di Sud
Nel 1882 Carducci ha 47 anni ed è l’intellettuale più famoso d’Italia. Negli ultimi due anni Zanichelli gli ha pubblicato la terza edizione delle Odi barbare, quella definitiva dei Levia Gravia, i Giambi ed Epodi e le Nuove odi barbare, con l’ode “scandalo” Alla Regina d’Italia. Dalla sua vena di polemista, non ultimo tra i motivi della sua fama, scaturiscono in quello stesso anno i tre volumi delle Confessioni e battaglie, pubblicati a Roma da Sommaruga.
Poeta e polemista, Carducci fu anche storico della letteratura e soprattutto coscienzioso insegnante. Nel 1856, a soli 21 anni, è al ginnasio di San Miniato al Tedesco, poi al Liceo Forteguerri di Pistoia, e infine, nel 1860, all’Università di Bologna. Continuerà però a lavorare per la scuola come commissario agli esami di maturità in diversi licei tra i quali, nel 1877, l’Annibale Mariotti di Perugia e, tornando al 1882, il Girolamo Bagatta di Desenzano.
L’8 luglio di quell’anno scrive dal Lago di Garda all’amico Severino Ferrari: «La sua lettera mi giunge qui, dove faccio il commissario sugli esami di licenza di questi lombardotti. Mi hanno messo in una camerata con due file di letti, e finestrelle in alto, e panchettine sette in mezzo dove i lombardotti scrivono. E i professori sono tutti preti, e il preside è un notaio, un notaio lungo, di pelo bianco, vestito di nero. E mi hanno arrecato di che mangiare».
Il pranzo, leggero, è quello che ci si può aspettare in un paese di “lombardotti”: «Una buona costoletta…con patatine bene crogiolate, e del formaggio stupendo». Per dessert «delle albicocche che nulla hanno a invidiare a quelle che rosee galleggiano fra ‘l verde mite dei verzieri della dolce Toscana». Da bere «del buon vinetto nero…perché hanno, sul lago (pare impossibile), anche un vinetto bianco ch’è un po’ traditorello il furbetto».