di Gabriella Mecucci
La coazione a perdere del centrosinistra ha trionfato. Dopo mesi di incontri, di riunioni, di manovre più o meno segrete, non si sa ancora con certezza chi sarà il candidato a Palazzo dei Priori, ma ormai poco conta. Sarà comunque – almeno di un miracolo – un candidato alla sconfitta. Il Pd è diviso in due tronconi e le dimissioni del segretario comunale Sauro Cristofani sono sul tavolo. Andrà fino in fondo o c’è ancora una mediazione possibile? Per il momento comunque sembrano congelate.
E sono ripartite le trattative in tutte le direzioni. Rinvio dopo rinvio, la coalizione è arrivata ad una sorta di stallo. Tommaso Bori e compagni sono convinti – beati loro – di aver fatto nascere un interessante “laboratorio nazionale”, di stare realizzando il famoso “campo largo”. Dio acceca chi vuol perdere (Eschilo).
Ecco i punti salienti di una storia paradigmatica di chi si fa male con le proprie mani. La piéce teatrale è in tre atti.
Primo atto. Tutto inizia nell’estate 2023 quando Progetto Perugia, la lista centrista che aveva portato alla vittoria Andrea Romizi, manifesta il suo disaccordo con alcune scelte della giunta e blocca la colata di cemento del nuovo stadio al Pian di Massiano. Poi, più tardi, dice esplicitamente che dissente dalla candidatura a sindaco di Margherita Scoccia, esponente di Fratelli d’Italia: l’asse della coalizione si sposterebbe così troppo a destra. Decide perciò di mollare il duo Romizi-Prisco. Sauro Cristofani, segretario comunale del Pd, inizia un proficuo dialogo con una parte importante di Progetto Perugia. I democratici sembrano decisi a costruire un’alleanza che vada oltre il centrosinistra. Alcuni dirigenti hanno compreso che questa è l’unica possibilità che hanno di contendere il Comune al centrodestra. Altrimenti c’è poco da fare. Durante alcuni incontri emergono persino i possibili nomi di candidati a sindaco. Si tratta di Giuseppe Capaccioni e di Filippo Calabrese. Quest’ultimo, titolare del simbolo Progetto Perugia, sembra essere il più probabile.
Secondo atto. La vittoria diventa possibile, ma scende in campo quella parte della sinistra che non vuole governare, ma difendere l’ identità, tanto sventolata per quando indefinita. I suoi esponenti imbracciano il “sinistrometro”, un apposito apparecchio che serve a contare i globuli rossi di quelli sotto osservazione. A nulla serve che la battaglia più green che è stata fatta a Perugia, e cioè quella contro la distruzione del Pian di Massiano, sia stata vinta grazie a Progetto Perugia. I fatti non contano, contano le pagelle date da una commissione autoproclamatasi giudice inappellabile, e che maneggia lo strano arnese conta globuli.
Fatte le analisi del sangue, gli “identitari” cominciano a mettere i paletti. Il primo – il più importante – è quello contro Filippo Calabrese. Guai a candidare qualcuno che ha appoggiato la giunta Romizi. E poi giù a sproloquiare veti. Questo è il primo passo, il secondo è quello di far circolare un nome che soddisfi i manovratori del “sinistrometro”. È una giovane donna di 37 anni, che si chiama Vittoria Ferdinandi. Una persona seria e per bene: gestisce Numero Zero, un ristorante che rappresenta un esperimento interessante di reinserimento di malati di mente nella socialità e nel lavoro. Ferdinandi non ha alcuna esperienza amministrativa o istituzionale, non è stata “contaminata” dai partiti. Appare solo ora sulla scena pubblica. Se vincesse dovrebbe governare una città di 160mila abitanti. La sua candidatura, si appalesa, senza nominarla, nel corso di un’ iniziativa organizzata dal segretario regionale del Pd Tommaso Bori, dai grillini (presente nientemeno che Roberto Fico), da Sinistra Italiana, dai socialisti e dal sindaco civico di Spoleto. Saranno tutti d’accordo su questo nome o verrà bruciata anche lei? La scelta definitiva non è ancora fatta. Anzi, continuano a circolare altri possibili nomi. Ci sono ad esempio Luca Ferrucci e Paolo Belardi, che per giovedì 25 ha organizzato una sua iniziativa. E Franco Zaffini, Fratelli d’Italia, ha definito con la consueta franchezza e con un pizzico di guasconeria la candidatura di Vittoria Ferdinandi come “La migliore possibile per la destra”.
Terzo atto. È del tutto evidente che nel Pd umbro esistono due partiti: uno che cerca di vincere e un altro che gioca col “sinistrometro”. I guardiani dell’identità sventolano spesso come loro bandiera Berlinguer, dimenticando che propose il compromesso storico e che votò il governo Andreotti. E non ricordando o non sapendo che quello dal ’76 al ’79 fu un periodo di grandi riforme: dalla creazione del sistema sanitario nazionale, alla legge Basaglia, all’aborto: solo per fare qualche esempio.
Intanto sembra che Progetto Perugia si sia stancato di veti, paletti, pagelle e altro. Che cosa faranno Filippo Calabrese e compagnia? Invitati da Romizi, si sono rivisti con lui e con Prisco. A fine incontro, c’è chi dice che rientreranno nell’alleanza di centrodestra, chi sostiene che non si presenteranno alle elezioni e se ne staranno a casa, chi pensa che continueranno il confronto col centrosinistra e chi racconta che presenteranno una loro lista autonoma. Bene ha fatto Leonelli (Azione, Radicali, Socialiti per Perugia) a chiedergli un incontro per sondarne le disponibilità. Comunque vada a finire, il centrosinistra subisce un duro colpo alla sua credibilità. Per un mese il duo Romizi-Prisco è stato sfiorato da timori e interrogativi: il distacco di una parte rilevante della super votata lista centrista li aveva preoccupati. Ci hanno pensato gli “identitari” a dargli un “aiutino”. Ma non è detto che non ci saranno ulteriori sorprese. La prima, più che una sorpresa, è una facile previsione: Il marasma interno al centrosinistra favorirà Massimo Monni, candidato centrista che diventerà appetibile per molti moderati che non se la sentiranno di votare a destra.
Il resto alle prossime puntate. Ora la piéce teatrale è diventata una soap opera.