senza la dovuta attenzione al fatto che si introduceva a Perugia un nuovo sistema) non si limita alla sola linea da Castel del Piano a Fontivegge. Ce ne sono altre che sono parte integrante della iniziale proposta di sistema ed è in corso un possibile finanziamento di una ulteriore fase di progettazione. Confido però che la nuova Amministrazione – così attenta alla partecipazione – non potrà fare a meno di aprire un dibattito con cittadini e tecnici su come fare questo nuovo progetto. I due autori potranno come altri dire così la loro. E, in proposito rinvio anche ai miei due articoli sul BRT del febbraio e del luglio ’24 pubblicati su passaggimagazine.
Così pure dovrà essere aperto un dibattito sugli altri temi indicati nel libro fortunatamente ancora allo stato di proposta: il Minimetrò al Silvestrini e la Stazione di Collestrada (e per il centro Fiere). Di quest’ultima gli autori parlano di “vetta dell’insipienza e dell’errore (con sospetto di improntitudine) per una stazione contemporaneamente al servizio del centro commerciale e dell’aeroporto”. E osservano che in realtà il fine nascosto dell’operazione è quello di costruire una fermata per il centro commerciale di Collestrada (che sarebbe necessaria però) ma con i “soldi pubblici”. E qui i due usano parole forti: “a riprova che del malaffare l’alleato più fedele è sempre l’ignoranza”. Nel libro poi, oltre ad ironizzare (giustamente) sulle “macchinose manovre” necessarie per giungere l’aeroporto seguendo lo schema proposto è indicata una futuribile soluzione alternativa. Ed è ancora l’indicazione del sistema Tram –treno con cui sulla Foligno – Terontola si potrebbe stabilire un doppio uso “ferroviario e metropolitano”. Nel libro potrete leggere le relative argomentazioni. Aggiungo qui di mio che nessuna soluzione che proponga di usare la ferrovia per arrivare all’aeroporto avrà senso se i treni non arriveranno a distanza pedonale dal fabbricato viaggiatori.
Ho elencato fin qui gli “errori” ancora parzialmente rimediabili. Ci sono poi elencate nel libro spese superflue già fatte per binari inutilmente pesanti, treni acquistati ed inutilizzati e piastre logistiche abbandonate. Critiche condivisibili, che trattandosi di “errori” ormai irrimediabili restano però allo stato di pure recriminazioni. Converrà comunque prenderne nota quanto meno per non ripeterli.
Per quanto mi riguarda una chiosa: magari qualcosa che risulta superfluo o scarsamente utilizzato potrà essere venduto su qualcuna delle piattaforme che organizzano la vendita di materiale rotabile usato?
Ed infine “l’illusione”. Quella di poter utilizzare la FCU per un uso ferroviario classico.
Ne deriva la conseguenza, secondo il libro “obiettivamente sconvolgente”, di dover adeguare tutta una linea di 157 km con una spesa enorme superiore ai 167 milioni già stanziati dal PNRR. E dunque che finiti i fondi PNRR i lavori dovranno fermarsi in attesa di nuovi cospicui finanziamenti. “E la FCU verrà chiusa di nuovo”. Tutto questo potrebbe essere evitato se solo si impostasse l’uso della FCU come metropolitana con vetture leggere di tipo tranviario come da altri, oltre il sottoscritto, sostenuto. L’idea – “balzana” secondo gli autori – di un servizio ferroviario classico nascerebbe ben prima di Melesecche. Un “omaggio all’ex Marini todina”? E aggiungono che sulla vicenda “campeggia la furbizia consueta tra i nostri costruttori e loro soci politici e funzionari pubblici”. Concetto ribadito nelle conclusioni: “un filo rosso lega le vicende qui narrate” : il solito “affarismo istituzionale” intorno alle opere pubbliche (Minimetrò, Metrobus, Medioetruria, scuola di volo all’Aeroporto …) con sottostante “l’ignoranza tecnica e l’inciviltà politica largamente diffuse nel popolo italiano”. Critiche feroci che coinvolgono politici e tecnici. E forse nell’aprile 2024, data in calce all’introduzione del libro, le cose stavano così. Ma almeno in Umbria qualcosa, dopo quella data è cambiato. Abbiamo ora una nuova Giunta regionale, la partita è ancora del tutto aperta e le preoccupazioni di Trecchiodi e Fressoia, ma anche di altri, potrebbero trovare terreno più fertile che nel recente passato. Confidando che la nuova Amministrazione regionale voglia aprirsi alle idee esprimibili dalla comunità tecnica Umbra e, tanto per rimanere in tema, cambiare binario!
Ed ora veniamo alle appendici. Partiamo dall’ultima: il ripristino della Ferrovia Spoleto – Norcia:
di una Ferrovia che il libro ritiene ancor più spettacolare di quella famosa del Bernina, con ben tre gallerie elicoidali a superare il severo dislivello tra la valle umbra e l’altipiano di Norcia. E non solo per l’uso cicloturistico di ciò che resta del tracciato ma per l’uso ferroviario. Sarà mai possibile farlo? E qui ripropongo una mia vecchia considerazione: quando cominceremo a capire che il restauro di un capolavoro tecnico come la Spoleto – Norcia, per la sua unicità, vale quanto, se non più, di quello di un’antica Cattedrale? Altrove è stato fatto ed ha avuto anche un ritorno sotto il profilo economico.
C’è poi la parte riguardante il Nodo ed il Nodino. Il libro fornisce dati di traffico oggettivi ed analizza i problemi di Ponte S. Giovanni. Ed indica le soluzioni che potrete valutare leggendo il libro.
Magari invito i più volenterosi a rileggere gli articoli che ho scritto in proposito su questo magazine. Osservo qui – con i due autori – che se si prendesse il toro per le corna e ci si decidesse ad immaginare una riduzione dei soffocanti traffici sul nodo trasferendo traffico sulla rotaia, con la stessa cifra preventivata (e poi mai finanziata) per quelle opere stradali, investita invece sul potenziamento della Foligno – Terontola e del Nodo ferroviario di Perugia i risultati potrebbero esser persino migliori con vantaggi per l’ambiente e la riduzione complessiva di emissioni climalteranti etc. etc. Come? I due dicono ancora una volta tram-treno. E’ un’opinione contestabile ma come ho già fatto osservare nel mio primo articolo la questione è aperta. Ma sulla convenienza di un investimento su binari e treni alternativo a quello stradale personalmente non ho dubbi. E credo che varrebbe almeno la pena di fare un progetto per valutarla e parlarne qui ancora.