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di Chiara Falaschi

Due terzi degli imprenditori umbri del comparto industriale nel 2022 hanno compresso i piani degli investimenti per una quota stimata intorno al 10 per cento, mentre la quota restante è andata anche oltre. E più di un terzo prevede di alleggerirli ulteriormente nel 2023. È con ogni probabilità questo il segnale più rischioso rilevato nel già fragile tessuto industriale umbro dalla Banca d’Italia attraverso l’aggiornamento congiunturale rilasciato il 17 novembre scorso. Una fotografia, quella scattata dagli esperti della filiale di Perugia, anche attraverso un sondaggio Sondtel, che racconta la cautela obbligata di imprenditori e manager costretti a muoversi in un mercato ancora caratterizzato da «un’elevata incertezza sui tempi di ripristino delle condizioni ordinarie di gestione».
Le sabbie mobili sono rappresentate, è ovvio, dall’incremento della spesa per l’energia elettrica e il gas che pesa ormai «un decimo dei costi totali per acquisti di beni e servizi nel 34 per cento delle aziende del comparto industriale dell’Umbria», ovvero una quota quasi triplicata rispetto all’anno precedente, quando su quel rapporto di spesa si attestava appena il 12 per cento degli imprenditori, come ricorda l’aggiornamento di Bankit. Ma non sono solo le bollette a incidere sulle aspettative dell’industria regionale, tanto che, si legge nel rapporto, «nove aziende su dieci giudicano un problema rilevante i picchi di prezzo raggiunti da molti input produttivi», con «la maggior parte delle aziende che segnala significative difficoltà per l’incremento dei costi di trasporto e i ritardi nei tempi di lavorazione da parte dei fornitori».
In questo quadro, «a settembre il saldo tra i giudizi di aumento e quelli di diminuzione su ordini e produzione formulati dalle imprese del Centro Italia è tornato su livelli analoghi a quelli registrati alla fine del 2020». Malgrado l’elevata incertezza, acuitasi comunque dalla fine dell’estate, quando i costi energetici hanno toccato il proprio picco, e l’inflazione eccezionale, il 2022 per molti comparti dell’Umbria è stato scandito nei primi nove mesi «dall’aumento dell’attività produttiva e delle vendite, che ha continuato a riguardare tutti i principali settori produttivi regionali», mentre «il fatturato ha evidenziato un significativo recupero, sui cui ha inciso anche il forte incremento dei prezzi di vendita».
A marciare ancora a ritmi sostenuti è il comparto delle costruzione ora alimentato sia dalla ricostruzione post sisma che dai vari bonus e domani, è l’aspettativa, dagli investimenti del Pnrr, che in Umbria porta con sé anche quelli di Next Appennino. Intanto, però, le due casse edili provinciali nei primi otto mesi del 2022 hanno registrato un incremento delle ore lavorate del 25,2 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre «otto imprese su dieci con almeno dieci addetti hanno segnalato un incremento dei volumi produttivi».
Nel settore terziario, invece, l’anno che si sta concludendo ha fatto registrare, fino al 30 settembre, «un aumento delle vendite per almeno due terzi delle imprese», mentre «circa un quinto ne ha segnalato una sostanziale stazionarietà», con una «ripresa che è stata più diffusa nel settore alberghiero e del commercio». Tuttavia, le previsioni a breve termine di Bankit indicano «un sensibile indebolimento dell’attività nel settore dei servizi, in connessione con il calo del reddito reale delle famiglie» bersagliate dall’inflazione. In particolare, le attese vengono definite «particolarmente negative» per le imprese del turismo e il commercio al dettaglio e qui Bankit prevede «gli investimenti per il 2023 sono previsti in calo dal 35 per cento delle aziende», mentre «poco più di una su dieci ne segnala un aumento». Regna la cautela.