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di Lucio Caporizzi

Le elezioni del prossimo 25 settembre vengono a cadere in un periodo particolare per il nostro Paese, sia per dinamiche interne, sia per la delicatezza del quadro generale di riferimento. Non è un mistero che a livello internazionale, si stia, da ormai 15 anni, di fatto passando da una crisi all’altra, di natura economico-finanziaria, sanitaria, politico-militare. L’Italia, tutto sommato, non se l’è cavata malissimo, in questi frangenti, dimostrando ancora una volta una resilienza e capacità di ripresa che hanno portato, nel 2021 e nell’anno in corso, ad una ripresa del Pil tra le più forti a livello continentale. A questo risultato ha contribuito la politica monetaria “accomodante” della BCE, che, comprando titoli del debito pubblico italiano sul mercato secondario, ha evitato impennate dei rendimenti che avrebbero creato non pochi problemi.
Nelle criticità cui si accennava sopra rientra, però, anche il venir meno del Quantitative Easing. Non che scompaia del tutto la rete di protezione anti-spread di Francoforte, ma il nuovo strumento messo in campo – il Transmission Protection Instrument (TPI) – presenta caratteristiche diverse, che chiamano ad una più attenta politica fiscale e di bilancio da parte degli Stati membri, mancando la quale la BCE non assicurerebbe più il proprio sostegno, con tutte le conseguenze del caso.
Se aggiungiamo le tensioni a livello internazionale, dall’Europa orientale all’Indo-Pacifico, abbiamo un quadro che giustifica pienamente la valutazione in merito alla delicatezza del periodo in cui le elezioni vanno a cadere e, conseguentemente, le criticità che il nuovo Governo si troverà ad affrontare.
Cosa propongono agli elettori, quindi, le forze politiche che chiedono il voto agli italiani?
Come spesso accade nelle campagne elettorali, la comunicazione politica si esprime con diverse modalità. Abbiamo l’approccio più immediato, fatto di parole d’ordine, slogan, proposte buttate lì nei talk show e nelle interviste e abbiamo i programmi elettorali, più o meno articolati e ponderati e, probabilmente proprio per questa ragione, meno letti. I programmi vanno comunque interpretati, ma, attendibili o no, è ad essi che occorre rifarsi per valutare se le proposte siano convincenti o no.
A dispetto dei proclami e degli slogan, vediamo che i programmi dei diversi partiti presentano diversi punti in comune. Tutte le principali forze politiche, per esempio, confermano la loro piena adesione all’alleanza atlantica ed all’Unione europea e tutte vogliono una UE più orientata allo sviluppo e meno all’austerità. Altro aspetto comune ai vari programmi è il promettere sgravi fiscali, riduzioni di aliquote, incentivi e sostegni vari, il tutto senza indicare la copertura di tali manovre. Questa “noncuranza” raggiunge la massima intensità nel programma del Centro-destra, mentre in quello del Pd abbiamo qualche accenno alle coperture delle spese aggiuntive previste, come nel caso della dote per i giovani, da finanziare tassando le donazioni e successioni tra vivi per importi superiori ai 5 milioni.
Ovviamente abbiamo anche le differenze, come, per esempio, nel cruciale campo della giustizia, dove le preoccupazioni del centro destra – ma anche del Pd – per una giustizia più efficiente, meno lenta e più attenta alle reali esigenze della comunità non trovano spazio nel Programma del Movimento 5 Stelle, per il quale i tempi biblici dei processi italiani non costituiscono un problema, se non che per la prescrizione.
Delle tante aree tematiche, nell’impossibilità, in questa sede, di trattarle tutte, vale la pena soffermarsi sui due fondamentali temi del fisco, da un lato, e della transizione energetica, con relativo aggancio al PNRR, il tutto con particolare riguardo a quanto proposto dal centro-destra, coalizione che, secondo tutte le previsioni, dovrebbe risultare vincente nella competizione elettorale.
Riguardo al fisco, il centro-destra punta su 3 proposte: eliminazione o, comunque, forte riduzione della progressività dell’Irpef tramite la istituzione di una flat tax, cioè di un’aliquota unica quali che siano i livelli di reddito; pace (o tregua) fiscale; elevazione del limite all’uso del contante. In particolare, per la flat tax, il programma “Per l’Italia” prevede: “Estensione della flat tax per le partite IVA fino a 100mila euro di fatturato, flat tax su incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti, con la prospettiva di ulteriore ampliamento per famiglie ed imprese”. Dunque abbiamo una previsione puntuale, quella per gli autonomi, seguita da misure espresse in modo ancora generico, gli incrementi di reddito, o demandata ad un futuro non meglio precisato, l’ampliamento alle famiglie (ma perché, i lavoratori autonomi non hanno famiglia…?).
Con riferimento alle partite IVA, si tratterebbe di un’ulteriore espansione del limite del regime di tassazione forfettaria, già elevato a 65.000 euro dal primo Governo Conte con la legge di bilancio 2019, applicando al reddito imponibile così delimitato un’aliquota fissa del 15%.
Tale misura aveva già determinato una forte violazione nell’equità orizzontale tra contribuenti: su 40.000 euro di reddito, per esempio, un lavoratore dipendente si trova a pagare circa 5.000 euro in più di Irpef rispetto ad un lavoratore autonomo. L’estensione a 100mila euro prevista nel programma del Centro-destra, se attuata, porterà ad un aumento di questa sperequazione, al punto che, a questo livello di reddito, il carico fiscale su un lavoratore dipendente sarebbe di oltre il doppio rispetto ad un autonomo.
Se si considera che, già ora, i redditi da lavoro dipendente e assimilati rappresentano da soli l’84% della base imponibile Irpef e che, da stime ufficiali, i redditi da lavoro autonomo risultano evasi al 68%, in caso di attuazione di tale misura, si possono con buona probabilità svolgere le seguenti previsioni:
La prima è che l’imposizione diretta, in Italia, diventerà ancor più una “questione” di competenza quasi esclusiva dei lavoratori dipendenti e assimilati (i quali forse non ne sono propriamente felici).
La seconda è che i proclami di applicazione della flat tax si limiteranno – in sede attuativa – a questo ulteriore “sconto” a favore delle partite IVA, visto che, per quanto sopra richiamato, in tal caso il costo per l’erario in termini di riduzione di gettito risulterebbe molto meno oneroso rispetto ad un’applicazione anche al lavoro dipendente.
Quanto alla flat tax sugli incrementi di reddito, è difficile valutare tale proposta in assenza di elementi più precisi ma, certo, la prima osservazione che viene è che, in tal modo, si avrebbe addirittura una imposizione fiscale di tipo regressivo.
Il tema della transizione energetica è, come noto, uno dei pilastri del PNRR. Tale fondamentale tema si confronta, in questi mesi, con due fenomeni di grande portata ed a tutti ben visibili e da tutti ben avvertiti.
Da un lato abbiamo l’insorgere del tema della sicurezza energetica, con le impennate dei prezzi di gas e petrolio e le preoccupazioni per le relative forniture – in particolare per il gas – a seguito della guerra provocata dall’aggressione russa all’Ucraina.
Dall’altro abbiamo vissuto un’estate caratterizzata, da temperature altissime e siccità estrema, che ha fatto seguito ad una eccezionale scarsità di precipitazioni anche nel periodo invernale, siccità seguita, in molti luoghi, da eventi meteo particolarmente violenti, con vittime e danni.
Se, quindi, l’emergenza gas tende a porre in primo piano i temi della sicurezza energetica, le ondate di calore sempre più frequenti e durature e la siccità ci ricordano che quello della transizione verde e, più in generale, il tema del contrasto dei cambiamenti climatici e della mitigazione dei relativi effetti restano una priorità, se si vogliono evitare conseguenze ben più disastrosa sulla nostra vita, sull’ambiente dove viviamo e sulla nostra economia.
Punto qualificante dei programmi elettorali dovrebbero quindi essere le proposte tese a conciliare le esigenze della sicurezza energetica con quelle della transizione ecologica, compito, questo, non facile, ma ineludibile e che non può essere affrontato con scorciatoie e approcci semplicistici e riduttivi.
Il programma del Centro-destra dedica abbastanza spazio a questi temi, ribadendo gli obiettivi della transizione energetica, qualificata, però, come “sostenibile” ed in questo aggettivo può nascondersi, invece, un’intenzione più o meno fortemente revisionista del percorso della transizione energetica. È infatti evidente che contrastare il cambiamento climatico e adattarsi ad esso comporta dei sacrifici e dei costi, costi che probabilmente saranno superati dai benefici, anche in termini più propriamente economico-produttivi. A livello europeo, non a caso, è stato predisposto uno strumento, con relative risorse – il Just Transition Fund – proprio per accompagnare questi processi di transizione e riconversione produttiva.
Dipende, quindi, cosa si intende con “transizione sostenibile”.
Il fatto che, sempre nel programma “Per l’Italia”, si intenda avviare una revisione del PNRR, fa pensare ad uno sbilanciamento verso le esigenze della sicurezza energetica, esigenze sacrosante, ovviamente, ma che non dovrebbero, se non nel breve termine, portare ad un forte rallentamento del percorso di transizione ecologica. Questo senza considerare il rischio che correrebbe il Paese nell’imbarcarsi in una procedura di revisione del Piano, di cui non si possono con certezza prevedere gli esiti, ma che, con grande probabilità, porterebbe ad un rallentamento dell’attuazione del Piano stesso, in una fase delicata, dove non tutti i traguardi previsti vengono raggiunti nei tempi e dove si deve passare alla “messa a terra” degli interventi, attività questa in corso anche in Umbria.
In un suo discorso, Giorgia Meloni si lamentava del fatto che il principale strumento a disposizione del Paese, cioè il PNRR, dedicasse così tante risorse alla transizione energetica, elencando le tante sfide e criticità, dalla pandemia alla guerra ai rincari delle materie prime all’emergenza energetica, che necessitano di risposte e, quindi, risorse.
Tutte problematiche di grande portata, vero, ma in quell’elenco di “guai” la leader di FdI forse ha dimenticato la terribile sfida dei cambiamenti climatici, dimenticanza poco comprensibile, in un’estate come questa!