di Laura Dalla Ragione*
Quando i giovani hanno freddo tutta l’umanità batte i denti (George Bernanos)
Che cosa è successo nella mente del ragazzo di Perugia che si è suicidato in diretta chat a 19 anni e nell’altro di 18 anni che lo ha istigato? Come riusciranno i genitori di ambedue, di chi ha perduto un figlio fisicamente e di chi lo ha perso emotivamente, a sopportare un dolore cosi atroce? Non c’è via di fuga, nè spiegazione di fronte a questo naufragio degli affetti, a questa banalità del male, a questa terra di nessuno dove non esiste confine etico ed emotivo. Ogni domanda è una crepa che si apre nel nostro mondo di adulti, che ci interroga sulla natura del male, sulla deriva educativa che si mostra in tutta la sua intensità, sul nostro non avere capito, nel nostro non avere visto.
CASO PROSPERO, OVVERO LA MORTE CHE DIVENTA VIRTUALE
Certo ci daremo mille spiegazioni sul pericolo dei social, che alla fine sono solo lo specchio della solitudine immensa in cui i ragazzi vivono ogni giorno, e il primo scenario che si delinea è sempre il solito, lo scandalo di sentirsi raccontare una storia dove sembrano delineate le vittime e i colpevoli. La prima reazione, la più emotiva e anche la più semplice, è nel rintracciare l’ingranaggio rotto, un nemico esterno, nel pensarci assediati da un mondo che ha perso i connotati di umanità e cercare di proteggersi dal disordine, dal non senso, dal dolore, che questa realtà produce.
E i genitori, gli educatori e in generale il mondo degli adulti, si domandano perché non sono stati in grado di proteggere i loro figli, dal male più grande e rischioso, quel male di vivere, che si annida dentro ognuno di noi e che dobbiamo continuamente contrastare. Mai poi, ponendosi le domande giuste, quelle vere, le più dolorose, ci si accorge che le cose stanno in modo diverso e ci interrogano diversamente. Succede che la condizione giovanile diventi oggetto di attenzione solamente nel momento in cui accade una rottura o sul piano patologico o sociale: ci si interroga nel momento in cui si drogano, in cui prendono strade sbagliate, in cui si fanno del male, in cui si suicidano. Un’interrogazione sempre estranea, lontana dalle loro vite, uno sguardo da entomologo che osserva forme di vita lontane da sé. Li guardiamo come fossero estranei, diversi da noi. L’ultimo rapporto Censis 2024 fotografa una popolazione giovanile piena di problemi psicologici, insicurezze, paure. In particolare nella fascia più colpita, più della metà degli intervistati si sente fragile, il 56% sperimenta sentimenti di solitudine e il 70% ha bisogno di essere rassicurato. Ma come mai abbiamo cercato di costruire un mondo per i giovani e gli adolescenti che avrebbe dovuto renderli i più felici di sempre, e invece sono la generazione più infelice di sempre? E per questo che anche se vediamo i nostri ragazzi cosi sicuri di sé, che si muovono nel mondo, viaggiano, comunicano, apparentemente molto di più delle precedenti generazioni, in realtà sono molto più insicuri e fragili di quanto non lo fossero i loro coetanei trent’anni fa. Hanno un grande terrore del giudizio degli altri, siano essi il gruppo dei pari o gli adulti di riferimento e sperimentano ogni momento la paura di non essere all’altezza del mondo.
Ma “devono essere felici” e questa sorta di condanna alla felicità sembra essere diventata condizione sufficiente a garantire il senso e il significato della propria vita, pietra angolare su cui misurare la propria esistenza: se il risultato è felice, la vita è assolta, quindi giusta. Di contro, se il risultato è infelice, la vita è sbagliata, quindi non salva.
Ecco dunque che non ci sono ingranaggi rotti, ragazzi sbagliati, ma solo solitudini immense, come i ragazzi protagonisti di questa tragedia, che non sono stati accolti e visti dal mondo degli adulti intorno a loro. Eppure sarebbe bello pensarli in un mondo condiviso, fatto di parole comuni, degli stessi sogni e delle stesse paure. I giovani siamo noi, sono quello che siamo stati e soprattutto sono il riflesso di dove abbiamo abdicato, laddove abbiamo indietreggiato, loro sono lì a indicarcelo.
*psichiatra e psicoterapeuta