“Umbria cuore verde d’Italia”: è questo il nuovo claim regionale, sfornato dai più grandi pubblicitari italiani, la megagalattica agenzia Armando Testa, per la modica cifra di 300mila euro. Nuovo? Circola da almeno cinquant’anni e con grande successo, anche se sotto forma leggermente diversa: “L’Italia ha un cuore verde, l’Umbria”. Lo slogan era e resta una genialata, tanto che, persino a distanza di mezzo secolo, non si trova niente di meglio.
Subito dopo la presentazione di questa antica novità, è scoppiata la polemica. Il capo dell’opposizione in Regione, Tommaso Bori ha osservato, e non senza qualche ragione, che pagare un leggero aggiustamento centinaia di migliaia di euro, gli sembrava smodatamente generoso. L’assessore Paola Agabiti ha risposto per le rime: “Non accetto lezioni da chi ha portato l’Umbria alla paralisi”, ha tuonato perentoria.
Sfumate le reciproche ire, Passaggi Magazine ha chiesto l’opinione di chi aveva inventato negli anni Settanta il “cuore verde” e lo aveva consegnato per “quattro lire” – così ci ha detto – all’allora assessore Alberto Provantini. Altri mondi, altri tempi. Serena Ciai, titolare all’epoca di uno studio pubblicitario composto da tutte donne, da noi interpellata, ci ha inviato un divertente raccontino del loro stile di lavoro, per approdare poi ad un giudizio liquidatorio sul nuovo claim. Eccolo.
di Serena Ciai*
In paese non si parlava d’altro. Era come stare a teatro, sul muretto, con binocolo, porchetta infinocchiata e un bel gotto di vino rosso. Dall’alto dei loro 411 metri i villici potevano osservare tutto quello che succedeva sulla collina difronte, alle pendici del loro piccolo borgo medioevale che domina un paesaggio agreste di struggente bellezza. Perchè sulla collina difronte lavoravano sei donne, tutte belle, tutte giovani e incintate secondo il gossip paesano. In realtà, intorno a quella proprietà c’era un andirivieni sospetto. Di cani, di gatti, auto, camion, uomini e donne d’ogni età, corpi femminili che si denudavano con sfacciata disinvoltura. Un bordello, insomma. Chi poteva pensare che trattavasi di serio ed apprezzato studio di Pubblicità, vivace e moderno, che spaziava dalla carta alla moda passando per il gusto? A visitarlo erano Grafici, Fornitori, Fotomodelli da ogni parte del mondo, Redattori di giornali, Venditori di spazi pubblicitari e …Primino detto Panzanella! Il famiglio bracciante inserviente ortolano custode e via andare, piccolo buffo e tarchiato, sempre in canottiera, sguardo furbo e una gran voglia di fare una beata minchia di niente. Per quanto addormentato fosse, si materializzava in un nano secondo ogni volta che c’era da spiare la beltà desnuda del momento. Lo vedevi allora a gambe larghe, panzetta all’aria e sguardo a spirale, appoggiato alla sua zappa con atteggiamento tenero e incredulo. Poi c’era la Gianna, fattrice di arrosti e tagliatelle mitiche. A Pasqua impastava la torta con i suoi avambracci extralarge e il suo enorme kulo che dondolava al ritmo di una macumba segreta.
Pronto, Polizia? Perchè non date un’occhiata? Sesso, droga e rock’nroll.
La delazione venne raccolta e una mattina si videro spuntare dal vialetto di accesso due Carabinieri bene addestrati e attrezzati di tutto punto per scovare il marcio ovunque si annidi. Buongiorno, scusate ma…che lavoro fate qui? trattasi di attività lecita? La Tenutaria, sculettando con fare superbo, li accompagnò per un giro d’ispezione, cinguettando giulivia di aziende, contratti, budget, redazionali, fotografie, il tutto documentato su pesanti libroni d’archivio. Nel nominare i loro Clienti, quando si arrivò alla Regione Umbra, i due sbiancarono. Le pupille dilatate come crisantemi marci, le fondine delle pistole ridotte a squaglio di cioccolata, iniziarono a sorridere, poi a ridere, a sorseggiare il caffè delle vestali, finchè se ne andarono a rinculo per non dare le spalle alle dee e balbettarono: per qualunque cosa siamo a vostra disposizione. Si spalancarono così le porte del castello e Gianluca, il figlio della Tenutaria, potè finalmente presentarsi a scuola a testa alta, non più costretto a subire quel velato clima di sospetti per la sua condizione di figlio di…
Decisi di chiudere lo Studio quando comparve all’orizzonte l’Agenzia di Angelo Buonumori perchè…ubi major minor s’attaccant!
Quando mio figlio era bambino cercavo di allenarlo alla felicità e gli elencavo i premi che aveva già accumulato nella lotteria della vita: la fortuna di essere nato nel nostro pianeta anziché in qualche Galassia sconosciuta, di aver scelto l’Italia, la più straordinaria tra tutte le nazioni, di essere infine capitato in Umbria, cuore della bellezza nel mondo.
Negli anni 70, per pochi mesi e pochissimi soldi, ebbi la fortuna di lavorare con Provantini, Assessore al Turismo per la Regione Umbra. Fu così che dal misterioso labirinto delle associazioni mentali scaturì come un frutto già maturo lo slogan: l’Italia ha un cuore verde, l’Umbria. Immaginarsi ora il mio sconcerto nel vedere manomesso un claim e un logo che consideravo perfetti. Allo sconcerto ha fatto seguito l’incredulità quando ho saputo che la proposta veniva nientedimeno che dallo Studio Testa, il Mammut sacro di noi pubblicitari. Come ha potuto partorire quella “cosina” misera a impatto zero, che neppure un grafico appena uscito di scuola si sarebbe permesso? Faccio un appello accorato perchè intervenga qualcuno che ama l’Umbria ed è molto più degno di me: artisti, architetti, gente di cultura, dite la vostra, please!
*Creatrice del brand “ Cuore Verde”