di Sud
I vegani sono in costante aumento in tutto l’Occidente, e per buone ragioni. L’industria della carne, del latte e delle uova, produce gas serra, consuma acqua, terreno e cibo, incrementa il divario sociale, procura sofferenza agli animali. Sono ragioni che dovrebbero spingere chiunque a un consumo diverso e sostenibile, visto che anche la filiera ortofrutticola non è esente da storture.
Un altro argomento a favore della cucina vegana (benché meno forte degli altri) riguarda la gastronomia. La rinuncia alla carne, al latte e alle uova ha fatto scoprire (o riscoprire) una vasta gamma di ingredienti e combinazioni di sapori, incoraggiando la creatività. Sono lontani gli anni dei localini “bio”, con le loro insapori e incolori zuppe “integrali”. Ogni chef che si rispetti ha oggi i suoi piatti vegani, belli e gustosi.
Un’interessante ricetta (magari, come si dice oggi, da “rivisitare”) è nell’Eredità della priora di Carlo Alianello. Uno scrittore strano e oggi quasi dimenticato. Un cattolico reazionario e filoborbonico, nemico della storia e del progresso, che una serie di coincidenze avvicinò al mondo della “sinistra feltrinelliana”. Il romanzo, uscito nel 1963, fu sceneggiato per la RAI da Anton Giulio Majano, con Alida Valli come priora e Brigante se more di Eugenio Bennato come sigla di testa.
La ricetta è di un personaggio del romanzo, Fra’ Anastasio, dell’Ordine dei minimi fondato da Francesco di Paola, la cui regola impone, oltre ai voti di povertà, obbedienza e castità, quello di vita quaresimale, con astinenza da alimenti di origine animale. Il frate, che si è già fatto fuori un piatto di ricchietelle (orecchiette) e uno di acci (sedani) con la panzanella, comanda all’oste in difficoltà: «famme ’na frittata di patate, senza ova, e miettece rinto tutto chello ca tieni e nun è carne e nun è ova e nun è latte e nun è butirro e nun è cacio».