di Walter Patalocco
Chiunque senta parlare male della propria città non può non sentirsi in qualche modo ferito. Un ternano di Terni non ne può più di sentire esprimere giudizi superficiali o sopportare le smargiassate di certi personaggi, così come sta accadendo un po’ troppo spesso negli ultimi tempi.
Mario Tozzi, il geologo, a Terni per presentare un suo libro nell’ambito di Umbria Libri, l’ha definita “orribile” e senza identità, ora che ha perduto la connotazione operaia. Qualcuno nei giorni successivi alla sua esternazione ha informato Tozzi, tramite messaggi social, di alcuni fatti e circostanze spiegandogli che forse era stato un po’ troppo avventato, “qualunquista” si sarebbe detto anni addietro, allacciato allo stereotipo del romano che non appena mette piede fuori della Capitale pensa di trovare gente con le ciocie e la sveglia sul petto. Peccato, perché chi si presenta col piglio dell’accademico difficilmente procede per sensazioni, ma di solito verifica. A meno che non si sia fidato ciecamente del giudizio identico espresso tempo addietro da Adriano Galliani. Un po’ di “faciloneria”, diciamo.
Eppure c’erano alcuni a Terni che non vedevano l’ora di sentire cosa avrebbe spiegato Tozzi nel corso dell’incontro in biblioteca , mettendogli in mano le chiavi della città ancor prima che lui ci mettesse il naso.
Non è del tutto inutile ricordare che – bene o male – Terni ha trovato in varie occasioni della sua storia la forza e l’orgoglio di risollevarsi da brutte batoste. Come accadde, per dirne una tra le più recenti, dopo la Seconda Guerra Mondiale quando da un cumulo di macerie nacque la città “orribile” di oggi, e crebbe in fretta badando prima di tutto al sodo – cercando cioè di dotare di un’abitazione coloro che se l’erano vista distrutta dalle bombe anglo-americane – e poi strizzando l’occhio alla bellezza. E non è un caso se gli studenti delle università di mezza Europa visitano a Terni le architetture di Mario Ridolfi, Wolfgang Frankl, Carlo Aymonino, Giancarlo De Carlo, Paolo Portoghesi.
Non sono, però, i giudizi di Tozzi, il problema. La domanda è invece: quell’orgoglio, quella forza di volontà, quella dignità di settant’anni fa, dove sono finiti?
“Bella domanda!”, si direbbe. A Terni sembra sufficiente che capiti uno qualsiasi a sbandierare grandi capacità manageriali, grandi capacità finanziarie, grande determinazione, grande progettualità e c’è chi è pronto – ancor prima di verificare se quel che afferma è vero – a seguirlo, osannarlo, ringraziarlo perché finalmente c’è qualcuno che fa “quarchi cosa”. Sollevazioni, per esempio, non si sono registrate quando il presidente della Ternana, Stefano Bandecchi, ha detto ai ternani che sono pecoroni, che si fanno mettere i piedi in testa dai perugini, cavalcando la tigre del vittimismo e del campanilismo più negativo, oltretutto dimenticando che da’ del pecorone anche a sé stesso, visto che a Terni uno così lo hanno fatto cittadino onorario.
L’importante è trovare un alibi e trovare chi decidendo per noi, seppur arrogante e smargiasso, ci rende la vita più comoda: inutile stare tanto e scervellarsi, a studiare, a progettare, inventare, osare e magari sbagliare, ma provarci. Più semplice per tanti ternani (ma non tutti) invece di ammettere le proprie sconfitte prendersela con gli altri, con i prepotenti, con coloro che hanno santi in casa e in paradiso. Con Perugia, appunto, intesa come centro di potere. Non è, va detto tutto, completamente campato in aria il concetto di un accentramento, la occorre azzeccare il modo di contrastarlo che nn può essere quello delle barricate o del “capitano di ventura” che conduce le armate sotto le mura dell’acropoli.
“Ma gliela farà vedere lui a questi che non vogliono fargli fare la clinica privata e a Perugia ce n’hanno cinque”, è il ragionamento più che riduttivo che si sente. E c’è chi già si dichiara pronto a sostenere Stefano Bandecchi candidato sindaco di Terni. Una candidatura già presentata ufficialmente con Alternativa Popolare, cui è stato a sentir lui praticamente costretto perché lui è semplicemente il migliore.
Strano che tra coloro che sperano nelle regalie del presidente rossoverde, nella sua crociata contro la Regione e Perugia matrigne, ci siano anche molti che vedrebbero bene sindaco di Terni un candidato che parla col “dindolo” come Enrico Melasecche. Ma si sa: la vita è fatta anche di tante contraddizioni.
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