di Walter Patalocco
C’è una scheggia incontrollata che rimbalza di qua e di là nel panorama pre-elettorale ternano in vista delle comunali del 14 e 15 maggio: è la “scheggia Bandecchi”. Il discusso, da molti, presidente della Ternana Calcio che si è candidato sindaco e che è entrato in campo come un rullo compressore tanto da arrivare a far nascere qualche preoccupazione nella concorrenza. Persino nella destra che in granitica coalizione, pur mantenendo la propria baldanza, teme un’erosione delle sue percentuali che immagina da capogiro. Per non parlare del centro sinistra dove si dà per scontata la vittoria del fratello d’Italia Orlando Masselli, e si teme soprattutto di non arrivare al ballottaggio, a causa della sorpresa Bandecchi. Inutile piangere sul latte versato di una divisione incomposita tra Pd e Cinquestelle, coi primi impegnati a far passare – non senza difficoltà – la propria lista di facce nuove e un nuovo corso, e il secondo deciso a riscuotere il frutto di un impegno politico barricadero durato cinque anni.
Ma il Pd non ha ancora eliminato del tutto le scorie: c’è ancora chi resta abbarbicato a posizioni acquisite con gli anni, gente esperta che sa come muoversi e che quando ritira la lenza non trova attaccato all’amo solo un vecchio scarpone. Per parte sua il “movimento” è partito baldanzoso, come accadde nel ’18, quando faceva a gara di urla in consiglio comunale e sventolava denunce di qua e di là per andare ad elezioni anticipate (che si potevano evitare così come il dissesto finanziario del Comune). Pensava di far bottino, allora. Invece finì all’opposizione, perdendo pezzi finiti successivamente a rafforzare la maggioranza nel corso di cinque anni che hanno segnato il record della transumanza. E che transumanza! Non solo nei numeri. Tanto che ora si candidano con la destra un consigliere che nel ’18 fu eletto nel Pd (Valdimiro Orsini), uno che fu candidato di Sinistra Italiana (Folco Napolini), o uno come Riccardo Zampagna, l’ex “unico bomber di sinistra”, come lo raccontavano i giornali quando era un calciatore. Lo stesso Zampagna che il M5S – sicuro di vincere – annunciò, nel ’18, come assessore allo sport: “Io sto a destra, ma sono sempre di sinistra”, hanno dichiarato un paio di questi: il che, senza scomodare la parola ossimoro, è uno scioglilingua mentale.
Basta solo tener conto di quanti cambi ci sono stati in consiglio tra giubilati, dimessi, nominati assessori e poi mandati a casa, fenomeni che entravano in giunta per uscirne poco dopo col timbro “pacco respinto”. Ora sono altrettanti nemici del “sistema” (più che altro un non-sistema) che ha governato Palazzo Spada e non governato la città e alcuni di loro hanno trovato ospitalità in una delle quattro liste bandecchiane.
Un andazzo che ha avuto il suo culmine nelle ultime settimane, quando Leonardo Latini il sindaco uscente – della Lega – è stato cancellato alla fine del suo primo mandato e che ha visto in zona Cesarini, il vicesindaco Benedetta Salvati saltare a pie’ pari dalla Lega a Forza Italia. L’ultima “transumanza”, anche perché non c’è il tempo di registrarne altre. Tutto questo sarebbe niente se non costituisse la prova provata di una città che politicamente ed elettoralmente vive di “umori”, di “cotte”, di provincialismo povero, alla ricerca di chi la tiri fuori dai guai senza chiederle di stare troppo a pensare e ad impegnarsi o – non sia mai – a decidere del proprio futuro. È successo già: negli anni ’90 con Ciaurro, poi si contò su Agarini, quindi si provò con la Lega e scontenti si è abbracciato il partito della Meloni, nemmeno distinguendo la differenza tra elezioni comunali ed elezioni politiche generali.
E’ questo il terreno ideale per un candidato come Stefano Bandecchi: conosciuto, grazie alla Ternana di cui ha annunciato fastose promozioni mai avvenute, guascone, sfrontato, qualunquista e populista. Ma capace di affascinare gente dal palato “erto”, orgogliosa di apparire vicino a lui, che lo guarda con gli occhi sgranati quando ricorda che lui guadagna quattro milioni di euro, una cifra che molti tra quella gente che lo ammira e lo sostiene, non riescono nemmeno a immaginare. Ammiratori che lo attendono con un rinfresco apparecchiato quando il candidato Bandecchi va in un quartiere di periferia a conoscere i problemi. Che sono sempre quelli per come vengono rappresentati: le buche, l’erba alta, le altalene rotte. D’altra parte Terni è uno schifo – per il candidato Bandecchi – e la colpa è della prepotenza di Perugia o dei ternani incapaci, i quali – contenti – concordano. Adesso ci pensa lui, dicono loro, uno concreto, che si è fatto da solo.
Chissà perché il pensiero di chi ha un’età va ad un tal Domenico Miliucci che fu presidente della Ternana negli anni ’80: “Questo s’è fatto da solo, e ci ha li sordi pe’ fa’ ‘na guerra”, dicevano. Miliucci non si presentò alle elezioni, ma portò la Ternana al fallimento decretato in Tribunale. Difficile la vita, quindi, per gente come Josè Maria Kenny, il candidato del centrosinistra, professore alla facoltà di ingegneria (“è poco conosciuto”, gli imputano) o Claudio Fiorelli, medico anestesista candidato dei Cinquestelle. Loro comunque non disperano. D’altra parte i sondaggi, quelli un po’ più seri, danno Masselli (destra) avanti a tutti, Kenny vicino al 20 per cento, Fiorelli e Bandecchi tra l’11 e il 15. Ma ai sondaggi si può dare vero credito?