di Sud
Cuscus, Kebab, Hummus, Falafel, Baba Ganush, Tabbouleh, Baklava… Chi non ha mai assaggiato (o almeno sentito nominare) una di queste ricette mediorientali? Non per questo possiamo dire di conoscere quella antica e nobile cucina. Così come aver mangiato un piatto di spaghetti alla bolognese o alla carbonara, due involtini primavera e un riso alla cantonese non ammette nel circolo degli esperti di cucina italiana o cinese.
La cucina mediorientale vive molto di profumi e di atmosfera. Purtroppo non bastano la buona volontà, tanti denari, un buon designer e un buon cuoco per ricreare a Porta Ticinese i profumi e le atmosfere del suq di Khan el-Khalili al Cairo o della Via Recta di Damasco. Avendo tempo (e coraggio) bisognerebbe viverci mesi, in quei luoghi, per poterli conoscere a fondo. O si può ricorrere a un buon succedaneo: la letteratura. Tahar Ben Jelloun, Nagib Mahfuz, Kahled Hosseini, sono solo i primi nomi che vengono incontro a chi si avvicina alla ricchissima letteratura mediorientale. Uno sguardo diverso su quel mondo, altrettanto interessante benché (o forse anche perché) fuori dalle mode, viene da una scrittrice italiana: Fausta Cialente. Stabilitasi nel 1921 ad Alessandria d’Egitto, divenne alla fine degli anni ’30 un punto di riferimento per gli antifascisti italiani.
Vinse lo Strega nel 1976 (a 78 anni) con Le quattro ragazze Wieselberger, preceduto da una serie di romanzi di ambientazione mediorientale, tra cui spicca Ballata levantina, pubblicato nel 1961 da Feltrinelli con, in appendice, un glossario ricco di termini culinari. Uno di questi è il Meze, la tipica guantiera di antipasti, da mettere in condivisione al centro della tavola. «Un invito ad assaporare la vita» (esagerati!), come si legge sul sito del Meze Delights, scicchissimo ristorante libanomilanese.