di Ilaria Borletti
“Che cosa lega lo sguardo spaventato della donna afgana costretta a vedere il mondo attraverso il burka o quello della donna iraniana punita con la prigione solo per voler uscire di casa a capo scoperto o quello della palestinese vittima sacrificale di una guerra terribile che non avrebbe mai voluto se solo avesse saputo l’orrore che si stava preparando il 7 ottobre e avesse potuto fare sentire la sua voce o di quella israeliana che proprio in quella data ha subito la più atroce delle violenze fatta da mutilazioni e torture?
Che cosa unisce lo sguardo della donna ucraina che da due anni assiste alla distruzione del suo paese e piange i suoi morti ma resiste o di quella russa costretta a vedere i propri figli mandati a morire per una guerra assurda, quello della donna indiana ancora ritenuta impura perché vedova o vittima di stupro o di quella africana costretta a subire la mutilazione genitale ancora adolescente. O di quella vittima dell’ estremismo islamico a cui è dato solo il ruolo di mezzo per la riproduzione ma nessun diritto di scelta sulla sua vita?
O quello di molte donne occidentali che subiscono violenza psicologica e fisica domestica e spesso sono talmente ferite da non avere più la forza di denunciare il proprio aguzzino? Cosa unisce questi sguardi? Il terrore, la disperazione, l’essere vittime, la speranza sbriciolata e un futuro che sembra accorciarsi ogni giorno. A loro a tutte loro deve andare un pensiero l’8 marzo perché sono loro le vere eroine, sono loro il cui sacrificio un giorno dovrà essere riconosciuto. Sono loro a cui deve andare il pensiero di chi ha avuto la fortuna di nascere in un mondo diverso ricordando sempre che essere donne libere non è mai scontato e quella libertà va difesa.. sempre”!
La guerra ispirò gli artisti, rari i pacifisti. Ora è un videogioco