La storia del turismo in Umbria è la storia di una regione che non è stata in grado di intercettare i vantaggi dell’economia globale, a causa di serie deficienze infrastrutturali, di una debolezza economica di fondo, e di modelli di governance inadeguati, perché troppo dirigisti, poco partecipati e incapaci di relazionarsi in modo fecondo con i vari sistemi territoriali della regione, che è sì piccola, ma è anche molto diversificata e non può essere promossa dall’alto come un pacchetto unico. Abbiamo in questo numero dedicato particolare attenzione alla situazione di Perugia, perché ci sembra che sia qui che si concentrano le criticità del turismo in Umbria: sul piano dei numeri, sul piano della qualità dell’accoglienza, sul piano dell’incisività delle politiche territoriali, di un’adeguata valorizzazione del suo importantissimo patrimonio culturale.
Un rilancio del turismo in Umbria non può prescindere dalla valorizzazione di Perugia come grande città d’arte italiana e non come tappa di passaggio, magari verso Assisi o verso Siena. Già oggi, come dimostra lo studio di Croci, Perugia è dotata di una serie di numerosi musei, alcuni dei quali molto importanti, e con buone presenze, e altri non meno originali e potenzialmente attrattivi; molto di più si potrebbe e si dovrebbe fare per promuoverli, metterli a sistema, organizzare itinerari tematici, collegare meglio il patrimonio con eventi di richiamo. I numeri del turismo a Perugia e nel comprensorio perugino sono desolatamente insufficienti, soprattutto quelli degli stranieri e le permanenze sono troppo brevi.
Segue la sezione “Capitini oltre il conformismo” che vorrebbe in qualche modo servire soprattutto come invito a riprendere seriamente in mano la questione Capitini.
Chiude il numero il dibattito sul tema centrale dell’ultimo Passaggi, “il lungo addio di una classe dirigente”.