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di Gabriella Mecucci

Il voto di Terni non è solo la rivolta contro la politica, ma anche contro Perugia e contro l’intera regione. Ed è anche un grido di disperazione di una città che ha perso l’identità, che non riesce a definire il proprio ruolo, che non sa darsi un’immagine e un progetto. E’ insomma un risultato che rende evidente una crisi abissale che va ben oltre i partiti.
A Terni in questo turno elettorale si è consumata la caduta verticale della sinistra che, presentatasi divisa a pezzi e pezzettini, non è arrivata nemmeno al ballottaggio. Alle precedenti amministrative il voto aveva premiato il centrodestra che, con in testa la Lega, aveva stravinto cancellando l’antica e ormai logora egemonia di sinistra. Oggi il Carroccio prende un colpo pesantissimo e certo le cose non vanno bene nemmeno per l’intero centrodestra che passa dal 49 per cento, preso al primo turno nel 2018, al 36, totalizzato da Orlando Masselli, primo comunque al ballottaggio. Ma le percentuali non raccontano per intero lo spettacolo che ha dato a Terni la politica: continui cambi di casacca – il sindaco leghista Latini abbandonato quasi completamente dal suo gruppo consigliare e circondato solo da pochi fedelissimi – la mancata ricandidatura del primo cittadino uscente, un mese di scontri e di incertezze sino ad arrivare alla candidatura di Masselli, imposta da Fratelli d’Italia, e molto altro. Come definire, ad esempio, alcune piccole personalità politiche di sinistra, che si sono schierate con la destra, sostenendo però che restavano di sinistra? Un’esibizione ridicola e insieme inquietante.
Tutto ciò dice molto, ma non tutto sui risultati ternani. Tramontata l’immagine della città operaia – caratterizzata da forza e compattezza, ma anche da dogmatismo e chiusura – sono rimaste solo macerie, con le Acciaiarie che arrancano pur riuscendo a sopravvivere e restando l’unica realtà con una qualche vitalità. Oltre la siderurgia, si apre un vuoto abissale. La cittadinanza lo avverte e reagisce rabbiosamente. Espressione di questa rabbia, di questa rivolta contro Perugia e l’Umbria, di questo grido impotente, di questo cercare la propria salvezza in un indefinito altrove è Stefano Bandecchi che con il suo 28 per cento è il secondo nel ballottaggio di fine maggio. Questo risultato era ampiamente prevedibile (come dimostra il titolo di Passaggi Magazine riportato qui sotto).
L’“uomo nuovo” della politica ternana ha una lunga storia che con la città ha poco a che vedere. E’ nato a Livorno, ha costruito la propria fortuna imprenditoriale fuori dall’Umbria, ha un’esperienza politica piccola, piccola, ed è famoso per le sue pirotecniche guasconate anche contro i suoi attuali concittadini, nonchè per essere presidente della Ternana – esperienza che non ha mai raggiunto le mirabolanti promesse. Bandecchi è insomma un “altrove”, su cui molti cittadini hanno deciso di puntare le poche fiche che hanno in mano. E forse proprio per queste caratteristiche potrebbe addirittura vincere mettendo il proprio sigillo su una crisi totale dei partiti: una sinistra a pezzettini, una destra in grado di consumare in 5 anni il patrimonio di una grande vittoria. Se Masselli ce la facesse, si tratterebbe per Franco Zaffini, Virgilio Caparvi e raffaele Nevi solo di un vistoso calo di consensi, ma se a Palazzo Spada finisse Bandecchi, allora all’interno di questo polo potrebbe deflagrare la notte dei lunghi coltelli con conseguenze difficilmente prevedibili. Per intanto in 15 giorni un numero importante di cittadini, pari a circa il 35 per cento, dovrà decidere se andare a votare e per chi. Flaiano avrebbe detto: la situazione è grave ma non è seria.
Se l’analisi dei risultati ternani domina la scena, non sarebbe giusto dimenticare ciò che è successo in altre realtà dell’Umbria. Innanzitutto c’è da registrare una vittoria del centrodestra che strappa Trevi al centrosinistra. Per il resto conferme ovunque con l’exploit del Pd e degli alleati a Corciano. Qui Lorenzo Pierotti ha raggiunto il 66 per cento, in un “paese felix” caratterizzato dal buon governo di Cristian Betti, sindaco uscente dopo due mandati, e dal ricco impero” di Cucinelli.
Resta da vedere come finirà a Umbertide. Il sindaco leghista Luca Carizia si presenta al ballottaggio con un rassicurante 45 per cento, mentre lo sfidante di centrosinistra è intorno al 32. Per quest’ultimo però ci sono margini di recupero. Le sorprese sono possibili. La ex roccaforte rossa finita nelle mani del Carroccio potrebbe cambiare di nuovo campo politico. E se questo accadesse il giudizio sulla tornata amministrativa umbra sarebbe profondamente diversificato. In provincia di Perugia si assisterebbe ad una qualche ripresa del centrosinistra, dopo la catastrofe di 5 anni fa; mentre a Terni si approfondisce il disastro. Il centrodestra, pur conservando una forza consistente, sia nell’una che che nell’altra realtà, mostra le prime, significative crepe. La Lega dopo il disastro ternano, se non riuscisse a piazzare il proprio candidato ad Umbertide, registrerebbe un tonfo madornale.
Entrambi i poli hanno da trarre da queste amministrative alcuni insegnamenti per le future scadenze elettorali. Due sono comuni: scegliere con oculatezza i candidati e superare le divisioni -plateali nel centrosinistra, più sotterranee nel centrodestra. Per quest’ultimo il problema è la qualità del governo che ha espresso, certo non esaltante, sia in Umbria che soprattutto a Perugia. Quanto al centrosinistra deve proporre una nuova progettualità e costruire alleanze, prima che politiche, nella società. Tutto questo non sarà facile né per gli uni né per gli altri. Se non ci riusciranno il rischio dell’antipolitica stile Bandecchi potrebbe manifestarsi anche altrove. Un fantasma si aggira per l’Umbria..