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ArticoliEconomia

A Passignano agricoltura è donna

Di 01/11/2022Febbraio 18th, 2024Nessun commento

di Rita Boini

Cibo di qualità, biodiversità, etica: sono le tre regole delle Olivastre, marchio aziendale ma anche il nome con cui vengono chiamate tre donne che, con base operativa a Passignano sul Trasimeno, producono olio extravergine d’oliva e zafferano, si occupano di cibo di strada e catering. “Siamo partite con un’associazione di promozione sociale e abbiamo fondato un’azienda, che non è la trasformazione dell’associazione ma un’iniziativa parallela – spiegano Paola Sticchi, Emanuela de Stefanis, e Antonella Panciarola – tanto che abbiamo due siti internet, olivastre.org legato all’associazione e olivastre.com. che è aziendale. L’associazione che è stata il punto di partenza ha però ispirato i principi dell’azienda, che deve produrre non profitto ma guadagno, un reddito che ci permetta di vivere bene e di creare reddito anche per altre persone”.

Il recupero degli oliveti, mutuo aiuto tra coltivatrici e anziani
Tutto è iniziato nel 2014 quando Paola, Emanuela e Micaela, che poi è uscita dall’iniziativa e cui è subentrata Antonella, hanno deciso di ridare vita a degli oliveti abbandonati sulle colline di Passignano. Un’operazione che, passato il primo momento, fatto di emozioni e progetti messi solo sulla carta, si è dimostrata più difficile del previsto. Il primo problema è stato il rapporto con gli anziani ex coltivatori di quegli oliveti, non più in grado di coltivarli ma distanti per mentalità dalle Olivastre, per età e per il fatto che nella prima formazione nessuna delle tre era del territorio. “Eravamo tre straniere rispetto al luogo – spiegano – solo Antonella, entrata nel 2016 è l’unica ‘locale’, per l’esattezza di San Feliciano. Gli anziani tengono molto ai loro olivi e questo ha aiutato a eliminare la diffidenza iniziale e a costruire un dialogo”. Sottolinea Paola: “Un’associazione di promozione sociale mette insieme persone con medesime necessità, in questo caso un oliveto abbandonato. Si è instaurato un clima di mutuo aiuto tra noi che abbiamo ridato vita agli oliveti e gli anziani non più in grado di coltivarli”.

Tra gli olivi querce e fiori di campo per nutrire le api
L’altro problema è che gli oliveti erano strutturati alla maniera antica. “I terreni erano oliveti – racconta Emanuela – ma dedicati in parte anche a pascolo e seminativo, come usava un tempo. Gli olivi non sempre sono a filari e sono piuttosto distanziati tra di loro, tanto che un tempo ci passavano sotto anche i buoi. I piantoni avevano ramificazioni per appoggiarci le scale. Sono oliveti tradizionali sui quali è difficile intervenire ma cui è comunque necessario dare una forma diversa e più adatta a lavorarci. Il nostro dilemma è stato se lasciarli intatti o renderli gestibili. Siamo riuscite a fare interventi rispettosi, a non toccare gli alberi monumentali, a lasciare la forma delle piante intatta e garantire stabilità senza però trattare gli oliveti come se fossero un museo a cielo aperto. Li abbiamo ritoccati ma non stravolti. Lasciato tutte le querce e la vegetazione spontanea tra gli olivi, che crescono su più livelli, nei pendii. Tra gli oliveti c’è una ricca vegetazione, erbe selvatiche, arbusti come la rosa canina, fiori di campo che permettono alle api di nutrirsi. Ad arricchire il nostro lavoro anche i racconti degli anziani che non sono legati solo alle tecniche colturali e alle varietà botaniche. Questi oliveti nella loro memoria rimandano anche a fatti come il bombardamento di Passignano del maggio 1944, opera degli alleati per tagliare linea ferroviaria e impedire il passaggio ai tedeschi. Queste donne e questi uomini erano bambini e quel giorno erano venuti qui, inconsapevoli, a giocare. A Passignano è stata una strage, si sono salvati ma conservano ancora il ricordo di quei giorni, dei rumori e del fumo nero che si alzava verso le colline”. Le Olivastre hanno anche fatto una mappa degli oliveti incolti intorno al Trasimeno, un lavoro effettuato sulla base di volontariato e senza l’aiuto pur richiesto degli enti locale, ma piuttosto “dei privati, con i quali si lavora meglio”.

L’orto di casa diventa zafferaneto
Le novità e la nascita dell’azienda iniziano nel 2016. La prima è lo zafferaneto. Antonella, che Paola ed Emanuela hanno conosciuto a un corso di potatura che si teneva a Paciano, possiede un grande orto di fatto quasi abbandonato da quando nel 2013 è venuto a mancare il padre. Un orto che lei e la madre si sentono in dovere di mantenere nel migliore dei modi. Antonella spiega: “Il mio papà era un operaio ma era rimasto, nel suo animo, un contadino, legato alla terra in modo viscerale, ed era anche un grande potatore. Coltivava l’orto con competenza e passione e veniva chiamato a potare piante da parenti, amici, conoscenti. Aveva un talento autentico e profondo per la terra e le piante. L’incontro con Emanuela e Paola e le loro operazioni di recupero degli oliveti ha dato il via all’idea di recuperare l’orto. In quel periodo un’amica con casa a Massa Martana aveva deciso di coltivare zafferano, così e attraverso bulbi acquistati da un amico è iniziata la nuova vita dell’orto del mio papà. Il primo anno abbiamo lanciato l’appello ‘adotta una pianta di zafferano’. L’iniziativa ha avuto successo ed è partita la produzione vera e propria. Il presidente del Consorzio dello zafferano di Città della Pieve ci ha invitato a entrare nell’associazione e siamo diventate produttrici di zafferano a tutti gli effetti”.

Cucina itinerante con olio e prodotti locali
Un bando del Gal Trasimeno Orvietano, cui le Olivastre partecipano e che vincono apre una nuova pagina. E’ Emanuela a raccontare: “Il finanziamento ci ha permesso di trasformare la cucina di casa mia in un laboratorio artigianale di gastronomia perfettamente attrezzato e a norma di legge e di acquistare un furgone, un food truck che ci permette di fare un lavoro itinerante. Con il nostro furgone andiamo ad eventi, mercati e manifestazioni ma siamo attrezzate anche per il catering. La nostra è una cucina dell’olio dove i piatti che proponiamo vengono dalla tradizione delle nostre mamme, dalla cucina al femminile, dalla manualità. I prodotti, olio e zafferano a parte, che non solo vendiamo ma utilizziamo anche per i nostri piatti, li acquistiamo da piccoli produttori locali, di cui possiamo controllare la qualità ma anche per un fatto di principio. Favorire l’economia del territorio è per noi importante, negli oliveti ad esempio oltre ai volontari impieghiamo, con contratti a termine per la potatura e la raccolta, dei giovani locali”.

Un’altra economia che parte dal bene comune e dalla terra
Natura, terra e paesaggio sono il patrimonio comune delle tre Olivastre. Antonella, che viene dal mondo della cooperazione sociale, è sempre stata legata alle sue origini di terra e di lago (l’orto guarda il molo di San Feliciano). Emanuela è nata e vissuta a Roma ma, spiega: “Ho antiche radici contadine, da bambina andavo spesso in campagna da nonni e parenti in Sabina a raccogliere olivi, erbe selvatiche, davo da mangiare alle galline”. Paola è cresciuta a Foggia, nel tavoliere delle Puglie: “Papà – racconta – lavorava all’ispettorato agrario e avevamo dei terreni in campagna, così è iniziato il mio amore per la terra”. “La nostra sfida – dicono – è dimostrare che un’altra economia è possibile – e i nostri punti di forza sono passione, senso del bene comune, rispetto dell’ambiente”.