di Giampiero Rasimelli
Il risultato delle elezioni del 25 settembre ci consegna questo scenario.
La destra vince, ma non è maggioranza nel paese e nella destra Fratelli d’Italia risucchia i moderati del centro-destra e gli estremisti della Lega inducendo una potenziale instabilità strutturale nella maggioranza. Ciò non significa che la Presidente Meloni non riuscirà a governare a lungo, significa però che c’è una debolezza, una contraddizione originaria nella coalizione che è destinata a pesare in Parlamento, nel Governo e nel paese. Il centro-sinistra perde male le elezioni, fondamentalmente perché si è presentato diviso davanti agli elettori, con un’offerta politica negativa, il che non significa che a breve sarà in grado di presentarsi unito con un’offerta politica positiva. Sono maturate conflittualità politiche serie nel centro-sinistra, che non è facile superare e certamente non lo sarà in tempi brevissimi.
Nel nostro territorio c’è un dato in più da valutare. Qui il risultato della destra o destra-centro non è brillante come quello nazionale, raccoglie su base regionale un 45% distante dal 57% delle elezioni regionali, ciò che delegittima, in particolare attraverso il disastroso risultato della Lega, i vertici Regionali e del Comune di Terni, e su Perugia riapre addirittura la contendibilità del Comune a partire dal 40% ottenuto dal destra-centro e dal 31 ottenuto dal centro-sinistra. C’è poi il 10 dei 5 Stelle e il 12 di Azione-Italia Viva. I numeri non assicurano che alle prossime elezioni Amministrative tutto cambierà, ma descrivono una situazione da valutare attentamente come suggeriscono su queste pagine Vittori e Mecucci, sia da parte del destra- centro che del centro- sinistra. La partita è aperta e di certo la si giocherà sino in fondo.
A livello nazionale molto dipenderà dalla qualità del governo della destra-centro della Meloni che dovrà fronteggiare sfide enormi, di scala nazionale e internazionale e rispondere ad un elettorato italiano che l’ha votata sicuramente più accorto e moderato di quanto abbiano indicato i risultati elettorali. D’altra parte l’opposizione di centro-sinistra dovrà nutrirsi di battaglie comuni in sintonia
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col paese e prima o dopo dovrà sapersi aggregare intorno ad un progetto comune che non umili le diverse identità, riducendo personalismi, logiche di parte e quel politicismo subalterno che avvelena da anni la cultura e la politica della sinistra e dei progressisti in Italia.
C’è un altro scenario possibile per le forze progressiste diverso dall’inizio di un nuovo incontro che costruisca le basi di un’alternativa di governo alla destra? Adesso è difficile da vedere, ma se dovessero mancare questo appuntamento andrebbero incontro ad una lunga guerra tra loro e ad un lungo periodo di subalternità alle politiche della destra con grave danno per il paese.
In Umbria la partita del centro-sinistra è particolarmente interessante perché come si è detto prima ha concrete possibilità di rilancio e anche di potenziale vittoria di fronte a un governo regionale debole e a esperienze negative di governo sia al comune di Terni che di Perugia. Ma anche qui non c’è nulla di scontato. Il centro-sinistra deve riuscire a fare un investimento di credibilità e concretezza, deve staccarsi dalle esperienze di governo del passato, proporre una classe dirigente di qualità, rispondere alle esigenze più immediate dei territori e soprattutto investire sul futuro dell’Umbria. Una scommessa, quest’ultima, non semplice, difficile, che richiede la consapevolezza della gravità della situazione in cui si è venuta a trovare la nostra regione, una scommessa che non richiede chiacchiere ma un forte impegno per modifiche strutturali strategiche del modello di sviluppo, della coesione territoriale, dell’organizzazione dei servizi.
Il Governo di centro destra non ha cambiato quasi in nulla le dinamiche di crisi e i destini della nostra regione, anzi l’Umbria è stata spinta sempre più ai margini delle dinamiche nazionali, c’è stato un forte attacco ai servizi pubblici (vedi ad esempio la sanità regionale) e non è stato avanzato un progetto credibile di rilancio dell’Umbria. Dopo 3 anni gli alibi sono finiti e la situazione è sempre più grave.
Nel 2019 il centro-sinistra ha marcato un risultato negativo che ha radici nelle politiche degli ultimi 10/15 anni che non hanno saputo leggere la gravità della crisi che stava attanagliando l’Umbria. Bisogna avere la consapevolezza di partire da questa verità, senza per questo rinnegare la lunga stagione dei governi di sinistra che hanno fatto l’Umbria, costruito la Regione, ridato vita alle nostre città, costruito la grande stagione dei diritti, dato lavoro e benessere agli umbri almeno fino alla svolta del secolo, ai primi anni 2000. Oggi c’è bisogno della medesima ambizione di allora, ma soprattutto di contenuti, progetti, metodologie e tecnologie molto diversi e innovativi per poter intercettare le urgenze del presente e le sfide non rinviabili per riaprire un futuro credibile per
Perugia e per l’Umbria. C’è bisogno di un più largo e grande schieramento progressista che sappia sospingere questo cambiamento della storia della nostra regione
Un ruolo fondamentale nella tessitura e nel rilancio di un nuovo centro-sinistra lo avranno i movimenti e le associazioni civiche. L’allargamento dei confini dello spazio pubblico e politico è una dinamica essenziale per riattivare, riaggregare e ampliare il centro-sinistra per irrobustire e allargare la sua capacità di rappresentanza, la sua creatività, la sua classe dirigente. Questo sforzo potrà essere fatto con impegno dalle singole forze politiche (PD, 5Stelle, Azione/ItaliaViva, ecc …), ma senza la spinta autonoma di un movimento e di un associazionismo civico nei territori questo percorso rischierebbe di essere più lento e meno ricco. L’autonomia del civismo oggi può e deve essere un fattore di spinta all’apertura e al rinnovamento dei partiti del centro-sinistra e un veicolo portante di unità e di crescita culturale del centro-sinistra e dei progressisti. Le due dimensioni quella del rinnovamento o costruzione dei partiti e quella di un forte civismo autonomo non sono percorsi contrastanti, ma fattori diversi di un impegno per l’unità, l’ampliamento e il rilancio culturale e politico del centro-sinistra, del rilancio della partecipazione, dello sforzo per riavvicinare concretamente i cittadini alla politica, per rinnovare la capacità di rappresentanza della politica. D’altra parte il civismo a Perugia ha già avuto un ruolo protagonista nell’affermazione quasi un decennio fa del centro-destra. Come ha scritto di recente Ruggero Ranieri su Passaggi Magazine, quelle liste civiche furono determinanti di fronte alle divisioni e alle faide interne del centro-sinistra per dare alla città un senso di rassicurazione nei confronti del centro-destra e di sostegno alla figura di un Sindaco gentile, accogliente pur se privo di qualsiasi progettualità.
Oggi la situazione è molto diversa. Dopo un decennio di governo senza progetto, di immobilità teorizzata, la città è stanca, avverte una crisi profonda e un’assenza di progetto, di futuro. Ci sono molti segnali di una disponibilità civica a mobilitarsi per produrre un cambiamento in questa situazione. Segnali da cui può scaturire un movimento civico forte che ha già espresso le sue potenzialità elettorali. I partiti del centro-sinistra a differenza del passato debbono saper leggere questa realtà, sollecitarla e trarne forza. Le organizzazioni civiche debbono vivere la propria autonomia e farsi veicolo dell’unità del centro-sinistra, delle forze del cambiamento per la città. Un percorso non facile, ma una delle poche risorse che ha oggi a disposizione la città per non consegnarsi ad un futuro di subalternità politica e istituzionale ancora senza progetto.
Perugia ha bisogno di ritrovare appieno, nell’interesse stesso dell’Umbria, il suo ruolo di capoluogo regionale, proprio nel momento in cui le sfide macroregionali e interregionali si faranno
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più ardue ed intense. Deve riconquistare, al di là delle competenze amministrative, un pieno controllo sulle discussioni e decisioni in merito alle strategie economiche, di sviluppo, innovazione e sostenibilità del proprio territorio e dell’area vasta su cui insiste. Il policentrismo è una risorsa fondamentale per l’Umbria, ma senza la vitalità del nodo principale della rete, il capoluogo, tutto il sistema regionale viene indebolito. Perugia deve valorizzare i suoi asset culturali e turistici di valore internazionale, deve poter essere uno dei centri importanti della formazione superiore, della ricerca e delle arti. Deve poter determinare da questi settori una alta capacità attrattiva cui va destinata una stagione di investimenti straordinari e non marginali. Perugia deve ritrovare piena centralità e nuovi paradigmi per rilanciare e rinnovare una grande tradizione dei servizi legati alla salute e ai diritti dei più deboli negli anni ferita dalla cecità dell’aziendalizzazione sanitaria, dalla sottrazione di risorse pubbliche ai servizi sociali e sanitari e dallo scarso impegno a favorire un più ampio spazio pubblico dove il protagonismo del terzo settore e la ricerca della qualità dei servizi al cittadino fosse un vero fattore guida della programmazione dei servizi sociali e sanitari. Il colpo inferto dalla pandemia ha alzato l’allarme tra i cittadini e nelle istituzioni, ma c’è bisogno di un grande movimento di riforma strutturale che indichi soluzioni innovative alla gestione confusa e spesso carente di questi mesi ed anni. Infine Perugia deve ridare ai suoi quartieri, nella periferia come nelle zone centrali, quella capacità di autogoverno e di partecipazione che è stato un punto essenziale di coesione della città moderna, di crescita e consolidamento delle comunità cittadine, ricercando e inventando modalità nuove, legate a una progettualità partecipata, ad un monitoraggio partecipato capaci di incidere sulla vita amministrativa, di dare identità ai territori e di premiare la capacità creativa e solidale dei cittadini.
Perugia è diventata progressivamente, a partire dalla fine degli anni 60, una città vivibile ed aperta, attrattiva e creativa, uno dei salotti più belli d’Italia, poi, repentinamente, come un corpo che abbia vissuto a lungo al di sopra delle sue possibilità, è precipitata in una depressione pericolosa, priva di stimoli, saprà il centro-sinistra dare un senso a questa crisi e indicare una via d’uscita di rinnovamento culturale e politico coinvolgendo le energie più significative, la partecipazione dei cittadini, le imprese, la cultura? Sapranno i movimenti civici, i partiti, le forze progressiste suscitare unità e determinazione per coinvolgere l’intera città ? Allo stato sembra molto difficile, se non impossibile, è troppo presto per discutere di questo? In realtà Perugia può essere un laboratorio decisivo a livello regionale e significativo su scala nazionale per il centro-sinistra, per le forze progressiste, per i moderati. Di certo una credibile scommessa sul futuro sarà difficile che venga da chi ha gestito questi anni nel più assoluto immobilismo. Questo è il vero rischio oggi per Perugia.