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Dopo l’intervento di Giampiero Rasimelli e dopo la sconfessione di otto membri dei CiviciX fra i quali il sindaco di Spoleto, l’unico fra loro ad aver vinto una contesa elettorale, Passaggi Magazine ospita l’intervento di Franco Raimondo Barbabella che difende la scelta di Andrea Fora di allearsi con Andrea Romizi. La tesi principale è quella contenuta nel titolo. Gli risponde Gabriella Mecucci. Di seguito pubblichiamo anche le critiche che gli muove Marco Pignattini del movimento civico-ambientalista.

di Franco Raimondo Barbabella

Una foto di due protagonisti della vita politica perugina e umbra (con due maglioni casualmente uguali, quando si dice “l’astuzia della ragione” (Hegel)!) scatena la bagarre negli ambienti della sinistra bene. Scandalo, Fora ha tradito, passa al nemico, i CiviciX sono morti. Siamo di nuovo al trasformismo “brutta parola di più brutta cosa” (Salvemini su Giolitti). Tragedia. È davvero un po’ scoraggiante: possibile che di fronte ad un segnale di dialogo tra diversi, per quanto evocativo possa essere, non venga in mente anzitutto che non sono in atto manovre trasformiste ma una ricerca di nuove soluzioni politiche per una città che le invoca? Se matureranno, quando matureranno, si discuteranno nel metodo, nei contenuti, eventualmente nei significati più generali. Non può bastare una fotografia per fare la rivoluzione. Ci vorrà ben altro.
Allora mettiamola così: Andrea Fora a Perugia, altri nelle altre città, stanno cercando una soluzione di governo libera dalle gabbie degli schieramenti. Domanda: il fastidio è che il civismo progressista (si, proprio così, progressista) rompe la paralisi del bipolarismo conservatore? Il civismo progressista e riformatore, nato non per appoggiare qualcuno o per fare da stampella a qualche partito e da cespuglio a qualche schieramento, ma per scegliere in autonomia le migliori soluzioni di contenuto, metodo e classe dirigente, per il governo delle diverse comunità, sarebbe obbligato (da quale legge della storia?) a collocarsi da una parte, il centrosinistra, in ogni situazione solo quella (anche se per caso inesistente o inincidente) senza pensare, senza valutare lo stato di realtà, senza porsi il problema di come superare le evidenti criticità e per molti aspetti il degrado delle nostre comunità? Vediamo dunque di ragionare anche dal nostro punto di vista di CiviciX.
Si sa, il momento del dunque arriva sempre. Quello del dunque per la direzione da imprimere alle scelte verso le amministrative del 2024 sta arrivando. Ed emergono posizioni che non ti aspettavi. Tutti noi che ci siamo impegnati a dare nascita e forma a questo tipo di civismo, inconsueto, progettuale, sfidante, diciamo con orgoglio il vero civismo, sappiamo di non aver scelto una passeggiata, perché abbiamo lanciato a noi stessi prima che agli altri una sfida di rinnovamento, di modernizzazione effettiva, delle politiche di comunità, con un’ottica non localistica e sguardo lungo. Ed è naturale che i nostri siano lavori in corso, e ci si chieda noi stessi come conciliare scelte particolari con orientamenti generali.
È ciò che infatti è stato fatto anche recentemente in Esecutivo con una discussione libera sulla base di due relazioni che, nella complessità del panorama umbro, hanno tuttavia delineato con chiarezza gli orientamenti politici più rispondenti ad una lettura razionale della realtà e le ragioni che li supportano, col risultato finale di un’approvazione unanime degli orientamenti nazionali e con un’approvazione a stragrande maggioranza di quelli concernenti le città, di cui è stata fatta appunto una precisa disamina. Molto semplicemente, abbiamo delineato un percorso trasparente e molto seriamente impegnato a fare del civismo riformatore il soggetto protagonista di progetti di governo capaci di affrontare di petto le crisi spesso drammatiche delle nostre comunità.
In queste condizioni non si può evitare di sorprendersi delle uscite pubbliche di una minoranza che tenta di cambiare ciò che è stato deciso. Peraltro con una posizione che con il percorso civico ha poco a che vedere nel momento in cui si pretende di applicare alla complessa realtà del presente il principio tardomedievale della reductio ad unum: il riformismo o va da solo o si colloca nel centrosinistra, cioè con pd e 5 stelle. Per definizione, a prescindere. Ma come, non siamo nati, proprio in quanto progressisti e riformatori (meglio che riformisti, in quanto il riformismo è un metodo, non indica precisi obiettivi di cambiamento) per migliorare le nostre comunità e le classi dirigenti rompendo lo schema bipolare e contrastando proprio i danni che la logica pregiudiziale di schieramento ha prodotto in tanti anni di esercizio?
Quando poi dall’innesco parte non solo una discussione esagerata ma un attacco che dal piano politico scivola su quello personale, allora la sensazione è che si vogliano produrre lacerazioni che non hanno nulla di naturale ma sono artificialmente indotte, o immaginate o auspicate, da chi probabilmente non è stato mai interessato, ed evidentemente ora comunque non lo è, a ipotizzare e percorrere strade nuove per il governo delle comunità, preferendo piuttosto una nuova validazione di vecchi schemi che la realtà con tutta evidenza rende inservibili, o da chi non capisce altro linguaggio che non sia quello dell’arroganza.
Giampiero Rasimelli sembra voler applicare alla situazione di Perugia, senza essere sfiorato dal dubbio sia della sua utilità sia della sua possibilità di successo, il classico schema binario destra- sinistra che, pur mascherato da qualche prudenza, in fondo resta sempre quello, uno schema rigido che non tiene conto né della storia passata né di quella recente e soprattutto non tiene in conto i cambiamenti di realtà e i bisogni fondamentali di comunità.
Beninteso, non solo della comunità perugina che, per essere la comunità della città capoluogo di regione, non sfugge né al relativismo delle mutate condizioni della storia e della volontà di chi si impegna nella battaglia del futuro, né può permettersi di ignorare che il modello binario della politica regionale ha avuto come connotato distintivo (non come accidente, ma come necessità) una logica piramidale, quando inespressa ma reale, quando invece perfino brutalmente applicata, che dal centro promanava volontà di condizionamento sulle periferie in un’atmosfera di regione chiusa che ci ha portati al degrado da cui nemmeno il passaggio da un polo al suo (apparentemente) opposto poteva risolvere.
Noi viviamo qui, nella nostra regione, e in condizioni particolarmente accentuate, la crisi radicale di quella logica piramidale. In questi anni, in Umbria come in altre realtà non solo italiane, il bisogno di tradurre le differenze territoriali, fatte di problemi ma anche di risorse e opportunità, in prospettive di sviluppo, si è affermata come sfida di cambiamento che attendeva di essere interpretata come nuova visione della regione e nuovo progetto politico.
Non esiste più solo Perugia come centro di irradiazione di pensieri e strategie possibili o di bisogni da soddisfare, né esiste più solo il problema di dividere potere e risorse tra Perugia e Terni o Foligno (ricordate i danni della lunga, deviante e inconcludente lotta per la terza provincia?), ma esiste la necessità storica e politica di portare a sintesi un reale policentrismo territoriale verso un disegno di sistema interregionale in cui i territori di confine possano giocare il ruolo di ponti sugli assi fondamentali dello sviluppo. Ma chi si scandalizza per l’incrinarsi dei consolidati schematismi lo sa come stanno le cose nelle diverse realtà? E si pone il problema di come uscirne in concreto, con un progetto specifico di comunità e insieme con una visione strategica generale? O va bene il tran tran e l’attesa che dall’alto promani il verbo della soluzione a cui tutti dovranno uniformarsi? Il sistema binario non risolve questo problema, anzi ne è la negazione, tant’è che non risulta presente né nella riflessione né nel dibattito né nelle proposte delle forze politiche principali, non in quelle che si definiscono di sinistra, e non in quelle della destra al potere, che si è illusa di poter governare accettando di fatto le stesse logiche che hanno permesso alla sinistra di farlo a lungo senza che si sforzasse almeno di interpretare in pensiero e azione i bisogni di cambiamento, giungendo così all’esaurimento delle sue stesse ragioni di legittimazione come forza di governo.
Qualcuno a sinistra vede oggi un progetto di società regionale e una strategia di governo che abbia anche la sola parvenza della credibilità?
CiviciX invece ha tentato e tenta di interpretare appunto i cambiamenti di fondo della società regionale dentro la fase storica che viviamo. E proprio sulla base della sua concreta esperienza di movimento civico radicato nelle realtà territoriali ha sposato l’idea di unire le esperienze civiche locali per dar luogo alla formazione di un soggetto politico nazionale capace di misurarsi con i bisogni di rinnovamento del Paese con lo sguardo rivolto all’Europa. Oggi CiviciX è soggetto protagonista dell’Alleanza Civica Italia Centrale che a sua volta da dato vita lo scorso 17 giugno a Roma, insieme ad Allenza Civica del Nord e a Mezzogiorno Federato, alla Federazione dei Civici Europei.
Nel recente Consiglio Nazionale a Reggio Emilia abbiamo approvato documenti che indicano una strada tanto ambiziosa quanto possibile, quella di un’Italia e di un’Europa riformate, in senso politico verso una democrazia più forte e aperta, in senso geografico e geostrategico verso l’area mediterranea. E per questo ci stiamo impegnando proprio nella direzione che auspica Rasimelli, la costruzione di un soggetto politico che in progress diventi un partito, il partito dei riformatori e dei territori.
Questo perciò oggi connota CiviciX, un soggetto politico che, mentre lavora per unire le forze progressiste riformatrici e liberali, si sforza di portare nel dibattito delle comunità locali e della comunità regionale una nuova idea della politica, fuori dagli schemi tradizionali che ingabbiano le energie e dentro modi di ragionare e di agire che da una parte tengano conto delle specificità di ogni comunità e territorio, e dall’altra cerchino di riportarle ad un disegno più generale. In una partita del genere nulla è del tutto scontato, essendo una sfida che mette in gioco le migliori e più autentiche energie vocate al rinnovamento responsabile. Qui contano le idee, la strategia delle soluzioni possibili, la preparazione e la dedizione riformatrice delle classi dirigenti, la voglia di futuro per i nostri giovani. E non ci può essere nessun divieto, per chi ha una propria linea di pensiero e di strategia generale, di contaminazione con i diversi.
Progetto difficile e pieno di insidie, esposto anche a difficoltà di semplice comunicazione, ma che avrebbe diritto almeno ad essere accettato come ipotesi di cambiamento su cui discutere.
Rasimelli, e purtroppo non è il solo, non lo fa. Sembra avere fretta di liquidare la cosa, intanto con salti logici tipici di chi ha voglia di applicare comunque uno schema: Fora uguale CiviciX, Fora dialoga con Romizi, Fora mette fuori gioco CiviciX. E perché? La natura del civismo perugino era così fragile? E Fora è così irresponsabile che prima ci si lega e poi lo abbandona al suo destino? Molto strano, quasi senza logica. Ma non è che si scambia la realtà con i desideri piuttosto che con le paure!? Non è che ciò che interessa è che il civismo non si leghi ad un progetto di miglioramento possibile da valutare in un largo confronto senza sbarramenti pregiudiziali!?
Quella di Rasimelli non appare solo un’analisi superficiale, ma un’analisi e una posizione farcite di pregiudizi e di errori di valutazione per schemi di pensiero non più rapportabili a realtà. E non solo perché Andrea Fora, che è e resta il nostro punto di riferimento per valore personale e per capacità e ruolo politico, non è in discussione, ma perché, non avendone egli contezza e non considerando l’importanza dell’operazione civica per come si è sviluppata a livello regionale e ora anche nazionale, la ritiene qualcosa che nasce e muore come oggetto nelle mani di una persona.
Beh, questo davvero sintetizza i limiti strutturali di una sinistra in crisi di idee e di prospettiva. L’Umbria ha bisogno di essere reinterpretata. CiviciX lo sta facendo cercando soluzioni diverse nelle diverse realtà, piegando non i suoi valori portanti ma l’ideologia del bipolarismo conservatore alle esigenze di governo con logiche di modernità, che non vuol dire spregiudicato realismo ma attinenza al problema e alle soluzioni più razionali in quanto studiate e valide sul piano proprio, che può essere puramente locale oppure appartenere ad una politica di contesto più generale. Non è il caso di perdersi in esempi, tanto ne è possibile l’intuizione.
Certo Perugia non è Orvieto, e le scelte che si fanno lì hanno più attinenza con politiche di indirizzo generale, ma non solo non ci sono automatismi, semmai c’è il senso di una maggiore responsabilità. E allora perché pensare e voler far pensare che un dialogo Fora-Romizi significhi di per sé trasformismo e salto della quaglia? E addirittura fine di CiviciX? Con quale presunzione si può pensare e far pensare che la nostra è stata, è, un’esperienza talmente fragile in valori, pensieri e strategie, da cadere nella trappola delle vecchie manovre opportunistiche? Noi siamo nati e ci stiamo sviluppando proprio sul terreno della battaglia contro quel modo di intendere la politica. Almeno ci si dia atto di questo, in una situazione che è avvitata verso un degrado strisciante e per questo ancor più pericoloso per la vita reale dei cittadini, non certo per gli schemi ideologici.
Chi vivrà vedrà. Ma io sono convinto che tutte le discussioni tese a definire meglio natura delle scelte e obiettivi da perseguire hanno senso, vanno fatte con grande onestà e producono miglioramento. Per questo, manifestare dubbi e porre questioni è sempre un contributo. In fondo lo è anche l’intervento di Rasimelli, se non altro perché suscita una necessaria reazione, anche se sarebbe auspicabile che da persone navigate come lui venisse un invito non alla conservazione di una realtà bloccata ma il passaggio ad una coraggiosa scelta di innovazione, a Perugia come in Umbria.
Gli schemi di una illusoria conservazione, per cui è scontato che tutti sono disposti a soggiacere al richiamo della foresta e basta un cenno per tornare ad ascoltare le favole intorno al focolare, sono del tutto fuori dalla logica di realtà. È l’ora di passare ad altro, alla logica delle comunità singole interrelate. Noi siamo nati per questo, che ci si creda o no.