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di Gabriella Mecucci

Il Pd si divide platealmente e il segretario comunale Sauro Cristofani si dimette. Sarebbe intervenuta anche la direzione nazionale del partito per tentare tardivamente di far riflettere il segretario Tommaso Bori sulle candidature al Comune di Perugia, ma per il momento almeno non ha ottenuto niente. Quindi, è quasi certo che il nome sarà quello di Vittoria Ferdinandi, voluta da democratici, pentastellati e Sinistra-verdi. Hanno espresso dubbi e perplessità sia i socialisti, che indicano Ferrucci, sia Azione. Progetto Perugia, visto l’evolvere della situazione, si tira indietro da ogni possibile trattativa col centrosinistra e dovrebbe rientrare nel centrodestra. Anche se ancora non si conoscono le scelte individuali.
Non c’è dubbio che la linea di apertura e allargamento della coalizione ha perso – questo dice la lettera di dimissioni di Cristofani – e ha vinto quella di Tommaso Bori su cui peserà la responsabilità dei risultati elettorali nella corsa per Palazzo dei Priori.
Ecco i punti salienti della recente vicenda politica perugina che hanno portato alle dimissioni di Cristofani.
Primo atto. Tutto inizia nell’estate 2023 quando Progetto Perugia, la lista centrista che aveva portato alla vittoria Andrea Romizi, manifesta il suo disaccordo con alcune scelte della giunta e blocca la colata di cemento del nuovo stadio al Pian di Massiano. Poi, più tardi, dice esplicitamente che dissente dalla candidatura a sindaco di Margherita Scoccia, esponente di Fratelli d’Italia: l’asse della coalizione si sposterebbe così troppo a destra. Decide perciò di mollare il duo Romizi-Prisco.
Sauro Cristofani, segretario comunale del Pd, inizia un proficuo dialogo con una parte importante di Progetto Perugia. I democratici sembrano decisi a costruire un’alleanza che vada oltre il centrosinistra. Alcuni dirigenti hanno compreso che questa è l’unica possibilità che hanno di contendere il Comune al centrodestra. Altrimenti c’è poco da fare. Durante alcuni incontri emergono persino i possibili nomi di candidati a sindaco. Si tratta di Giuseppe Capaccioni e di Filippo Calabrese. Quest’ultimo, titolare del simbolo Progetto Perugia, sembra essere il più probabile.
Secondo atto. La vittoria diventa possibile, ma scende in campo quella parte della sinistra che non vuole governare, ma difendere l’ identità, tanto sventolata per quando indefinita. I suoi esponenti imbracciano il “sinistrometro”, un apposito apparecchio che serve a contare i globuli rossi di quelli sotto osservazione. A nulla serve che la battaglia più green che è stata fatta a Perugia, e cioè quella contro la distruzione del Pian di Massiano, sia stata vinta grazie a Progetto Perugia. I fatti non contano, contano le pagelle date da una commissione autoproclamatasi giudice inappellabile, e che maneggia lo strano arnese conta globuli.
Fatte le analisi del sangue, gli “identitari” cominciano a mettere i paletti. Il primo – il più importante – è quello contro Filippo Calabrese. Guai a candidare qualcuno che ha appoggiato la giunta Romizi. E poi giù a sproloquiare veti. Questo è il primo passo, il secondo è quello di far circolare un nome che soddisfi i manovratori del “sinistrometro”. E’ una giovane donna di 37 anni, che si chiama Vittoria Ferdinandi. Una persona seria e per bene: gestisce Numero Zero, un ristorante che rappresenta un esperimento interessante di reinserimento di malati di mente nella socialità e nel lavoro. Ferdinandi non ha alcuna esperienza amministrativa o istituzionale, non è stata “contaminata” dai partiti. Appare solo ora sulla scena pubblica.
Se vincesse dovrebbe governare una città di 160mila abitanti. La sua candidatura, si appalesa, senza nominarla, nel corso di un’ iniziativa organizzata dal segretario regionale del Pd Tommaso Bori, dai grillini (presente nientemeno che Roberto Fico), da Sinistra Italiana, dai socialisti e dal sindaco civico di Spoleto.
Saranno tutti d’accordo su questo nome o verrà bruciata anche lei? La scelta definitiva non è ancora fatta. Anzi, continuano a circolare altri possibili nomi. Ci sono ad esempio Luca Ferrucci e Paolo Belardi, che per giovedì 25 ha organizzato una sua iniziativa. E Franco Zaffini, Fratelli d’Italia, ha definito con la consueta franchezza e con un pizzico di guasconeria la candidatura di Vittoria Ferdinandi come “La migliore possibile per la destra”.
Terzo atto. E’ del tutto evidente che nel Pd umbro esistono due partiti: uno che cerca di vincere e un altro che gioca col “sinistrometro”. I guardiani dell’identità sventolano spesso come loro bandiera Berlinguer, dimenticando che propose il compromesso storico e che votò il governo Andreotti. E non ricordando o non sapendo che quello dal ’76 al ’79 fu un periodo di grandi riforme: dalla creazione del sistema sanitario nazionale, alla legge Basaglia, all’aborto: solo per fare qualche esempio.
Comunque vada a finire, il centrosinistra subisce un duro colpo alla sua credibilità. Per un mese il duo Romizi-Prisco è stato sfiorato da timori e interrogativi: il distacco di una parte rilevante della super votata lista centrista li aveva preoccupati. Ci hanno pensato gli “identitari” a dargli un “aiutino”. Non resta che ufficializzare il nome della candidata e raccontare lo spettacolare dietrofornt di Filippo Calabresi e “amici”. Un episodio triste che prelude ad una “marginalizzazione” del centrosinistra. Se ne gioveranno gli avversari e Massimo Monni che potrebbe intercettare più di un voto centrista e anche consensi in fuoriuscita dal Pd. La sinistra ha di nuovo manifestato la sua coazione a perdere