di Marco Pizzi
Cos’è il dottorato e com’è evoluto
Il dottorato di ricerca è il più alto livello di formazione universitaria. Per spiegarlo in modo semplice, si può dire che è un percorso pensato per chi vuole diventare altamente esperto in un ambito molto specifico, imparando non solo a conoscere a fondo un argomento, ma anche a produrre conoscenze del tutto nuove. Non è quindi una semplice continuazione degli studi, ma un vero e proprio apprendistato della ricerca, che dura almeno tre anni e culmina nella scrittura di una tesi originale e inedita – un vero e proprio testo scientifico del tutto nuovo. Chi consegue questo titolo ottiene il titolo accademico di “dottore di ricerca”, che certifica competenze avanzate utili sia nell’università sia nel mondo del lavoro, pubblico o privato.
In Italia, il dottorato è stato istituito nel 1980. Per molti anni, la sua funzione principale è stata quella di accertare l’attitudine alla ricerca scientifica di una persona, senza prevedere un percorso formativo strutturato. Si trattava, in sostanza, di un periodo dedicato quasi esclusivamente allo sviluppo di un progetto di ricerca, affiancato da un docente, con l’obiettivo di produrre un elaborato di alto valore scientifico. Fino al 1998, era addirittura possibile ottenere il titolo senza frequentare alcun corso di formazione, ma solo presentando la tesi e sostenendo l’esame finale.
La svolta è arrivata con la riforma del 1998, e poi con la legge 210 e il regolamento del 1999, note come “riforma Berlinguer”. Da questo momento, il dottorato è stato riconosciuto ufficialmente come formazione di terzo livello, lo stesso su cui sono state posti i master e le scuole di specializzazione, ma con una specifica vocazione alla ricerca. Il dottorato è diventato così non solo un’esperienza di studio individuale, ma anche un percorso formativo articolato, con programmi didattici, attività interdisciplinari, collaborazioni con enti esterni. Non solo: da questo momento in poi il dottorato viene valorizzato come attività fondamentale per la comunità tutta, dal momento che per tutte e tutti produce nuovo conoscenze e innovazioni spendibili anche per migliorare la vita socioeconomica del Paese e, possibilmente, anche di comunità più ampie.
Problematiche generali-nazionali
Nonostante l’elevato livello di specializzazione richiesto ai dottorandi e alle dottorande, la posizione del dottorando in Italia è ancora oggi priva di un riconoscimento pienamente professionale. Con un’età di 25 anni (o molti di più), i dottorandi vengono inquadrati come studenti e ricevono una borsa di studio mensile – non uno stipendio – di circa 1.200 euro netti, senza tredicesima, quattordicesima o altri benefici tipici di un contratto da lavoratore dipendente. A ciò si aggiunge l’assenza di tutele fondamentali come ferie retribuite, congedi per malattia o maternità, che restano spesso a discrezione degli atenei o dei singoli dipartimenti.
Nonostante queste mancanze, lo status di dottorando è molto migliorato rispetto all’inizio e ciò è stato ottenuto grazie alle battaglie portate avanti nel corso degli anni da ADI – Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia che, dal 1998, è l’organizzazione di rappresentanza sociale dei dottorandi, dottori di ricerca e ricercatori in Italia. L’ADI s’impegna a tutelare ed estendere i diritti dei dottorandi e dei ricercatori e a promuovere il titolo di dottore di ricerca, ed è composta da numerose sedi locali in corrispondenza delle più importanti università.
Dopo un periodo di inattività seguito alla pandemia da COVID-19, nel marzo 2024 è stata ufficialmente riattivata la sede perugina dell’ADI. Grazie all’impegno e alla determinazione di un gruppo di dottorande e dottorandi dell’Università degli Studi di Perugia che collaboravano fra di loro in maniera informale già da un anno, la sede è tornata operativa, rilanciando le attività di rappresentanza, supporto e sensibilizzazione sui temi legati alla condizione del dottorato. Ad oggi, ADI Perugia è il punto di riferimento di una comunità fragile ma determinata: quella delle dottorande e dottorandi, delle dottoresse e dottori di ricerca e delle assegniste e assegnisti di ricerca dell’Università degli Studi di Perugia, dell’Università per Stranieri e della sede perugina del CNR. Una comunità che oggi più che mai resiste, si organizza e rivendica dignità in un tempo segnato da individualismo, isolamento accademico e scarsa comprensione sociale del nostro ruolo.
Viviamo infatti in una società, in special modo quella italiana, in cui il titolo di dottore di ricerca è svalutato, frainteso e con prospettive del tutto incerte e precarie, è possibile affermare, infatti, che il dottorato stia preparando sempre di più i giovani adulti e lavoratori che desiderano approcciare il mondo dell’innovazione e della ricerca in qualità di precari e con condizioni di lavoro non ottimali, già a partire dal momento della loro formazione. Lo confermano i dati dell’XI Indagine ADI sulle condizioni di lavoro e la salute mentale nel dottorato di ricerca, che restituiscono un quadro allarmante. La maggior parte delle dottorande e dei dottorandi lavora senza orari definiti, spesso superando le 45 ore settimanali e includendo anche i fine settimana. Il tutto per una borsa di studio che non consente nemmeno di affrontare una spesa imprevista di 400 euro, come affermato da centinaia di intervistati. Le conseguenze psicologiche di questa condizione sono gravi: quasi il 40% dei partecipanti all’indagine dichiara di soffrire di ansia, depressione o stress a livelli clinicamente rilevanti. Il 14% non riesce ad arrivare a fine mese, mentre oltre la metà (52%) dichiara di non percepire alcuna sicurezza economica. Molti sono costretti a vivere in condizioni abitative precarie o a tornare a casa dai genitori per poter sostenere il costo della vita. Questo è il quadro professionale in cui vengono inseriti i giovani formati al più alto livello possibile dallo Stato italiano.
Cos’è ADI Perugia
Il miglioramento delle condizioni dei dottorandi e delle dottorande cui si è fatto cenno sopra, è stato ottenuto grazie alle battaglie portate avanti nel corso degli anni da ADI – Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia – che, dal 1998, è l’organizzazione di rappresentanza sociale dei dottorandi, dottori di ricerca e ricercatori in Italia. L’ADI s’impegna a tutelare ed estendere i diritti dei dottorandi e dei ricercatori e a promuovere il titolo di dottore di ricerca, ed è composta da numerose sedi locali in corrispondenza delle più importanti università.
L’associazione è attiva anche a Perugia. Dopo un periodo di inattività, collegato alla difficile situazione della pandemia da COVID-19, nel marzo 2024 è stata ufficialmente riattivata la sede perugina dell’ADI. Grazie all’impegno e alla determinazione di un gruppo di dottorande e dottorandi dell’Università degli Studi di Perugia che collaboravano fra di loro in maniera informale già da un anno, la sede è tornata operativa, rilanciando le attività di rappresentanza, supporto e sensibilizzazione sui temi legati alla condizione del dottorato. Ad oggi, ADI Perugia è il punto di riferimento di una comunità fragile, ma determinata: quella delle dottorande e dottorandi, delle dottoresse e dottori di ricerca e delle assegniste e assegnisti di ricerca dell’Università degli Studi di Perugia, dell’Università per Stranieri e della sede perugina del CNR. Una comunità che oggi più che mai resiste, si organizza e rivendica dignità in un tempo segnato da individualismo, isolamento accademico e scarsa comprensione sociale del nostro ruolo.
Problematiche locali e azione di ADI Perugia
Il ritorno di ADI a Perugia va interpretato come un segnale positivo di attivismo, ma anche come una risposta alle difficoltà crescenti riscontrabili in città. Perugia è una città bellissima, ma sempre meno facile. Gli affitti sono sempre più alti, i trasporti pubblici inadeguati, le infrastrutture scollegate dai ritmi e dai bisogni dei ricercatori. Non solo, i recenti pesantissimi tagli ministeriali al finanziamento alla ricerca impediscono alle Università locali di garantire spazi e strumenti di lavoro adeguati al personale di ricerca e a chi si sta formando come tale: laboratori poco sicuri, spazi fatiscenti, scarsità di fondi per formazione e spostamenti e molto altro.
In questi mesi, però, i dottorandi di ADI hanno alzato la testa, iniziando ad agire sia a livello locale, che sulle tematiche di livello nazionale. La sede perugina ha chiesto e ottenuto di essere ascoltata: è intenso il lavoro per ottenere la rappresentanza dei dottorandi nei Senati accademici di UniPg e UniStraPg; è stato fatto riconoscere l’ISEE specifico per i dottorandi per l’accesso alla mensa a tariffa ridotta e per agevolazioni sui canoni d’affitto; si sono attivati dottorandi e dottorande per lo sviluppo del Piano di Sostenibilità d Ateneo di UniPg; si è fatta pressione sui candidati Rettore all’ultima elezione di UniPg per portare alla loro attenzione le problematiche dei giovani ricercatori e ricercatrici; sono stati organizzati eventi ricreativi e formativi e molto altro. I traguardi raggiunti non rappresentano “privilegi”, ma sono diritti che vengono rivendicati perché spettano ai loro titolari e perché incarnano meglio la visione che abbiamo di Università: una comunità di cittadini e non un gruppo di clienti di fronte ad un provider di servizi.
Nonostante ciò, le difficoltà continuano. La riduzione degli orari delle biblioteche di UniPg, la mancanza di aule studio aperte nel fine settimana, sono solo alcuni dei problemi concreti che ostacolano il lavoro quotidiano di chi ha iniziato a lavorare nella ricerca.
Come ADI Perugia, inoltre, abbiamo preso parte attivamente alle principali mobilitazioni del precariato della ricerca. Abbiamo partecipato alle due riunioni nazionali degli stati di agitazione dell’università tenutesi a Roma e Bologna. Abbiamo organizzato un presidio a Piazza Grimana in occasione del primo sciopero nazionale dei precari a marzo, e abbiamo aderito al secondo sciopero nazionale, prendendo parte alla piazza e alla marcia rumorosa a Pisa.
Per questo esiste ADI Perugia. Per non lasciare nessuno indietro. Per ricordarci che non siamo soli. Per far sentire la nostra voce, anche quando sembra che nessuno voglia ascoltare. Ricerca è lavoro.



