di Sud
A che punto è la notte è forse il miglior libro di Fruttero&Lucentini. È noto anche per la pungente presa in giro della Einaudi degli anni ‘70, entrata nella fase “strutturalista”. Forse per questa ragione la redazione romana della casa editrice, dovendo scegliere un romanzo del duo da inserire nel Dizionario delle opere, optò per La donna della domenica.
A favorire la scelta contribuì anche la notorietà derivata dall’ottima riduzione cinematografica di Age e Scarpelli, diretta da Comencini, con Marcello Mastroianni, Jacqueline Bisset, splendidi comprimari tra cui Jean-Louis Trintignant, Lina Volonghi, Claudio Gora, Franco Nebbia e le musiche di Ennio Morricone.
È comunque un gran libro, un giallo magistralmente costruito, con scorci di un cinismo irresistibile. Ad esempio nella descrizione dell’ambiente della “Torino bene”, dove contano non tanto i soldi o il potere, ma un impalpabile e indefinibile “lignaggio”. Coinvolti di striscio in un omicidio, due “campioni” di quell’ambiente, Anna Carla e Massimo, invitano a pranzo nella villa in collina il commissario Santamaria, incaricato delle indagini.
«Vada lei, che conosce l’ambiente» – suggerisce il vicequestore – e sa come muoversi in una situazione «di un’estrema…per non dire di un’eccezionale…delicatezza». Santamaria, “terrone” colto e sagace, se la caverà benissimo (fin troppo). Le posate, ad esempio, le lascia correttamente nel piatto, ma senza quella «esattezza assoluta» da parvenu; e non è neppure un intenditore di vini e formaggi, «gente che non ha ormai più nulla di umano».
Due “casi” linguistici aprono e chiudono il romanzo. Il primo ci introduce subito nell’ambiente e nelle sue manie, con la disputa sull’affettazione (o meno) della pronuncia Baast’n (Boston). Il secondo è legato alle pere; o meglio alle «buone pere»; ma siccome è la chiave per la soluzione del giallo, non ne sveliamo di più.