di Gabriella Mecucci
Spesso i candidati nel corso della campagna elettorale cambiano tono e natura dei loro messaggi. Ascoltano i cittadini e – come si dice in gergo – aggiustano il “tiro”. Quelli che corrono per la poltrona di sindaco di Perugia hanno però esagerato: hanno addirittura realizzato una “mutazione genetica”.
PERUGIA A POCHI GIORNI DAL VOTO: ECCO CHI HA PIù CARTE
Vittoria Ferdinandi è partita inneggiando il 25 aprile al comandante Che Guevara e salutando a pugno chiuso. Nemmeno nel Pci lo si faceva più. Bisogna risalire ai gruppettari per trovare gli ultimi episodi. Ma non è finita qui, dopo qualche giorno, ha spiegato che si sentiva molto vicina all’umanesimo marxista e, dulcis in fundo, si è fatta sponsorizzare dalla ex sindaca di Barcellona Ada Colau, una che più a sinistra è difficile trovarne. Nulla di male sia chiaro, ma forse non è proprio su questa strada che s’incontrano i voti moderati, indispensabili per diventare sindaco.
Ferdinandi, che è ragazza intelligente, deve averlo capito e, verso la fine della campagna elettorale, ha preso a salutare facendo la V di Vittoria che è insieme il suo nome e la sua legittima speranza. Dal pugno chiuso alla Che Guevara è approdata a Wiston Churchill, senza passare dal via. Dalla rivoluzione fuochista alla conservazione antifascista. Un bel salto mortale. Tutto sommato meglio così Ma Ferdinandi non è certo la sola ad aver subito una mutazione genetica. Margherita Scoccia ha cominciato con la
divisa di ordinanza della signora per bene ma ancora giovane: jeans e camicia bianca. La versione cioè femminile del maglioncino blu di Andrea Romizi.
La candidata di centrodestra si è accucciata sotto l’ala protettiva dell’ex sindaco. Ma anche lei ha capito che così non piaceva e allora si messa a sventagliare promesse in libertà. Sciolta dal giogo, è decisamente migliorata. Deve stare attenta però a ciò che accade nelle liste che l’appoggiano.
Nilo Arcudi, leader di una che dovrebbe portare voti moderati al centrodestra, ha scritto che se uno partecipa alla sua chat lo deve votare. Se non lo fa, lui è in grado di accorgersene perché controlla tutti i 157 seggi del Comune. E, se scopre il traditore, lo manderà a quel paese quando gli chiederà qualche favore. Che dire? Meglio non commentare.
Massimo Monni per tutta la campagna elettorale si è presentato come un moderato, un concreto uomo del fare che tiene ben piantati i piedi in terra e che presenta proposte realizzabili. Ma alla fine anche lui ha deciso di stupirci con effetti speciali: ha promesso infatti che toglierà l’addizionale irpef. La sorpresa è che ha presentato i conti e ha dimostrato che non sta bluffando. Gli crediamo.
E siamo arrivati al buon Davide Baiocco. Qui la mutazione genetica è impressionante. Partito come candidato di Stefano Bandecchi e quindi in odor di voto protestatario e di campagna elettorale chiassosa e sopra le righe, è diventato buono buono. Quasi non si sente. Non si nota.
Dulcis in fundo c’è Leonardo Caponi. Lui non è cambiato. Sono più di cinquant’anni che dice sempre le stesse cose come se il mondo fosse sempre lo stesso. Vuole fare la pace e la giustizia sociale. “Vaste programme”, avrebbe commentato il generale De Gaulle.