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di Gabriella Mecucci

Stenta a riprendere il dibattito politico. Sarà per il gran caldo dell’estate, ma partiti e movimenti locali si avvicinano all’autunno col motore imballato. Eppure presto dovrebbero emergere le candidature per i Comuni – Perugia su tutti – e per la Regione. La scadenza è vicina ma per il momento si intuiscono solo scontri sotterranei. In realtà la politica è come se dormisse un sonno agitato.
In superficie si muovono iniziative come il Consiglio grande sulla Sanità in una sala dei Notari gremita. Tanta gente e denunce dei cittadini su tutto quello che non va – ed è tanto. Ma per l’assessore Luca Coletto invece le cose funzionano bene. Un dialogo fra sordi. La sensazione è che l’incontro sia servito a ben poco. E pensare che in un passato ormai lontano quella umbra veniva considerata una delle migliori sanità d’Italia. Lontani, nostalgici ricordi.
In una sala della Vaccara gremita si è svolto l’incontro col duo Luigi Marattin – Enrico Costa. Uno di Italia Viva, l’altro di Azione impegnati a ricucire il Terzo polo. Bravi, competenti, ma peccato che a Roma Calenda proclami che lui con Renzi ha chiuso per sempre. E così i due eccellenti parlamentari sembrano – come dice un detto popolare – raccogliere l’acqua col canestro.
A inizio settembre poi c’era stata la “quattro giorni” di Progetto Perugia – la super votata lista civica di centrodestra. L’iniziativa ha avuto qua e là spunti interessanti e i suoi esponenti si erano meritevolmente mossi per evitare la colata di cemento di un nuovo stadio al Pian di Massiano. Il bilancio della seconda sindacatura Romizi è e resta quello di una semi paralisi di idee, di progetti, e soprattutto di capacità di governo: dopo dieci anni, Perugia appare una città in declino. Se non fosse per Cucinelli superstar, per la bella Umbria Jazz messa in campo da Pagnotta e per l’intelligente e proficuo lavoro legato al centenario di Perugino, del capoluogo umbro nessuno si accorgerebbe più. Eventi importanti questi, ma certo non sufficienti, in cui peraltro gli amministratori locali hanno avuto nell’insieme un ruolo marginale. Tra poco poi se ne andrà Marco Pierini, eccellente direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria: una perdita secca per la città. Intanto ha ripreso a manifestarsi il rischio di una Perugia “insicura”: la microcriminalità infatti sta aumentando a dismisura. Dopo aver fatto della sicurezza il proprio cavallo di battaglia, Andrea Romizi ora tace.
Mentre l’elettroencefalogramma della politica umbra è quasi piatto, sotto sotto, si è aperto il grande scontro per le candidature. Sull’argomento però la trasparenza è pari a zero e, in compenso, impazzano i si dice. Nel centrodestra sembra che “Progetto Perugia” abbia chiesto che per la poltrona di primo cittadino venga messo in campo un uomo suo. Se a livello nazionale venisse cambiata la legge che impedisce il terzo mandato, potrebbe toccare di nuovo a Romizi.
Altrimenti si dovrebbe comunque scegliere fra un esponente di “Progetto Perugia”: in corsa ce ne sono almeno un paio. Ma Fratelli d’Italia, dopo aver perso a Terni, non ha intenzione di prendere voti senza esprimere sindaci. E vuol candidare la giovane Margherita Scoccia. La bagarre è in corso e potrebbe essere foriera anche di qualche addio.
Alla Regione, Donatella Tesei è sempre più convinta di farcela. Non molla neanche per un attimo Salvini, suo grande sponsor per la riconferma, tantochè è andata anche sul palco di Pontida accanto a Marine Le Pen. E questa è stata un’imprudenza che ha irritato alcuni alleati del centrodestra: come fa un liberale a votare un’ “amica” di chi ha inneggiato alla Repubblica di Vichy e che neanche Meloni vuole più fra i piedi? La corsa ad appoggiare sempre e comunque Salvini non consente però di andare per il sottile.
Quanto al centrosinistra, di candidati alla Regione non se ne parla: prima – dicono – bisogna scegliere per Perugia. Peccato che non si stia decidendo nemmeno per il capoluogo. Con Tommaso Bori che mena il can per l’aia, in attesa di trovare un “candidato vincente”, come dice lui. Mentre sembra avanzare la proposta di Andrea Fora nel Pd perugino che ha anche cominciato ad mettere in campo qualche idea programmatica. Ma nel partito fioriscono però anche molte ambiguità e altrettanti distinguo. Il tempo passa e non pare si riesca a produrre niente di concreto. E questo non aiuta la nascita di una proposta efficace e “vincente”: per costruirla bisognerebbe adottare il “modello Verona”: Lì, Damiano Tommasi, candidato civico, venne scelto più di sei mesi prima del voto, e ebbe tutto il tempo di lavorare al programma e alle alleanze. De te fabula narratur, scriveva Orazio, ma a Perugia non vogliono imparare la lezione. E per la Regione rischia di andare persino peggio.