Sullo stadio il sindaco Romizi tiene un comportamento amletico, di questo si lamenta soprattutto il Pd. Che cosa vuol fare il Comune di Perugia? Per il momento si è limitato a dire che il progetto presentato dalla cordata di imprenditori fa acqua da più parti. Per la verità lo ha detto con grave ritardo e in realtà l’ha fatto dire ai tecnici del Comune “nascondendosi dietro i loro pareri come un bambino che ha paura”, dice Sauro Cristofani, responsabile dei comitato comunale dei dem nel corso di una conferenza stampa. Palazzo dei Priori non sa bene che fare. Ha in sostanza detto un ni, ma non si capisce bene se attende una nuova proposta degli imprenditori, o se considera il caso chiuso e punti a ristrutturare il Vecchio Curi. O qualcos’altro ancora. Insomma, non ha un progetto. E del resto “Romizi ci ha abituato a non scegliere, a non pensare in grande, così è avvenuto per il Turreno, per il carcere, mentre per il Mercato Coperto ci sono voluti anni per decidere”.
Sin qui la pars destruens, ma il Pd che vuole? Non esclude la costruzione di un nuovo stadio ma detta le regole: non deve snaturare il Pian di Massiano, volumetrie contenute (non più di quelle attuali) così come le spese: nel progetto degli imprenditori entrambe sono esorbitanti: basti pensare che l’83 per cento delle cubature sarebbero dedicate ad impieghi non sportivi. E poi una nuova struttura si deve far proprio al Pian di Massiano? Il Pd – questa la sensazione – pur non scartando l’ipotesi di un nuovo stadio, vedrebbe di buon occhio una riqualificazione del Vecchio Curi dal costo massimo di 10-11 milioni. E considera comunque un grave errore l’atteggiamento amletico di Palazzo dei Priori che non permette di cogliere alcune disponibilità dei privati. Abbiamo chiesto a Fabio Maria Ciuffini, che progettò il vecchio stadio, come si può riqualificarlo.
di Fabio Maria Ciuffini
Il sole (politico) sul grande albergo in forma di stadio sembra stia tramontando. O forse no? Magari in altra forma? Comunque vada a finire, questa rivista mi chiede di sostanziare una possibile alternativa, quella di riportare in vita la vecchia struttura del Curi.
La chiave di una possibile risposta, a mio avviso, sta nella storia di uno stadio provvisorio che è durato quarant’anni, ma anche nella storia di quel mio progetto rimasto a tutt’oggi incompleto. Tanto per popolare la galleria dei ricordi: a fine Dicembre 1974 il Perugia scalò la vetta del Campionato di serie B e si cominciò a profilare l’ingresso in serie A. Ma a Perugia, allora, non c’era da nessuna parte uno stadio da serie A! Il vecchio S. Giuliana, per quanto ampliato per adeguarlo agli standard della serie B non poteva andar bene per la massima serie. Ed era necessario costruire subito un nuovo stadio! Infatti, con il Perugia in A, esso avrebbe dovuto essere completato per gli esordi del prossimo campionato. Dieci mesi in tutto: a partire dal terreno di gioco, fino alle tribune. Missione impossibile! Per questo si delegò a me tutta la faccenda (magari non sarà che alla fine quel presuntuoso si andrà finalmente a schiantare?). Tutti sanno come è andata poi. Non tubi Innocenti come si era prospettato, ma una struttura stabile in acciaio che sarebbe costata addirittura meno e più facile da manutenere. Ma oltre a questo il progetto del nuovo stadio introdusse due nuove idee. La prima è che lo stadio non avrebbe avuto la pista di atletica, obbligatoria allora se si voleva accedere al credito sportivo; visto che a quel credito non si sarebbe comunque potuto accedere, tanto valeva fare uno stadio per il solo calcio. Costerà meno e si guadagnerà una migliore visibilità del terreno di gioco! E l’atletica resterà a Santa Giuliana. La seconda idea è quella di pensare ad una struttura polivalente, con altre destinazioni aggiuntive, oltre a quelle dedicate allo sport professionistico. Un grande parallelepipedo compatto, con le superfici esterne tutte finestrate e, al suo interno, scavati il terreno di gioco e le tribune.
La struttura sarà completamente prefabbricata in acciaio e concepita in maniera modulare: 8 o 10 blocchi indipendenti da affiancare a costituire le tribune, strutture anche esse indipendenti a sbalzo per coprire tutte le tribune queste ultime predisposte ad accogliere successivamente locali come palestre, uffici, negozi sportivi, altre strutture a reddito. Quindi il vecchio Curi può contenere tutto questo. Basta volerlo.
Quella concezione modulare servì allora per graduare nel tempo gli investimenti dando ovviamente la priorità alla costruzione dello stadio: due tribune laterali e una sola curva. Comunque quanto bastava per assicurare la richiesta capacità di spettatori. In solo quattro mesi non fu possibile fare di più. Ed invece, alla prima seduta del nuovo Consiglio Comunale si decise che si sarebbe fatta la curva Sud e la copertura della sola tribuna Est e che il percorso realizzativo dell’intero progetto si dovesse interrompere lì. Perché? La motivazione fu che si sarebbe speso troppo e che troppo era già stato speso per lo sport-spettacolo! L’idea che una struttura pubblica potesse essere utilizzata tutti i giorni dell’anno anziché per quei pochi che implicava la partecipazione ad un campionato, fu stizzosamente respinta. Ed io, accusato di aver trovato il modo per fare uno stadio per il calcio spettacolo in pochi mesi, ci rimisi persino il posto in giunta. Per un anno o poco più finché non venne fatto Sindaco Zaganelli ed ebbi modo di realizzare l’altro mio grande e contrastato pallino: le scale mobili nella Rocca Paolina! Che vennero finanziate e appaltate. Ma questa è un’altra storia. Qualche anno dopo, un’altra Giunta approvò se non quel progetto intero, le sue possibili future destinazioni aggiuntive. Che vennero ritenute compatibili con la destinazione urbanistica dell’area di Pian di Massiano. Dunque una risorsa non sfruttata fin qui ma potenzialmente esistente, sia pure in scala minore rispetto alle ambizioni dell’iperstadio, però ancora vivissima. E che avrebbe la forza di sostenersi finanziarmente da sé. Dunque oggi non c’è solo una struttura d’acciaio bisognosa comunque di qualche intervento perché ne venga mantenuta la funzione. C’è un progetto che, finito nell’iperuranio delle cose sognate, potrebbe risorgere dalle sue ceneri perché ha quello che al suo ipotetico nuovo rivale è finora mancato: la destinazione urbanistica di tutti quei possibili volumi. E in più un progetto che è nato modulare e che modularmente potrebbe essere anche oggi realizzato, graduando nel tempo nuovi investimenti e loro utilizzo. In questo senso il tonfo del Perugia in serie C potrebbe costituire un vantaggio. Senza modificare e soprattutto spostare il terreno di gioco si potrebbe rifare del tutto lo stadio Comunale a tappe successive, mantenendone la capienza minima necessaria e realizzando però fasi del primitivo sognato progetto, ovviamente attraverso una accurata ed equilibrata progettazione esecutiva. Mettendoci tutto quello che fu inizialmente previsto: la copertura di tutte le tribune e delle curve, la chiusura dei quattro spicchi oggi vuoti, una maggiore comodità delle sedute, tutti i servizi al calcio potenziati. E, se vogliamo considerarlo sotto questo aspetto, un affare più piccolo ma realizzabile, ben commisurato alle potenzialità urbanistiche del sito ed a quelle finanziarie della città di Perugia. Che poi si voglia realizzarlo in proprio come Comune o anche con l’intervento di privati che ne volessero utilizzare i volumi potenzialmente a reddito sarebbe una questione politica che lascio volentieri ad altri. Comunque non buttando al vento una risorsa inutilizzata e contrapponendo comunque un piccolo “certo” ad un più grande ma ipotetico “incerto”.