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di Fabio Maria Ciuffini

Si è già avviato settembre e, alla ripresa dei corsi universitari, i convittori dell’ONAOSI che stavano nella prestigiosa sede di Via Antinori all’Elce si sposteranno nella sede decentrata di Montebello, inizialmente concepita come RSA.

Il collegio dell’Elce chiuderà. Quale sarà il suo destino?
Quell’attrezzatissimo complesso è costituito da sette “palazzine” con 400 camere con bagno, cucine di piano, oltre una attrezzatissima mensa inserite in un parco di cinque ettari. E poi biblioteca, palestra, cappella, teatro. Le immagini – tratte dal sito ONAOSI – testimoniano del suo assoluto livello di eccellenza. Eppure la decisione di chiuderlo sembra irreversibile.
E’ evidente però che la città non può assistere inerte. La chiusura della sede di Elce é un fatto urbanistico di prima grandezza. Perugia è ormai una città giunta quasi alla fine di un lungo processo di trasformazione, iniziato nell’immediato dopoguerra, di cui il complesso dell’Elce non è stata certo una componente minore. Ed ora, a città pressoché completata, gestire la città costruita significa anche e soprattutto gestire gli equilibri tra esistenti residenze, servizi, grandi complessi pubblici : un equilibrio anche sociale – pensiamo a cosa significa la presenza di centinaia di studenti nella vita di un quartiere – che verrà rotto.
Ed alla notizia della dismissione si addirittura aggiungono addirittura voci di abbattimento.


Sarebbe la fase conclusiva di una lunga parabola di declino. E non dell’istituzione ONAOSI, ma della sua presenza a Perugia. Eppure, nel 2015 venne bandito un “Concorso di idee per la ristrutturazione del complesso ONAOSI di Via Antinori” che si concluse con la premiazione di un progetto (Società di Ingegneria EXUP) “che si caratterizza per l’apprezzabile volontà di mantenere la memoria dell’edificio esistente integrandolo con una soluzione convincente dal punto di vista architettonico”.
E ancora nel 2020 l’ONAOSI annunciava “Una forte risistemazione di un edificio ampio e complesso, con mantenimento della hall, teatro e chiesa (23 mila mq di superficie). Venti milioni di spesa per conferire una resistenza anti sismica dell’80%, rifacimento sostanziale degli impianti, completo rifacimento della zona ospiti con camere tutte con bagno, convitto, foresteria, una zona separata destinata ad ospitare tutta l’amministrazione centrale dell’Ente, impianti sportivi, una grande palestra, già finanziata”, che sembrerebbe rifarsi a quel progetto.

Che cosa è successo nei tre anni che ci separano da quell’annuncio?
La motivazione ufficiale di questa improvvisa retromarcia sembra risieda nel fatto che l’edificio, progettato negli anni ’60, non sarebbe adeguato alla nuova normativa sismica che non era in vigore all’atto della costruzione. Per capirci meglio: fino a tutti gli anni ’60 e ‘70 i nuovi edifici a Perugia non venivano calcolati tenendo conto delle possibili conseguenze delle aumentate sollecitazioni sia in orizzontale che in verticale causate da un eventuale terremoto. Oggi, le strutture di tutte le nuove costruzioni sono invece calcolate tenendone conto. E per gli edifici pubblici la normativa è ancora più severa ed impone la messa a norma mediante l’adeguamento strutturale. Ed è vero che a Perugia una parte importante dell’edificato sia antico che moderno non è stato verificato in rapporto a quelle azioni sismiche, ma è pur vero che le numerose scosse simiche registrate a Perugia dopo il ’69, anno di costruzione del Complesso dell’Elce, non sembra abbiano mai avergli causato problemi. Eppure una perizia effettuata dall’Università di Perugia afferma che il complesso non sarebbe più a norma a meno di interventi di adeguamento sismico. E’ evidente che quella perizia oggi ha quasi il valore di una condanna definitiva. Anche se alcuni la mettono in dubbio, quale tecnico si prenderebbe la responsabilità di affermare il contrario? E’ invece tutta da verificare l’asserzione secondo cui l’adeguamento sismico della struttura costerebbe più della sua ricostruzione a nuovo.
Mi domando: il costo della struttura incide in genere su non più del 20% del costo totale di un edificio. Possibile che il suo rafforzamento, nel nostro caso, sia tanto maggiore? E ci si può anche porre la domanda sul perché non si sia approfittato delle norme sul sismabonus che avrebbero consentito di eseguire quell’adeguamento praticamente gratis; anche se quella normativa è così lacunosa, complessa e tribolata nella sua attuazione che ogni risposta a questa domanda va presa con beneficio di inventario.

Vista dell’attuale complesso
Ma in ogni caso sembrerebbe ora che l’abbattimento non sia una soluzione praticabile, proprio in rapporto alla sua storia di prestigio. Quell’edificio fu progettato negli anni ’70 dal noto Architetto Calabi, docente a Perugia ed alla
facoltà di Architettura di Venezia, progettista a Perugia anche del
restauro della Biblioteca Augusta. Diresse i lavori l’Arch. Pietro Frenguelli, che era al tempo il preside dell’Istituto d’Arte e dell’Accademia di belle Arti di Perugia.
E il complesso dell’Elce – che in ogni caso ha più di 50 anni d’età – sarebbe comunque censito tra le architetture italiane dal 1945 ad oggi dalla Direzione generale del MIC – Creatività Contemporanea.
Dunque un edificio senz’altro tutelato.
Per quanto riguarda il progetto strutturale poi esso fu dell’Ing. Sisto Mastrodicasa (precursore in Italia delle tecniche di valutazione dei dissesti statici e consolidamento degli edifici esistenti ) e dell’Ing. Andrea Bolli: nomi di tutto rispetto, che lasciano perplessi chi non concorda con la severità del giudizio sulla inadeguatezza della struttura.
Certo alla decisione di chiusura non può non aver contribuito un’altra motivazione: ha senso economico gestire un complesso proporzionato per circa 400 convittori quando ce ne sono rimasti meno di un quarto? E quanti siano oggi i convittori è ricavabile dal fatto che i posti letto della sede di Montebello non dovrebbero essere più di 70.

Prospetto dal progetto della Residenza per Anziani di Montebello
Certo l’integrazione degli ospiti della sede di Montebello con la città è quanto meno problematica. Si parla di un collegamento con navette alla città. Ma con quale frequenza? Per non parlare della strada di accesso a quella sede che è stretta e malagevole. L’ONAOSI parla di accettazione da parte dei convittori. Ma ne siamo sicuri?
E occorre ora tornare sulla questione della presenza dell’ONAOSI a Perugia e conviene ricordare qualcosa sul suo ruolo istituzionale. Del resto la fondazione ONAOSI acronimo per “Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari” è stata istituita a Perugia con legge promulgata nel 1901 che rendeva obbligatoria per tutti i sanitari la contribuzione annuale di cinque lire” e converrà oggi, dopo oltre un secolo, ravvivarne la memoria.
Il Collegio maschile fu insediato alla “Sapienza Vecchia”, a via della Cupa, storico complesso la cui costruzione rimonta ai lontani tempi in cui il papato, dopo aver accarezzato l’idea di trasferirsi a Perugia se ne andò invece ad Avignone. Stiamo parlando della metà del ‘300 nel bel mezzo del periodo di massimo fulgore di Perugia nell’Italia Medievale e magari, di quella sede, Passaggi vorrà parlare ancora.
Ancora una volta le immagini ci dicono che ne varrebbe la pena. Il collegio femminile fu invece collocato all’Educatorio S. Anna, da cui il nome di “Santannine” dato alle convittrici. Quale era ed è il compito dell’ONAOSI?
La Sala Rossa e il Teatro del complesso medievale della Sapienza Vecchia. Dove oggi è il Collegio di Merito
Quello di “sostenere , educare, istruire e formare gli orfani e i figli dei sanitari per fargli conseguire un titolo di studio ed accedere brillantemente all’esercizio di una professione o di un’arte”. E qualcosa accomuna gli ex allievi con cui ho parlato: quella di aver avuto nel collegio una educazione da buon padre di famiglia che sembra dura e severa quando la si subisce ma che si rimpiange quando l’età si fa avanti. E c’è chi ricorda gli istitutori che andavano a parlare con gli insegnanti a scuola o i migliori professori di Perugia, gente del calibro di Greco (detto anche Pico della Mirandola) che insegnava storia e filosofia o di Ottavio Prosciutti, storico prof. di italiano e greco, che venivano a dare lezioni direttamente in collegio. Insomma una istituzione di eccellenza ospitata in sedi prestigiose. La Cupa prima e poi dopo il ’69, anche la sede dell’Elce.
E c’è chi ricorda il complesso musicale ONAOSI che si esibiva nelle feste – aperte a tutti, amici o parenti dei convittori – tra cui quella “delle Missioni” che si tiene ancora vicino a Natale nel teatro della Sapienza. Dove si esibiscono pure gli allievi del Corso di Teatro.
E poi cita i docenti universitari, i magistrati, i politici formati dall’ONAOSI, magari provenienti da altre parti del Paese ed oggi con un ruolo di spicco in questa città.
Eppure la popolazione degli assistiti e dei convittori ONAOSI a Perugia è diminuita drasticamente negli ultimi anni: dopo una fase di rapida espansione nell’immediato dopoguerra quel numero si è sempre più contratto. Forse 200 in tutto, in strutture che ne hanno a suo tempo ospitato più di 600. Quali fattori hanno giocato? La prima causa che viene in mente è una fortunata diminuita mortalità dei sanitari italiani.
La seconda è la certa diminuizione della natalità di quelle famiglie. Ma a ben guardare si scopre subito che le ragioni sono anche altre. Prima, ad esempio, i convittori erano di tutte le età. Qualcuno degli ex con cui ho parlato in questi giorni è entrato in terza media ed è uscito laureato. Oggi invece, tranne una residua manciata di giovani, i convittori sono solo studenti universitari (tempo addietro invece gli universitari avevano addirittura un collegio a sé in Via delle Streghe).
Dunque è diminuita la base su cui individuare i convittori, o selezionarli, come avviene ancora oggi nel “Collegio di merito della Sapienza”. Ma quella che ha pesato di più è stata la decisione di aprire altri centri formativi in tutta Italia, scelta questa destinata a cambiare in radice il ruolo dell’ONAOSI a Perugia quando il numero attuale degli assistiti nei centri formativi al di fuori di Perugia sta intorno ai 3mila (peraltro anche essi in diminuizione). E’ del tutto evidente che quando un assistito si trova nella condizione di scegliere tra vari centri formativi, pesa l’attrattività dell’Università di riferimento. E sedi come Torino o Milano offrono, in più, maggiori possibilità di trovare un lavoro dopo la laurea. A Perugia sono restate (per ora) le attività direzionali ed Amministrative dell’Ente e convittori provenienti da un più ristretto bacino nel centro Italia.
In ogni caso, data per presa la decisione di abbandonare l’Elce, restano due problemi:
Come e a spese di chi effettuare l’adeguamento sismico e, soprattutto, cosa fare poi di quel complesso una volta sismicamente adeguato e/o parzialmente ristrutturato?
Le soluzioni che vengono prospettate da diversi affezionati ex Convittori con cui ho parlato sono molte e diverse: vanno dalla localizzazione degli Ordini e dei loro organi Amministrativi in quella sede, al mettere in comune con altri enti pubblici Perugini o con lo stesso quartiere alcune delle strutture come il teatro o la palestra fino a fare una sorta di Palazzo dei Congressi.
Chi ha le idee molto chiare in proposito è la combattiva Dott.ssa Marina Onorato, ex presidente della Caduceo, l’associazione degli ex convittori, e componente (eletta in quella stessa lista Caduceo) del Comitato di indirizzo dell’ONAOSI. Prossima riunione 24 Settembre 2023! La Onorato conviene che c’è uno squilibrio tra il numero dei convittori a Perugia e il grande patrimonio dell’Ente in questa città (il più consistente in Italia) e che ciò richiede comunque un piano di razionalizzazione con eventuali dismissioni mirate. Anche per rispondere alle sollecitazioni in proposito della Corte dei Conti: non si possono avere “Cattedrali nel deserto!” (parole sue).
Da parte mia aggiungo che uno stesso piano di razionalizzazione ormai va fatto per i tanti contenitori pubblici vuoti o sottoutilizzati che abbiamo oggi a Perugia e non sto qui a farne l’elenco, visto che sono sotto gli occhi di tutti.
Credo dunque che la questione di quel piano e, in particolare dell’Utilizzo della sede di Via Antinori, vada approfondita in un prossimo articolo. Dopo aver acquisito ulteriori informazioni, e dati (tanto per cominciare il reale numero degli assistiti e dei convittori in Italia e a Perugia) oltre che dalla stessa Onorato, da Associazioni dei cittadini del quartiere, da Amministratori ONAOSI in modo fa formare un quadro d’insieme più dettagliato. Qualcuno suggerisce di “aprire un tavolo territoriale anche con il Comune, la Provincia, la Regione ed altri, per ascoltare tutti e capire quali sinergie si possano mettere in atto salvaguardando la Fondazione ONAOSI e facendo rimanere sul territorio più strutture e posti di lavoro possibili”.
E, ovviamente, il Comune di Perugia, nella sua veste di massimo coordinatore delle scelte urbanistiche in questa città potrebbe o meglio, dovrebbe, formare il quadro generale di riferimento. Al prossimo appuntamento quindi.