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di Gabriella Mecucci

Sono quattro i “cavalieri” del fashion green italiano e a raccontarne la storia è uno di loro: Federico Marchettii che è diventato grande grazie ad una serie infinita di invenzioni. Lungo la sua strada, ha trovato la compagnia di Giorgio Armani, Brunello Cucinelli e Renzo Rosso. È arrivato molto lontano sino a diventare uno dei più stretti collaboratori di Re Carlo III, tanto da essere l’unico italiano, oltre al Presidente Mattarella e figlia, a ricevere l’invito per la sua incoronazione, alla quale ha partecipato indossando un elegante mezzo tight disegnato dall’ “amico Cucinelli”.
“Le avventure di un innovatore”, il libro autobiografico di Federico Marchetti (Longanesi), pubblicato in settembre, scrive di questa e di altre magnifiche storie. Al centro lo straordinario percorso del protagonista dentro la “moda sostenibile”. “Pensa green, perché il futuro è green”: questa la filosofia che anima la sua vita di imprenditore, unita alla scelta ipertecnologica. “Con il massimo dell’innovazione si raggiunge il massimo della sostenibilità”, ecco il secondo comandamento. Furono queste le fondamenta della Yoox che nacque da un’idea tanto geniale per quanto semplice: ogni anno restano invenduti milioni di capi dell’alta moda, perché non raccoglierli e venderli online? L’intuizione di Marchetti si trasformò rapidamente in un’attività commerciale vincente che fece da subito una valanga di profitti. Il suo inventore la cedette nel 2018 a più di 5 miliardi di euro. Riuscire a riciclare tanti abiti era inoltre un lavoro altamente ecologico perché la loro distruzione, che veniva così evitata, avrebbe comportato un enorme consumo di energia.
La Task Force verde e il Re
Federico Marchetti grazie all’impegno nella “economia sostenibile” incontrò a Londra l’allora principe del Galles, ne conquistò rapidamente la fiducia e diventò il presidente della sua “Fashion Task Force”, il faro della moda green che univa tecnologia, umanesimo e intelligenza artificiale allo scopo di affrontare una delle più grandi sfide del nostro tempo: la crisi climatica. Lungo questo percorso ha incrociato Brunello Cucinelli. Il rapporto fra i due infatti va ben oltre il mezzo tight disegnato per l’incoronazione dallo stilista umbro. C’è molto di più. Nel 2021 al G7 di Roma l’allora Principe del Galles presentò nella capitale italiana il suo progetto di passaporto digitale di cui dotare i capi della moda verde. Grazie a questo l’acquirente viene informato sulla sostenibilità di ciò che compra (come è prodotto, con quali materiali ecc.). E può decidere se lo considera sufficientemente “etico” e in grado di non turbare gli equilibri climatici. Fu in quell’occasione che il futuro monarca inglese conobbe Brunello Cucinelli, presentatogli da Federico Marchetti. E da lì partì il progetto Himalayan regenerative fashion living lab che vuole recuperare i paesaggi degradati e le abilità artigianali di quello straordinario luogo del mondo. I protagonisti di tale meritevole impegno sono stati invitati più di una volta a Buckingham Palace. Alcuni mesi fa – racconta Marchetti – “io e Brunello incontrammo Carlo III a Palazzo e insieme facemmo un primo bilancio dell’iniziativa, mostrando a Sua Maestà la qualità straordinaria del cachemire prodotto nell’ambito dell’Himalayan regenerative ”.
Il brand umbro non ha attirato le simpatie della Corona britannica solo per aver partecipato a questo progetto, ma anche per l’impegno nel restauro dei monumenti e nella diffusione della cultura, nonché nel miglioramento delle condizioni economiche e di lavoro dei dipendenti: l’ormai famoso “capitalismo umanistico” di Solomeo. Di cui fa parte anche l’intero messaggio della moda green.
Scelta etica e grande business
Cosa comporta scegliere il fashion sostenibile? Come spiega “Le avventure di un innovatore”, questo è uno dei settori più “sporchi”, secondo solo a quello petrolifero. L’inquinamento che causa è altissimo. Tanto per fare qualche numero: il 35 per cento delle microplastiche rintracciabili negli oceani è attribuibile all’uso delle fibre sintetiche e, per produrle, vengono consumati 1.500 miliardi di litri di acqua all’anno in un mondo che ha sete. I micidiali danni all’ambiente potrebbero essere ridotti del 50 per cento applicando adeguate contromisure. Eccone alcune.
1) Usare fibre ecologiche: di origine vegetale (cotone e altro) o animale (lana, cashmire..), non sintetiche, colorandole con procedimenti sostenibili. Cucinelli ha già aderito.
2) Puntare sulla vendita degli abiti usati che spesso sono stati indossati solo una o due volte. Si calcola che questo mercato entro i prossimi cinque anni potrebbe crescere del 15/20 per cento. Tramonterebbe dunque l’edonismo della moda “usa e getta” e si affermerebbe un “consumo più responsabile”. Tutti gli anni poi ci sono milioni di capi dell’alta moda che restano invenduti, ma non è detto che debbano essere distrutti. Possono infatti essere acquistati online a prezzi più ragionevoli. Come ha dimostrato Federico Marchetti col suo Yoox.
3) Abbattere i costi delle sfilate.
4) Riparare e non buttare. Anche in questo la Corona britannica recita un ruolo da protagonista. La Regina Elisabetta mandava ogni anno il suo Barbour a fare il tagliando. L’ultima volta che l’ha inviato, l’azienda l’aveva trovato abbastanza malconcio e gliene aveva inviato uno nuovo. La sovrana però non ne aveva voluto sapere: lo restituì chiedendo che le sistemassero il suo. E tutta la famiglia reale rammenda, ricuce, ricicla: insomma, scarta al minino. Compatibilmente col ruolo, ovviamente. A Solomeo sono specialisti nell’attività di recupero. Nel 2019 hanno “ricondizionato” 2886 capi. Cucinelli ha affermato più volte che “riparare è un’azione non solo pratica, ma etica”. E ha solennizzato il proprio orientamento con un “io tramando non creo” di confuciana memoria.
5) Ultimo comandamento della moda green: conoscenza e comunicazione del come si producono e si commercializzano i capi, attenzione all’artigianato e alle tradizioni del luogo, miglioramento delle condizioni di lavoro, no allo sfruttamento minorile. Cucinelli – come già accennato – lo sta facendo insieme a Re Carlo e ad altri grandi imprenditori del fashion.
I profitti “verdi”
Sono questi alcuni dei percorsi della moda green. Ma le migliori intelligenze del mondo del lusso sono al lavoro per trovarne altri. I brand più famosi “pensano verde”, senza trascurare i fatturati, ovviamente. Anzi, la strada delle buone intenzioni è lastricata anche di grandi profitti. Oggi è un giro di affari di 2.500 miliardi di euro all’anno, ma potrebbe a breve superare i 4mila miliardi. E Solomeo in questo business sta nel gruppo di testa.
Federico Marchetti nella sua autobiografia mette a fuoco le figure di altri due grandissimi imprenditori con i quali ha collaborato e che hanno imboccato il percorso dell’economia circolare.
Il primo è Giorgio Armani, che ha scritto la prefazione del suo libro. Il re incontrastato della moda nazionale è al secondo posto nella classifica degli italiani più ricchi, battuto solo dalla Nutella di Ferrero. Nel programma del suo gruppo figura l’impegno a dimezzare le emissioni di gas serra e a ridurre del 42 per cento quelle derivanti dall’acquisto di beni e servizi, e dal trasporto.
Accanto a questo c’è il recentissimo progetto di “agricoltura rigenerativa” riguardante la Puglia che prevede massicci investimenti. Armani aveva aiutato sin dall’inizio Marchetti. In particolare aveva messo a disposizione di Yoox il suo invenduto, evitando così i costi energetici della distruzione di migliaia di capi.
Il quarto cavaliere del green fashion è Renzo Rosso, fondatore di Diesel: un geniacco che è riuscito a vendere i jeans agli americani che è come piazzare gli igloo sul mercato eschimese. L’imprenditore veneto che marcia verso i due miliardi di fatturato, ha già fatto robusti investimenti per ridurre il consumo d’acqua e ha l’obiettivo di abbatterlo del 90 per cento. Ha già tagliato del 43% l’uso di energia e vuole arrivare a un meno 50 per cento. C’è poi l’impegno verso i disabili e verso il Terzo Mondo. Ha comprato fattorie in Veneto dove possono vivere, lavorare e fare impresa i portatori di handicap. E ha sminato vasti territori in Tanzania e in Mozambico restituendoli ai contadini. Anche lui aiutò con entusiasmo e robuste iniezioni di danaro i progetti del giovane Marchetti.
I quattro cavalieri del green hanno imboccato, pur partendo da esperienze diverse, la strada della sostenibilità senza abbandonare quella del profitto. Un percorso che si fonda su concetti elementari, comprensibili a tutti. Ma “le idee che hanno enormi conseguenze sono idee semplici”, parola di Tolstoj