Una grande storia: dal fascismo a Capitini a Maria Montessori. Mission futura: centro internazionale di nuova diplomazia
di Giampiero Rasimelli
Il centenario dell’Università per Stranieri di Perugia è un avvenimento importante, richiama una storia particolare e significativa che attraversa un secolo intenso, drammatico, ricco di accadimenti tragici ed energie positive che hanno cambiato la vita del mondo e del nostro paese. Richiama una riflessione profonda sulla cultura italiana, sulle sue trasformazioni, sulle sue aporie e sulla forza della sua grande storia millenaria.
Il ricco volume celebrativo del Centenario “L’Università per Stranieri di Perugia: storia di un Ateneo aperto al mondo”, edito da Treccani, è stato presentato il 12 dicembre in un convegno presso Palazzo Gallenga come primo atto di un percorso di eventi che si svolgerà lungo tutto il 2025 e che avrà come culmine la visita del Presidente della Repubblica Mattarella. Il volume, molto denso e ricco di contributi, segue fondamentalmente tre linee di analisi storica. La ricostruzione della fase di fondazione dell’Ateneo e del suo rapporto col Fascismo. La riorganizzazione dell’Università per Stranieri nel dopoguerra, la rottura radicale con la cultura fascista e la proposizione di una “italianità aperta” come matrice e paradigma della nuova vita dell’Ateneo e della cultura italiana nel dopoguerra. E tutto questo accompagnato dalla riorganizzazione strutturale dell’Università per Stranieri a partire dagli anni 60: dalla parificazione universitaria fino al ruolo/progetto di Ambasciatrice dell’Italia nel mondo.
Nella sua introduzione il Rettore Valerio De Cesaris, animatore del volume e del Centenario, dà una traccia che dichiara l’intento lungo il quale si è dipanata poi la ricerca. Riflettere fino in fondo sul rapporto tra l’Università per Stranieri, la sua fondazione e il Fascismo, significa comprendere il senso del cammino dell’Ateneo, dello sviluppo della sua autonomia e della autonomia e forza della cultura italiana. E significa di conseguenza comprendere le evoluzioni organizzative dell’Ateneo sia sul piano didattico/scientifico, sia sul piano giuridico amministrativo.
Detto in estrema sintesi, il tentativo di asservire la vita dell’Ateneo e la sua stessa fondazione, alle mire imperiali del fascismo, all’utilizzo della classicità come legittimazione della grandeur mussoliniana alla fine è fallito. Mentre Mussolini nel 26 proprio a Perugia evocava “il cammino dell’Italia verso l’oceano”, gli studi classici, l’arte, l’etruscologia, l’archeologia affascinavano studenti di tutto il mondo come ricorda il messaggio lasciato sul registro dell’Università da un giovane danese citato da Aldo Capitini, in qualità di Commissario dell’Ateneo, nella prolusione all’apertura dei corsi nel 44. “Nonostante che io mi sia trovato a Perugia in un periodo assai triste per l’Italia, porto meco un vivo ricordo dell’Augusta Città …. della sua laboriosa Università, dove in pochi mesi mi si è schiuso un mondo – per me nuovo – di eterni valori spirituali e culturali …. Mi auguro che l’Università possa sopravvivere a questo difficile momento per poter poi riprendere a guerra finita la sua attività pacifica, raccogliendo tra i suoi muri allievi di ogni nazione in uno spirito di cameratismo internazionale”. Insomma la forza e l’autonomia della grande cultura italiana alla fine hanno sopravanzato gli interessi e i desideri del fascismo e offerto al mondo attraverso l’attività della Università per Stranieri tutto il fascino e il sapere della nostra civiltà classica e moderna.
Ecco lo spirito di “Italianità aperta” col quale Aldo Capitini, nominato nel luglio 44 Commissario dell’Università per Stranieri di Perugia, operò una rottura radicale col fascismo e con una cultura intrisa di asfittico nazionalismo, anche a prezzo di duri scontri con una parte del mondo accademico perugino. Capitini investì moltissimo sulla qualità dei corsi dell’Università per Stranieri, nonostante le difficoltà logistiche e di sicurezza del fine guerra. Chiamò nei corsi di alta cultura alcuni dei più importanti protagonisti della cultura italiana post-fascista, l’elenco è impressionante: Garosci, Ragghianti, Cianca, Zevi, Calogero, Ungaretti, Crosara, Francescaglia, Devoto, Bertini Calosso, Arangio-Ruiz e poi il suo mentore della Normale di Pisa, Attilio Momigliano, espulso dall’università dal Fascismo, esule clandestino ai confini dell’Umbria che con quei corsi tornava per la prima volta in un’aula universitaria. L’italianità aperta diventa il paradigma culturale che da’ forma alla nuova vita dell’Ateneo, che lo proietta nel vivo della vita e della cultura europea del dopoguerra e che ne informa le scelte didattiche e organizzative. Diventa la missione distintiva dell’Ateneo che, respinti i tentativi di riassorbirlo nell’ambito dell’Università generalista italiana, avvierà nei decenni successivi, a partire da quella scelta, la progressione (non senza fatica) della sua definizione giuridica di Ente Universitario autonomo in raccordo col Ministero degli Esteri e di strumento di promozione della cultura italiana all’estero, fino alla definizione del progetto di Ambasciatrice dell’Italia nel mondo e di ”ecosistema universitario internazionalizzato ed internazionalizzante”, secondo la definizione che ne dette la Rettrice Stefania Giannini nel 1981.
Ancora due cenni. Il primo riguarda il passaggio di Maria Montessori nell’Ateneo perugino. Questa grande personalità antifascista e pacifista, innovatrice della pedagogia moderna, infaticabile promotrice dei diritti del bambino in ogni parte del mondo. Sotto l’impulso del successore di Capitini alla guida dell’Università per Stranieri, il Ministro Carlo Sforza, Maria Montessori tenne una serie di corsi nell’Ateneo Perugino e nel 1950 presso l’Università per Stranieri di Perugia venne fondato il Centro di Studi Pedagogici presieduto dalla stessa Maria Montessori. E’ importante sottolineare come questi eventi segnino nella vita dell’Ateneo un’evoluzione non solo legata alla classicità, ma anche ad una forte contemporaneità culturale. Accogliendo il progetto montessoriano l’Università per Stranieri si collocava su uno dei terreni più avanzati in quegli anni del dibattito culturale europeo e mondiale nel campo delle scienze umane. Era ancora un passo nel cammino dell’Italianità aperta immaginato e disegnato da Aldo Capitini.
Il secondo cenno riguarda l’idea di Diplomazia Pubblica e Culturale che ha spinto il nostro Ministero degli Esteri a dedicargli, di recente, una specifica Direzione Generale il cui Direttore De Pedys era tra i relatori del convegno. Un’ idea che vede in modo più articolato e complesso del passato l’azione diplomatica del nostro paese cui concorrono diversi aspetti, quello politico, istituzionale, diplomatico in senso stretto e quello culturale, economico, artistico, di cooperazione internazionale, di dialogo tra le Religioni, tra gli enti locali e le società civili. Un’idea secondo la quale concorrono all’azione diplomatica diversi attori istituzionali e non, che possono e debbono agire in raccordo col Ministero degli Esteri ma in piena autonomia, dando una rappresentazione reale e complessa di ciò che è il nostro paese e cogliendo in profondità le opportunità che offre il mondo globalizzato che viviamo. Di questa idea e proprio grazie a quelle intuizioni del 44/46, l’Università per Stranieri può essere strumento importantissimo, certamente di promozione della lingua e del soft power italiano, ma anche di quell’ “internazionalizzazione a casa della Stranieri” che può dare enorme impulso agli scambi culturali, di studenti, docenti, intellettuali, professionisti, religiosi, imprenditori, organizzazioni civili di tutto il mondo, creando reti di relazioni durature e azioni di ricerca comune e di condivisione culturale tra importanti istituzioni culturali e centri di ricerca su scala internazionale. Un’ apertura al mondo oggi essenziale per vivere la contemporaneità, la modernità e per progettare il futuro di tutti.
L’italia che viviamo a livello internazionale sembra contare poco oggi, al di là di momentanee illusioni. L’Italia certamente resta uno dei paesi più sviluppati, uno dei più importanti poli manifatturieri del mondo, uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea, ma la duplice ragione per cui siamo ancora importanti per tutti (cito a modo mio Lucio Caracciolo e la rivista Limes) è legata ad altro, che è la vera base della nostra forza potenziale. Da un lato alla nostra collocazione geostrategica, al centro del Mediterraneo, all’essere porta d’Europa per tutti i traffici che da lì passano e oggi all’essere confine sensibile, sud, sud est dell’Unione Europea e un ponte critico ma insostituibile verso l’Africa. Dall’altro lato all’importanza, forza e ricchezza del nostro patrimonio storico, artistico, culturale che non è valutato solo sotto l’ aspetto turistico, ma soprattutto come sistema di valori spirituali e di civiltà oggetto di studio e di ricerca, fondamentale ancora nel nostro tempo e che ha uno straordinario fondamento nella nostra lingua, che come ha ricordato il Ministro Plenipotenziario De Pedys, è una lingua viva nel mondo di cui c’è forte domanda proprio per la forza della nostra cultura e creatività. L’Università per Stranieri può e deve essere un catalizzatore di queste virtù italiane, appunto come ecosistema universitario internazionalizzato ed internazionalizzante, capace di produrre e promuovere occasioni di incontro, di scambio e di ricerca su tutte le tematiche importanti del nostro tempo, facendo vivere quell’italianità aperta che è il segno vitale dell’Ateneo, costruito con sapienza, pervicacia e sacrificio e nel contempo la ragione essenziale della sua missione.
Mi pare che con la celebrazione del Centenario l’Università per Stranieri abbia voluto interpretare e implementare con forza il senso di questa missione. La Sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi ha detto, intervenendo al convegno presso l’Aula magna di Palazzo Gallenga, coordinato da Giovanni Parapini, direttore sede Rai regionale, che l’Università per stranieri ha plasmato la vita culturale, sociale ed economica della città diventandone un punto di identità imprescindibile e ha aggiunto che il Comune vorrà continuare a investire su questo fondamentale fattore identitario. Marina Sereni, già Viceministra degli Esteri, ha avanzato concretamente all’Ateneo, al Ministero e agli Enti locali umbri una suggestione e una proposta. In virtù della sua storia e delle sue progressive scelte l’Ateneo Perugino potrebbe diventare un cuore permanente e pulsante di quella diplomazia pubblica e culturale prima richiamata, dando vita col Ministero degli Esteri ad un evento permanente (annuale o biennale) legato allo scambio di buone pratiche ed esperienze in tal senso, al dialogo internazionale a livello sociale, culturale, politico, economico, diplomatico, religioso, artistico, al confronto tra ricercatori ed accademici di tutto il mondo. Un evento o un sistema di eventi che materializzi sempre più quell’ “Ecosistema universitario internazionalizzato ed internazionalizzante”. La diplomazia Pubblica e culturale che l’Italia sta costruendo, progettando e concretamente facendo deve avere visibilità comunicativa e le sue articolazioni debbono potersi presentare, confrontarsi, riconoscersi e definire meglio contenuti, pratiche e strategie di quel soft power che in virtù della nostra storia ci rende una superpotenza culturale, così percepita nel mondo. Questo a patto che l’Ateneo perugino sia capace di rimanere fedele ai suoi principi, contribuendo alle dinamiche positive della cultura italiana in un momento in cui il rischio di chiudersi nei nazionalismi e nel ripiegamento dei valori di fronte ad un rinvigorito attacco alla democrazia, necessita di protagonisti solidi e consapevoli, ricchi di conoscenza e di volontà di dialogo. La sicura guida del Rettore De Cesaris ci pare che possa garantire uno sforzo forte ed unitario in questa direzione e il Centenario, con tutti i suoi importanti eventi, sarà certamente l’occasione, dopo qualche fatica, di rimettere la discussione sulla missione dell’Università per Stranieri di Perugia al centro del dibattito in Umbria e in Italia.