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di Gabriella Mecucci

Le sanzioni cominciano a far male agli oligarchi russi. I detentori delle grandi ricchezze forse per la prima volta sono agitati da timori pressanti. Una paura che potrebbe trasformarsi in dissenso aperto. I segnali non mancano. La figlia di Abramovich ha detto che quella contro l’Ucraina è la guerra di Putin, non dei russi. E la presenza di suo padre al negoziato è stata richiesta dal presidente ucraino. Da più parti viene auspicata, non senza qualche ambiguità, la rapida fine del conflitto: basta leggere la lettera di Evgeny Lebedev. Nella recente riunione convocata dal vertice del Cremlino negli Urali con i grandi oligarchi, ben sette di loro, e fra i più potenti, non vi hanno partecipato. Una presa di distanze? L’unione europea ha sanzionato oltre 600 oligarchi definendoli “uomini del Cremlino”, identificazione che in passato non sarebbe mai avvenuta. Non è poco.
Uno dei giornalisti che ha più e meglio indagato questo mondo è Jacopo Iacoboni, autore di un libro, insieme al collega Gianluca Paolucci, dal titolo “Oligarchi. Come gli amici di Putin stanno comprando l’Italia”. Alcuni capitoli vengono dedicati a due super ricchi che vivono e fanno affari dalle loro lussuosissime dimore umbre: si tratta di Evgeny Lebedev e di Alexander Yakunin.

Iacoboni, chi sono costoro e quali sono i loro rapporti con Putin?
“Intanto i due hanno alcune cose in comune: i castelli sulle colline umbre, le enormi ricchezze e il fatto che i loro padri siano stati entrambi agenti del Kgb. Ed è persino pleonastico ricordare che Putin viene dal Kgb. Yakunin è proprietario di Antognolla dove ha intenzione di investire 150 milioni per una mega struttura per le vacanze. Già da tempo è in funzione un campo da golf, frequentato in qualche occasione anche da Mario Draghi, che spiegò però di non aver avuto nessuno rap- porto con i proprietari e di non possedere un abbonamento al club. Evgeny Lebedev ha comprato due tenute in Umbria con annesso il castello di Procopio nell’Alta valle del Tevere. Il padre Alexander è stato a capo delle ferrovie russe, ma ha cercato di accreditarsi in alcuni momenti anche come severo critico di Putin, attento alle ragioni della sinistra. Basti dire che è proprietario dell’Indipendent, giornale radical inglese. Tiene i piedi però in due staffe: possiede infatti anche un quotidiano che si schierò a favore della Brexit, ed è amico di Boris Johnson. Non disse nulla quando Mosca nel 2014 si prese la Crimea. Non è stato mai osteggiato né tantomeno punito dal Cremlino. E Putin non perdona i dissenzienti”.

Su Lebedev c’è un rapporto dei servizi segreti italiani di cui lei parla nel suo libro…
“Sì, è proprio così. I governi che si sono succeduti però hanno avuto verso la presenza russa e verso quel documento atteggiamenti diversi: molto attenta e guardinga la linea Draghi e, agli antipodi, quella del governo Conte. A lui – per primo – arrivò la segnalazione della nostra intelligence che finì poi anche nelle mani dei parlamentari membri del Copasir. Perché scelte tanto diverse? Chi dei due ha ragione? Chi è nel vero? Io penso che abbia ragione Draghi, ma ciascuno può farsi una propria opinione”.

Al Castello di Procopio ha soggiornato nientemeno che Boris Johnson, attuale premier britannico, voi lo raccontate nel libro. Che sponde politiche ci sono in Italia nei confronti dei russi?
“Non lo racconto io, ma è il rapporto dei servizi che parla di un party a luci rosse . In Italia ci sa- rebbero 87 spie russe operative e ci sarebbe stato un aumento della presenza dell’intelligence di Mosca nel periodo delle vittorie elettorali dei partiti populisti. Indubitabilmente ci sono state sponde politiche. Ed è cresciuta la capacità di influenza durante il primo governo Conte. Non va sottovalu- tato però che questa presenza viene da lontano: c’era, come ovvio, col Pci, ma anche con la Dc. E poi c’è stato il ruolo di Berlusconi, molto legato a Putin. Il Cremlino mise in mano ad un italiano, Angelo Codinione, dell’entourage berlusconiano, l’auditel e la concessionaria di pubblicità delle reti di stato russe. Un giro d’affari gigantesco. E potrei andare avanti”.

Gli investimenti dei magnati russi in Italia sono giganteschi. In Umbria il solo Yakunin parla di 150 milioni: una cifra notevolissima..
“Per loro non è così grande. Putin ha fatto nascere una cerchia di super potenti per i quali le cifre che a noi fanno spalancare gli occhi e la bocca, sono normali. Basti dire che in 55 detengono la qua- si totalità ricchezza di un paese gigantesco per estensione e con oltre 140 milioni di abitanti”.

Nel vostro libro si parla di un’attività di propaganda russa molto intensa svolta anche in Italia attraverso i media e in particolare sui social..
“Sono in piedi tanti canali di propaganda. Parecchi nascono e muoiono. Mi riferisco a Pandora tv, a Sputnik Italia, Antidiplomatico. C’è ancora una forte diffusione della narrazione del Cremlino. Ne abbiamo avuto una prova sulle questioni legate al vaccino. Ci sono molti indizi che fanno credere in una forte spinta russa a vantaggio dei no vax”.

Che cosa ha favorito Putin in Occidente?
“Per un periodo piuttosto lungo molte cose lo hanno favorito: dalla Brexit a Trump, alla vittoria del populismo. Un temibile avversario di Putin è stato Draghi con la sua forte difesa dell’euro”.

Alla fine di questa conversazione sono molte, alla luce dei fatti, le domande che si pongono. Eccone alcune: in Umbria si è fatto “dossieraggio” su alcuni politici italiani ed europei? Quella che anni fa sembrava un’esagerazione – e cioè che gli oligarchi fossero una vera e propria falange di Putin – oggi sta diventando un’acquisizione della Ue (“uomini del Cremlino”), che cos’altro dovremo scoprire? Questa guerra folle e crudele romperà il “cerchio magico” cresciuto intorno a lui?