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Di Nicola Fano

A Parigi ci sono centomila piccioni e cinquemila gabbiani (dati AERHO, Association Espaces de Rencontres entre les Hommes et les Oiseaux). Pochi. I gabbiani, in particolare, stanziano in città solo da novembre a marzo, ossia nei mesi più freddi: arrivano dai mari del nord e vengono qui a svernare; poi se ne tornano da dove sono venuti. A Parigi sostano nei pressi delle chiatte sulla Senna dove contano di trovare cibo. Siccome quest’anno la temperatura è stata particolarmente calda, i gabbiani se ne sono andati via prima: non ci sono gabbiani a Parigi. Questo aiuta a superare certe emergenze.
L’antropizzazione dei volatili è bassa sia per il controllo costante delle autorità municipali (le mairie dei venti arrondissement) sia perché non c’è immondizia nelle strade. L’eccezione che conferma la regola è qui sotto gli occhi di chi passeggi in città in questi giorni. Il cinque marzo è iniziato uno sciopero dei netturbini, a Parigi. Contro la riforma delle pensioni: il governo e il presidente hanno alzato l’età pensionistica addirittura a sessantaquattro anni dai sessantadue attuali; in Italia la riforma Dini e quella Fornero portarono l’età pensionabile a sessantasei o sessantasette anni, secondo i casi. La media dell’età pensionabile in Europa è di sessantasei anni. Detto questo, Parigi è invasa di immondizia (anche se di ciò nel resto d’Europa non se ne sa nulla): un paesaggio urbano orrendo e incredibile, in piena contraddizione con il rigore che segna la gestione dei beni pubblici in questa citta. Due volte al giorno, per esempio, un fiume d’acqua che fuoriesce da caditoie perfettamente pulite e funzionanti pulisce le strade della città. Dal 5 marzo, ovviamente, neanche quel caratteristico fiume d’acqua depura la vita di Parigi. Per fortuna non ci sono i gabbiani a spargere orrori!
I giornali e i telegiornali italiani, in questi giorni, ricamano su una presunta rivoluzione operata dal “popolo” contro il presidente Macron e il suo governo. Manifestazioni, vetrine divelte, scontri a fuoco, orrori varii. Il corrispondente di un grande giornale italiano ha scritto, testualmente: «Il governo è in bilico in Francia: la protesta monta, e nella piazza in cui vennero ghigliottinati Luigi XVI e Maria Antonietta, ma anche Danton e Robespierre – ribattezzata con ottimismo “della Concordia” – ora si brucia la foto di Macron». Bum! Può darsi che la premier francese Elisabeth Borne paghi le conseguenze della sua riforma delle pensioni (fa parte della dialettica politica e comunque sarà il frutto di un acrobatico accordo tra la cosiddetta sinistra di Mélenchon e la destra razzista di Le Pen Jr), ma è straziante la tenacia con la quale molti giornalisti, in Italia, si ostinano a spararle grosse e a scrivere cronache come fossero poesie. Stando qui, a Parigi, si constata più semplicemente che alcune centinaia di scalmanati (sempre gli stessi in tutt’Europa, probabilmente) si stanno dando appuntamento per fare casino. Punto. Non una minoranza, ma molto meno, un’entità focosa quanto inconsistente se confrontata ai milioni di abitanti di Parigi (2,2 in città, quasi 12 nell’area metropolitana, dati INSEE, Institut national de la statistique et des études économiques) che continuano a vivere normalmente in questi giorni. Perché, per il resto, dalle banlieue al centro, il sabato 18 marzo – per esempio – è trascorso tra mercati e happy hours, tra struscio e passeggio. Per precauzione, la polizia ha imposto la chiusura nel secondo pomeriggio di cinque stazioni della metropolitana: quelle degli Champs Elysées e degli Invalides. Abbastanza per parlare di rivoluzione? Sempre dal grande giornale italiano: «La rivoluzione è un’arma contro i despoti ma anche contro le riforme, in questo caso quella delle pensioni». Su certi giornali, ormai, si scrivono commenti altisonanti e fantasiosi come post da social: è con Facebook che si misurano i nostri “opinionisti”, non con la realtà.
Perché vista da qui, l’unica rivoluzione palese è quella dell’immondizia. Una sorta di rivincita di Michelangelo Pistoletto: come se il nostro grande artista avesse disseminato Parigi di Veneri degli stracci. Attorno alle quali i parigini continuano tranquillamente a vivere, chiacchierare, spendere, passeggiare. La rabbia di cui parlano le cronache è relegata a chi ha ben altre ragioni che non la pensione per manifestare la propria disperazione: perché i giovani europei autenticamente disperati sanno che non avranno una pensione a sessantadue, sessantaquattro né a sessantasette anni. Come al solito, i mezzi di comunicazione di massa le sparano grosse per non vedere la realtà. Nessuno vi dice che la città è invasa di immondizia, nessuno vi dice che tutti i servizi – tutti – sono perfettamente funzionanti come sempre. Ma ciascuno, dalla tv e dai giornali, lì in Italia, si diletta e poetare sulla rivoluzione di Place de la Concorde. Nel frattempo, i millennials cantano e ballano fuori dal Centre Pompidou, gli “afrikans” fanno i flaneurs a Belleville e tutti gli altri si affannano per prendere l’ultimo metrò dopo il lavoro. Meno male che a Parigi non ci sono gabbiani: se ci fossero, avrebbero disseminato di orrori l’immondizia che dal 5 marzo i netturbini lasciano in strada. Ne sappiamo qualcosa noi di Roma, città-desco dei volatili e dei poeti di tutte le latitudini. P.S. Nel 1984, i minatori inglesi scioperarono per un tempo interminabile (praticamente un anno) contro la signora Margaret Thatcher alla quale si devono alcune tra le cose peggiori capitate alla società occidentale nella seconda metà del Novecento. Quello sciopero non servì a niente: per i minatori e per il welfare europeo finì malissimo: fossi un netturbino parigino, oggi, ci penserei.