di Gabriella Mecucci
La scelta fatta dalle primarie del Pd non è di poco conto, né di ordinaria amministrazione. E’ una svolta radicale che potrebbe cambiare, anzi già sta cambiando la natura stessa di quel partito. Prima di tutto però va chiarito che il milione e centomila elettori recatesi alle urne non rappresentano un numero straordinario né tantomeno un record. Circa quattro anni fa Zingaretti ne totalizzò un milione e quattrocentomila. Per non parlare dei 4 milioni di Veltroni.
La ragione fondamentale del successo di Elly Schlein va ricercata nel fatto che è un volto nuovo, giovane e di provata fede antirenziana. Al “popolo democratico” – fiaccato e arrabbiato per le sconfitte – è stata fornita una candidata che rompeva con tutte le tradizioni che erano confluite nel Pd, una ragazza nuova di zecca. Schlein infatti non è democristiana di sinistra, non è comunista e men che meno socialdemocratica. Somiglia un po’ ai radical americani, un po’ – ma solo un po’ – a Melanchon con una spolveratina di “verdi” alla tedesca. Un mix difficile da amalgamare e che potrebbe portare, dopo qualche giravolta, alla creazione di un partito radicale di massa. Durante la campagna delle primarie, lo strano intreccio ideologico ha funzionato perché è riuscito a convincere gli arrabbiati del partito che la loro voce sarebbe stata finalmente ascoltata; che il Pd, rinnovandosi completamente, sarebbe approdato sulla riva più a sinistra– qualunque cosa significhi oggi essere di sinistra, mentre in realtà garantiva il potere di tanti eterni dirigenti: Zingaretti, Bettini, Franceschini e via elencando. La supernuova appoggiata dai supernavigati. Passando da paradosso a paradosso, il risultato delle primarie consacra inoltre segretaria una militante senza tessera, che i tesserati del partito non volevano che diventasse segretaria preferendogli Bonaccini.
Ora però Schlein è alla prova della politica: finito il tempo della propaganda, cosa farà? Scieglierà, come è sembrato sin qui, una linea “pacifista”, con più di una sfumatura anti Biden, e si collocherà, in politica estera, vicina a Conte e ai suoi Cinquestelle? Una simile strategia si dovrebbe misurare da subito con la guerra in Ucraina e segnerebbe una rottura con quella decisamente “occidentale” di Letta. Ma, così facendo, Schlein si allontanerebbe anche da un pezzo importante del suo partito e del suo elettorato, nonché da Calenda. Le scissioni, come è noto, avvengono spesso sulle grandi questioni internazionali: potrebbe succedere anche al Pd? Non si può escludere.
Altra questione dirimente è l’atteggiamento verso i temi della politica economica e del welfare. Schlein difenderà il reddito di cittadinanza e il bonus 110? Se lo farà finirà a braccetto coi grillini e distante da Calenda-Renzi. E ancora: ripresenterà la legge Zan e altri provvedimenti di quella natura? Su questo argomento le difficoltà saranno con i cattolici e con i riformisti.
Insomma, se Schlein sarà coerente con le cose che ha promesso compirà una svolta radicale con relative ripercussioni interne. E tutto questo avrà importanti ricadute anche a livello regionale. Innanzitutto negli equilibri del partito: la neo segretaria ha preso in Umbria il 51per cento. I dirigenti locali che escono vincenti dalle primarie sono quelli che l’hanno appoggiata. E cioè: Marina Sereni, Camilla Laureti, Giampiero Rasimelli, Sara Bistocchi e via elencando. Gli sconfitti sono parecchi: a partire dal segretario regionale Tommaso Bori, passando per i tanti sindaci del Pd e per tutti i consiglieri regionali. Ascani e Verini daranno, come sempre, una mano al vincitore in nome dell’unità del partito.
Come e quanto tutto questo peserà sulle prossime amministrative di maggio? E, soprattutto, che succederà nella corsa alle candidature a sindaco di Perugia e a Presidente della Regione? Quasi certamente renderà più complicata l’alleanza coi riformisti: civici, calendiani, renziani, mentre la via privilegiata potrebbe essere quella di un più stretto rapporto coi 5Stelle. Un percorso che probabilmente non sarebbe vincente. Ma, prima di decidere su questo, ne passerà di acqua sotto i ponti. E i ponti della sinistra hanno retto in passato anche ai bruschi cambiamenti di rotta. Ce la faranno anche questa volta?