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Iniziamo una rubrica che parlerà di cucina e non solo. Forniremo ai lettori gustose ricette corredate da qualche riferimento letterario

di Sud

Intorno al ragù alla napoletana, ai suoi ingredienti e alla sua lentissima e prolungata cottura, si è costruita nel tempo una ritualità che ha ispirato la letteratura e il cinema. Lo hanno immortalato soprattutto due scene memorabili del Padrino di Coppola e di Quei bravi ragazzi di Scorsese.
La prima si svolge in casa di Don Vito Corleone. La sua “famiglia” (parenti e accoliti) è riunita, e Clemenza, uno dei capibastone, mostra al giovane Michael Corleone (futuro Padrino) come si prepara il ragù.
«Si comincia co nu poc’ d’uogl’, ci friggi nu spicchio d’aglio…poi ci aggiungi tomato e anche un poco di conserva. Friggi e attento che non si attacca…quando tutto bolle ci cali dentro sasicc’ e purpett, nu schizz’ ‘e vino e nù pucurill’ ‘e zucchero».
In Quei bravi ragazzi le scene in realtà sono due. La prima si svolge in prigione, dove per cena «c’era sempre un primo di pasta». Il boss Paulie prepara il ragù e, con una lametta, affetta l’aglio «così sottile che si scioglieva nella padella con pochissimo olio».
La seconda si svolge in casa di Vinnie, il protagonista. È una giornata movimentatissima; ma il ragù lo deve preparare lui (anche se poi a mescolarlo per tutto il giorno ci penserà il fratello disabile). La ricetta è semplice: «tre varietà di carne, vitello, manzo e maiale…tre cipolle piccole e due barattoli di pomodoro da un chilo».
I gastrofilologi avranno certamente notato qualche svarione rispetto alla ricetta tradizionale, come le polpette nel ragù di Clemenza. C’è da dire peraltro che gli spaghetti with meatballs, creazione tutta italoamericana, connotano ormai in tutto il mondo la cucina italiana. Non è uno svarione lo zucchero, che va sempre aggiunto, a meno che non si disponga di pomodori campani o pugliesi maturati al sole d’agosto.
Chi volesse la ricetta originale (con tutte le ritualità della preparazione) può prendere quella di Eduardo De Filippo in Sabato, Domenica e lunedì (che potete leggere in calce). Al grande drammaturgo dobbiamo anche la poesia che dà il titolo a questo pezzo, dove, invece di un ragù cucinato «comm’ ‘o ffaceva sulo mammà», la moglie gli propina una volgare «carne c’ ‘a pummarola».
Ecco la ricetta di Eduardo
ROSA Adesso mi vuoi insegnare come si fa il ragù? Più ce ne metti di cipolla più aromatico e sostanzioso viene il sugo. Tutto il segreto sta nel farla soffriggere a fuoco lento. Quando soffrigge lentamente, la cipolla si consuma fino a creare intorno al pezzo di carne una specie di crosta nera; via via che ci si versa sopra il quantitativo necessario di vino bianco, la crosta si scioglie e si ottiene così quella sostanza dorata e caramellosa che si amalgama con la conserva di pomodoro e si ottiene quella salsa densa e compatta che diventa di un colore palissandro scuro quando il vero ragù è riuscito alla perfezione.
VIRGINIA Ma ci vuole troppo tempo. A casa mia facciamo soffriggere un poco di cipolla, poi ci mettiamo dentro pomodoro e carne e cuoce tutto assieme.
ROSA E viene carne bollita col pomodoro e la cipolla. La buonanima di mia madre diceva che per fare il ragù ci voleva la pazienza di Giobbe. Il sabato sera si metteva in cucina con la cucchiaia in mano, e non si muoveva da vicino alla casseruola nemmeno se l’uccidevano. Lei usava o il «tiano» di terracotta o la casseruola di rame. L’alluminio non esisteva proprio. Quando il sugo si era ristretto come diceva lei, toglieva dalla casseruola il pezzo di carne di «annecchia» e lo metteva in una sperlunga come si mette un neonato nella «connola», poi situava la cucchiaia di legno sulla casseruola, in modo che il coperchio rimaneva un poco sollevato, e allora se ne andava a letto, quando il sugo aveva peppiato per quattro o cinque ore.