Salta al contenuto principale

di Tommy Simmons*

Dato il peso globale della Russia e dell’Ucraina nella produzione alimentare e di concimi chimici, il conflitto in atto ha avuto un impatto immediato sulla disponibilità ed il costo di molti prodotti. Secondo la FAO, “nel 2021, la Federazione Russa o l’Ucraina (o entrambe) si sono classificate tra i primi tre esportatori mondiali di grano, mais, colza, semi di girasole e olio di girasole, mentre la Federazione Russa è stata anche il primo esportatore mondiale di fertilizzanti azotati, il secondo fornitore leader di fertilizzanti al potassio e terzo esportatore di fertilizzanti al fosforo.”.
In un dettagliato rapporto del 22 marzo su “L’importanza dell’Ucraina e della Federazione Russa per i mercati agricoli globali e i rischi associati all’attuale conflitto” (https://www.fao.org/3/cb9236en/ cb9236en.pdf) l’organo delle Nazioni Unite per il cibo e l’alimentazione delinea chiaramente l’impatto immediato e potenziale della guerra per i due paesi e per i mercati globali. Nel corso dell’anno la FAO stima che il costo internazionale del cibo e dei mangimi potrebbe aumentare tra l’8% e il 22% rispetto al loro già elevato costo di inizio anno. Ciò andrà naturalmente a pesare soprattutto nei paesi più poveri dove il costo dell’alimentazione rappresenta la principale voce dei già esigui bilanci familiari, ma nessun mercato ne eviterà le conseguenze.
Il Programma Alimentare Mondiale (www.it.wfp.org), che interviene soprattutto nelle emergenze e che tutt’ora oltre a garantire cibo a 1 milione di persone in Ucraina è impegnato nelle crisi in Afghanistan, Yemen, Siria, Haiti, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, Etiopia, Nigeria, Madagascar e diverse zone del Sahel, avverte che oltre ad un aumento di costi mensili di 49 milioni di dollari già subito rispetto al 2019, la nuova inflazione alimentare rappresenterà ulteriore un aumento di spesa di 29 milioni di dollari al mese – a fronte di “un anno di fame catastrofica” – e che nel quadro delle troppe crisi in atto sarà costretto a ridurre le singole razioni distribuite.
L’impatto della guerra in Ucraina andrà dunque a colpire ulteriormente alcune delle popolazioni già più martoriate del mondo, alle quali si prevede si aggiungeranno i cittadini dei diversi paesi del Medio Oriente, del Nord Africa e dell’Africa Orientale che sono netti importatori di derrate alimentari. Già il 23 marzo, l’Egitto – i cui 100 milioni di abitanti rappresentano il principale acquirente di grano russo e ucraino – si è trovato costretto a chiedere un nuovo prestito al Fondo Monetario Internazionale per far fronte alle conseguenze del lontano conflitto e contenere i rischi di destabilizzanti proteste popolari.
Ma oltre alle conseguenze pratiche delle sanzioni alla Russia e della sostanziale “sospensione” dell’agricoltura in Ucraina e del blocco dei suoi porti, il mondo dovrà anche far fronte all’utilizzo del cibo come strumento di un conflitto che ha già ramificazioni globali in ogni settore dell’economia, della finanza, del commercio e nella ridefinizione dei rapporti tra stati e delle alleanze.
Oltre a minacciare di cancellare i contratti di forniture dal petrolio e del gas verso alcuni paesi che la osteggiano, tramite l’ex-Presidente Dmitry Mervedev la Russia ha anche annunciato che “forniremo cibo e prodotti agricoli solo ai nostri amici; per fortuna ne abbiamo molti e non si trovano affatto in Europa o in America del nord”. L’obiettivo del governo di Putin, oltre a rispondere alle sanzioni imposte dai paesi che sostengono l’Ucraina, potrebbe essere di colpire direttamente i consumatori dei paesi rivali in modo da indebolire il sostegno dell’opinione pubblica occidentale per le posizioni prese, in particolare dai paesi appartenenti alla NATO, ed incrinarne la coesione. Le prime cinque settimane della guerra hanno portato ad una forte unità d’intenti dell’Europa e gli Stati Uniti (ed altri paesi) ma il suo prolungarsi ed il diffondersi di disagi nelle loro popolazioni potrebbero senz’altro rappresentare un’arma in più da giocarsi nel conflitto.
Parallelamente la Russia sta lavorando per consolidare le proprie alleanze, in particolare con i più importanti tra 35 paesi che all’inizio di marzo si sono astenuti durante il voto alle Nazioni Unite sulla mozione di condanna dell’invasione dell’Ucraina. La Cina continua a ribadire la stretta fratellanza tra i due paesi, senza però dichiarare apertamente se sosterrà la Russia economicamente o militarmente, mentre l’India – siglando un accordo di acquisto di petrolio russo al prezzo scontatissimo di 35 dollari a barile – ha già confermato che resterà aperta agli scambi commerciali.
Nulla fa pensare che la guerra in Ucraina si concluderà a breve. Ogni cenno di apertura al dialogo fatto negli ultimi mesi dal Presidente Putin, ogni missione a Mosca di presidenti, primi ministri e responsabili delle diplomazie occidentali è risultata in un nulla di fatto e il walzer degli incontri e dei negoziati in corso sembra più che altro dovuto alla necessità di dare l’impressione alle opinioni pubbliche interne che si sta facendo il possibile per mettere a tacere le armi. I precedenti degli ultimi decenni – dagli interventi in Cecenia fino all’occupazione della Crimea e il sostegno militare alla Siria del Presidente Assad – dimostrerebbero che una volta intrapreso il cammino verso una determinata meta la Russia non si ferma per alcun motivo, soprattutto non per un motivo umanitario. Da entrambe le parti questa guerra viene combattuta con ogni mezzo, comprese le informazioni, le controinformazioni e le false informazioni e dato che Mosca non ha mai dato modo di capire quali siano i suoi reali obiettivi purtroppo solo a posteriori la verifica dei fatti ci permetterà di orientarci nel labirinto delle dichiarazioni correnti. Come disse durante la Seconda Guerra Mondiale il Primo Ministro Britannico Winston Churchill, “La verità è così preziosa che bisogna proteggerla sempre con una cortina di bugie” – e la cortina che copre gli obiettivi del Presidente Putin è senz’altro molto densa.

*Fondatore di Amref Italia. Amref è la più grande organizzazione sanitaria che opera in Africa (https://www.fao.org/3/cb9236en/cb9236en.pdf) Rapporto Fao del marzo 2022