di Giuseppe Vittori
Vedere gli azzurri di Fefè De Giorgi perdere in malo modo contro la Francia è stato un colpo basso. La chiamano la maledizione del volley. Come se ci fosse una fattura sopra la rete. Noi della pallavolo aspettiamo questo messia dal tempo dei tempi. Diciamo da quarant’anni, Los Angeles 1984. Quattro volte campioni del mondo, Europei, World League, sì, è vero, abbiamo vinto ogni cosa. Ma la gioia più grande ci è negata: l’oro olimpico. Anche la generazione dei fenomeni, Lucchetta, Giani, Papi, Zorzi, Bernardi, il povero Bovolenta ha fallito. Ci hanno provato. Invano. Ad Atlanta 1996 pareva quasi fatta, invece fu Olanda. Poi il doppio indigesto Brasile, nel 2004 e nel 2016. Le tre medaglie di bronzo sono degli ammennicoli. Anche una vittoria contro gli Stati Uniti adesso a Parigi per il terzo posto non colmerà la delusione.
Viva dunque le ragazze dell’Italvolley. Pure loro contro le americane. Mai le donne erano arrivate ad una medaglia. Figuriamoci all’oro. E questa impresa porta la firma delle varie Egonu, Sylla, De Gennaro, Antropova, Orro, Fahr ma soprattutto è il capolavoro, l’ennesimo, di Julio Velasco. Che non è un semplice coach, è qualcosa di più. E’ un assemblatore di energie e di talenti. L’argentino ha messo mano ad un gruppo lacerato dalle polemiche, ha usato la sua intelligenza, ha dosato le forze, ha trovato soluzioni tecniche. Perché è un uomo che sa dare la giusta dimensione alle cose e alle persone. Sentite quello che ha detto di Paola Egonu, la stella della squadra (leggo sulla Gazzetta un articolo di Elisabetta Esposito): .
Quando gli hanno chiesto di Imane Khelif, la pugile algerina oggetto di una velenosa campagna – pare organizzata dalla disinformazione russa – in cui si è distinta la destra mondiale da Trump alla Meloni, a Salvini, l’allenatore fuggito dall’Argentina dei golpisti ha detto qualcosa che ha spiazzato tutti: .
Ecco, un uomo che ragiona così riesce spesso a conquistare anche la stima dei propri atleti. A far capire a personalità forti come la Egonu come comportarsi. Perché la ragazza di Cittadella, genitori nigeriani, è stata spesso sotto pressione, criticata per i suoi malumori verso la nazionale e verso chi la guidava (l’ex ct Mazzanti), tirata in ballo con accenti razzisti dal generale Vannacci, ora onorevole europeo della Lega (). Fiona May lo ha detto chiaro e tondo ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera: <L’Italia è andata indietro di vent’anni. Vent’anni fa non c’era tutto questo razzismo. O forse semplicemente non c’erano i social. I social su cui qualcuno scrive che Larissa non è italiana. Ma come si può?>. Sta dicendo che siamo un Paese razzista? . Larissa è arrivata ai piedi del podio nel salto in lungo e a lei vanno solo applausi. Crescerà ancora. La aspetteremo e la abbracceremo sempre.
Così sosterremo queste ragazze della nuova Italia. Comunque. Perché bisogna ascoltare il vecchio saggio Velasco. Dopo il 3-0 alla Turchia in semifinale, il coach ha detto: .
Giusto. E l’oro è arrivato.