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di Sud

Luigi Settembrini, per i più, è solo il nome di una via; solitamente situata nelle vicinanze delle piazze o dei viali dedicati a Mazzini, Garibaldi o Cavour. Questo particolare forse ce lo fa riconoscere come uno dei tanti patrioti risorgimentali. E qualcuno forse ricorderà anche qualche episodio della sua vita avventurosa, la condanna a morte commutata in ergastolo, il carcere duro, la deportazione in Argentina, il dirottamento della nave, e roba simile.

Ma Settembrini fu soprattutto un letterato. In carcere tradusse i dialoghi di Luciano e scrisse un romanzo sui neoplatonici, senza tacere, cosa che fece scandalo, della loro omosessualità. Dopo l’unità d’Italia insegnò letteratura all’Università di Bologna e a quella di Napoli. Le sue Lezioni di letteratura italiana, severamente giudicate dai critici positivisti, furono poi rivalutate da De Sanctis e Croce per la loro forza artistica, morale e politica.

Qualità che trovano la loro sintesi nella sua opera più significativa (e ancora oggi godibilissima): le Ricordanze della mia vita, scritta in carcere e pubblicata postuma da De Sanctis nel 1879. Uno dei passi più piacevoli è quello dedicato al mercato napoletano della vigilia di Natale: «Nelle piazze le cose da mangiare stanno gettate a cataste e a montagne; i venditori mettono in mostra tutto quello che hanno e si sgolano a gridare».

Tra questi i pescivendoli, che «attaccano una figura di san Pasquale alla sporta del pesce, e con la mano levando in alto un capitone lo mostrano a tutti e gridano come ossessi». Il pesce serpente, simbolo della ciclicità del tempo in Grecia e tra gli gnostici, diventa col cattolicesimo emblema del male e, come tale, entra nel rito natalizio. Ancora rigorosamente vivo, deve essere tagliato a pezzi, infarinato e fritto nell’olio bollente.

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