(foto ©Cir0x da Flickr)
di Sud
Das Land, wo die Zitronen blühn. La terra dove fioriscono i limoni, così Goethe definiva l’Italia in una sua celebre poesia. È molto probabile che anche alla lirica del genio tedesco abbia pensato Montale nello scrivere I limoni, una delle ventitré poesie di Ossi di seppia, la raccolta pubblicata dalla casa editrice di Piero Gobetti nel 1925, un anno prima che il fondatore morisse, provato nel fisico e nel morale dalle persecuzioni e dai pestaggi fascisti.
Montale, ancora lontano dal successo e dall’agiatezza, contrappone i limoni, alle «piante dai nomi poco usati», i bossi, i ligustri, gli acanti, prediletti dai «poeti laureati». I limoni che crescono negli orti di paese, alla fine di quelle «viuzze che seguono i ciglioni e discendono tra i ciuffi delle canne». Qui dove «tace la guerra» e «tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza, ed è l’odore dei limoni».
Ma anche «nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase», dove «la pioggia stanca la terra», dove «s’affolta il tedio dell’inverno sulle case, la luce si fa avara, avara l’anima», anche lì «da un malchiuso portone, tra gli alberi di una corte ci si mostrano i gialli dei limoni; e il gelo del cuore si sfa, e in petto ci scrosciano le loro canzoni le trombe d’oro della solarità».
Credo nessuno dubiti del fatto che i migliori limoni (non se la prendano i liguri e i siciliani) crescono sui due versanti, sorrentino e amalfitano, di quella penisola magica che divide il golfo di Napoli da quello di Salerno. Non lontano, sull’isola di Procida, cresce il Limone di pane. Somiglia al cedro, ma ha una caratteristica unica: il bianco non è amaro. La ricetta è semplice e deliziosa: si taglia a pezzi, olio buono, sale, pepe, e una fetta di pane “cafone”.