Salta al contenuto principale

A Foligno è accaduto un preoccupante episodio riportato da più di un giornale. In sostanza è stato negato a due autori di presentare il loro romanzo perché la relatrice era una personalità politica cittadina che ricopre il ruolo di consigliere comunale del centrosinistra. Anna Martellotti – coautrice del libro – ci racconta la vicenda.

di Anna Martellotti
Rita Barbetti l’ho conosciuta nell’estate del 2014: a incrociarci ci condusse il nostro ruolo (lo scrivo enfatizzato perché questa parola assumerà una discreta importanza in questa vicenda): io Delegata del Magnifico Rettore per l’orientamento universitario, lei Assessore nella Giunta Comunale di Foligno con la delega alle politiche scolastiche. La incontrai come andavo incontrando uno a uno tutti gli assessori alla scuola delle principali località umbre: una decina, di collocazioni e provenienze diverse. Non la cercai quindi per la sua appartenenza politica, lei non mi ricevette per la mia.
Incontrai perciò questa squisita professoressa di latino e greco, impegnata nell’amministrazione della cosa pubblica, sorridente e gentile, ma ferma nelle sue convinzioni; infatti discutemmo molto, negli anni successivi, avevamo opinioni abbastanza diverse sull’offerta orientativa per le scuole. Ciò non ci impedì di riconoscerci e di starci simpatiche: coetanee, donne, grande impegno nei reciproci ruoli, comune tenerezza nel raccontarci nipotini vicini e lontani.
Ecco perché, quando si è trattato di costruire una presentazione folignate del romanzo “Le forbici di Atropo” ho pensato a lei; stiamo cercando, io e Mirco Porzi, il coautore del romanzo, di farlo conoscere anche fuori di Perugia. Mirco aveva già indicato come relatrice la giovane Giada, classe 1990, folignate, forte lettrice e book blogger molto attiva e seguita sui social.
Mirco e io siamo, come coautori, in fondo la strana coppia, se non altro perché lui ha trent’anni + IVA e io, se agli anni aggiungo l’IVA, supero i settanta. Ci pareva una bella specularità riprodurre l’asimmetria anche coi relatori. Il romanzo mescola, in un quadro sorprendente innescato da una inventio letteraria, le narrazioni di un mondo contemporaneo e degli Inferi mitologici, popolati daipersonaggi che nel mito lo reggono e lo amministrano, Ade, Persefone, Caronte, Ecate; il mito c’è già nel titolo. E allora chi meglio di un’insegnante di greco, meglio se cittadina conosciuta, per far conoscere il romanzo?
Detto, fatto, nella nostra divisione dei compiti, Mirco contatta il 1 agosto tramite posta elettronica la Biblioteca comunale, sottoponendo la proposta di ospitarvi una presentazione del volume di cui allega la sinossi. Scorrevole come il Topino parte l’iter: la Biblioteca lo ricontatta telefonicamente, si dichiara estremamente interessata a ospitarci, lo invita a una visita per visionare lo spazio proposto e per fornire alla Biblioteca una copia del volume. C’è solo il problema di fissare una data ragionevolmente certa, apparentemente hanno un’agenda piuttosto aleatoria, nella quale prevedono periodi di intensa occupazione, ma senza avere certezze. Per provare a fissare se non una data perlomeno uno spazio temporale entro cui ragionare, chiediamo proprio a Rita Barbetti di mettersi in contatto con la Biblioteca. È a questo punto che la vicenda ha una brusca svolta: una volta resosi chiaro il coinvolgimento di Rita Barbetti, scatta il veto. La direttrice della Biblioteca ricontatta telefonicamente Mirco, per comunicargli l’impossibilità di far presentare un romanzo a Rita Barbetti in uno spazio comunale. Alla richiesta di una motivazione, la Direttrice farfuglia uno straordinario nonsense: la ragione del veto non ha nulla a che fare con la politica bensì attiene al ruolo svolto oggi e in passato dalla professoressa Barbetti. Chiosa l’incredibile sentenza con l’ulteriore piroetta: ”è inopportuno che qualsiasi politico, di qualsiasi colore, presenti un libro in uno spazio comunale”. Un argomentare di gruyère, perché se non c’entra la politica, non si vede a quale ruolo ci si riferisca nel vietare la Sala del Camino a Rita Barbetti.
Verrebbe da parafrasare: Io sono Rita, sono italiana, sono folignate, sono una donna, sono una nonna, sono una consigliera comunale d’opposizione, sono una professoressa di Latino e Greco in pensione…
Epperò qualche considerazione questa invereconda vicenda la induce inevitabilmente. In primo luogo, data l’insistenza sul ruolo con cui la Direttrice ha liquidato la faccenda, c’è da interrogarsi, e molto, anche sul suo, di ruolo. Dei ruoli infatti bisogna essere all’altezza; ammesso che si sia liberi di esercitarli in autonomia. Perché, se a pensar male si fa peccato, è peccaminosamente inevitabile coniugare tanta foga interdittoria con le attivissime modalità con le quali Rita Barbetti esercita in Consiglio comunale il suo ruolo di consigliere d’opposizione.
Non voglio gridare al fascismo un giorno sì e l’altro pure, ma come definire un simile comportamento?
Nella nostra Italietta assopita, la prepotenza ormai si esercita comodamente così. Negando un accesso senza nemmeno fornire un perché. Pare di sentirle, le sfere superiori di questa Direttrice, che per comando ci deve mettere la faccia: Lo faccio perché posso farlo, perché ho il potere di farlo. Ma, anche a Foligno, i vestiti nuovi dell’imperatore non ne coprono le nudità: se una motivazione deve arricchirsi del prefisso pseudo, e ciononostante rimane comunque risibile, è perché la motivazione vera è inconfessabile; se chi la fornisce s’affanna a ammantarla di sillogismi contraddittori, e ciononostante la presenta mal confezionata, è perché di quella vera ci si vergogna e si preferisce rigare gli specchi piuttosto che ammettere la lapalissiana verità.
Quale sarà l’epilogo di questa vicenda? Io e Mirco contiamo ancora di presentare il libro a Foligno, abbiamo piani B, C, …, Z; ci stiamo lavorando, con una certezza: non ci sarà retromarcia, a presentare con noi il libro a Foligno saranno Giada e Rita. E se non funzionerà nemmeno il piano zeta, pazienza; rimarrà impresso in esergo virtuale che il nostro innocuo romanzo, a Foligno, s’è trasformato invece in emblema del rifiuto dei ricatti autoritari. Mica poco.