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di Gabriella Mecucci

C’è un’ immagine del recente evento di lancio della candidatura di Margherita Scoccia che è emblematica dell’aria che tira dall’altro lato di Corso Vannucci, quello opposto a Palazzo dei Priori. L’immagine in questione, sfuggita ai più, probabilmente distratti dall’entusiasmo suscitato dalla grande partecipazione nella suggestiva cornice dell’auditorium di San Francesco, è quella che ritrae in prima fila Donatella Tesei da una parte e dall’altra parte, a debita distanza, Paola Agabiti. Alcuni osservatori avrebbero anche notato che le due signore non si sarebbero nemmeno intrattenute per uno scambio di saluti e convenevoli
vari. Pare insomma che “il grande gelo” calato sul rapporto Tesei-Agabiti, all’indomani dell’adesione di quest’ultima al partito di Giorgia Meloni, stia raggiungendo temperature siberiane.
C’è poi un altro indizio che confermerebbe la distanza tra le due che, non va dimenticato, erano state alleate di ferro alle elezioni regionali del 2019. Elezioni che portarono Tesei a Palazzo Donini, e che videro Agabiti protagonista della lista civica a sostegno della candidata presidente. L’indizio viene dalla Valnerina. E più precisamente da Sellano. Qui è stato inaugurato il famoso “ponte tibetano”: un’opera di cui la Regione – e non a torto – va molto fiera. Cerimonia che ha visto la presenza della sola Agabiti, assente Tesei, che pure non manca di presenziare ad eventi ed inaugurazioni su e giù per l’Umbria, anche di modesta rilevanza.
Un terzo indizio di un feeling tramontato fra le due viene dagli uffici regionali dove si mormora che tra Palazzo Donini e le stanze dell’assessorato di Agabiti (che giova ricordarlo ha competenze di primissimo piano: dal bilancio, al personale, al turismo ed alla
cultura) la tensione sarebbe altissima. Una tensione che pare stia interessando anche il rapporto tra Paola Agabiti e l’assessore Michele Fioroni, oggi forse il vero ed unico fedelissimo in giunta regionale di Donatella Tesei, oltre ovviamente ad Enrico Melasecche, che però è ormai a fine corsa.
E dunque, come diceva la grande scrittrice Agatha Christie, “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”! Pare, inoltre, che questa tensione vada anche oltre le vicende politiche e le relazioni tra presidente e assessori (Agabiti nello specifico), investendo la struttura stessa della dirigenza regionale dove non è un mistero che a “comandare” davvero sia il capo di gabinetto di Tesei, Federico Ricci, il cui ruolo scavalca le prerogative istituzionali, tanto che nei corridoi del Broletto (il palazzo che ospita gli uffici di quasi tutti gli assessorati) i “regionali” lo hanno battezzato “il governatore”. In questo va detto che ci aveva visto lungo il senatore Franco Zaffini, cui non manca acume e schiettezza, e che ben tre anni fa ebbe a dire, invitando Tesei ad una maggiore collegialità tra le forze di maggioranza, che si doveva cominciare “mettendo fine al ruolo esorbitante del capo di gabinetto”.
Solitamente i capi di gabinetto sono spesso i detentori delle leve del vero comando, ma agiscono sempre e soprattutto nell’ombra; sono discreti; stanno non uno, ma dieci passi indietro. Quello di Tesei contrariamente a questa prassi, non solo è onnipresente, ma spesso è lui che in riunioni, incontri, anche formali, “dà le carte”, alla presenza di una Presidente silente. A lui vorremmo suggerire la lettura di un interessante libro pubblicato qualche anno fa: “Io sono il potere. Confessioni di un capo di gabinetto” (Edizioni Feltrinelli), in cui l’anonimo autore scrive “Io sono un’ombra. L’ombra del potere. Talvolta più potente del potere. Io sono il capo di gabinetto”. In vista delle future elezioni regionali del prossimo autunno, Donatella Tesei sulla carta sarebbe confermata alla guida del centrodestra, ma più d’uno – anche tra esponenti di spicco della destra umbra – non dà per certa la ricandidatura. E non è un caso che proprio il famoso documento di Roma – con il quale le segreterie nazionali di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati ed UDC, dichiaravano che i presidenti uscenti Vito Bardi (Basilicata), Alberto Cirio (Piemonte) e Donatella Tesei , “saranno i candidati di tutto il centrodestra”) – in Umbria sia stato accolto con molta freddezza, soprattutto da parte di Fratelli d’Italia. Non è un mistero infatti che i Meloni boys rimproverano Tesei di aver tenuto il loro partito fuori dalla giunta regionale e che preferirebbero sostenere Andrea Romizi.
La strada per la presidente uscente non è affatto in discesa, come alcuni vorrebbero far credere, e nonostante il “documento romano”. Appare invece lastricata di varie insidie e diverse variabili. Prima fra tutte la performance elettorale della Lega alle amministrative ed alle europee di giugno. Già in passato avevamo scritto che la presidente si troverà nella insolita situazione di essere candidata di un partito che, in Umbria, rischia di essere ridotto al lumicino. Se poi il risultato elettorale della Lega dovesse essere talmente negativo da far saltare la leadership di Salvini, allora quel “documento romano” diverrebbe carta straccia.
Nemmeno i sondaggi sono per Tesei molto confortanti, dato che l’ultimo (di cui ha riferito soltanto il sito Umbria 7) le assegnerebbe un 46 per cento (11 punti in meno rispetto al 57 per cento del 2019) con l’ipotetica candidata del centrosinistra, la sindaca di Assisi Stefania Proietti, a soli 6 punti percentuali di distacco. Una distanza non impossibile da colmare, soprattutto da una personalità politica come Proietti, inclusiva, ben vista da tutte le forze politiche del “campo largo”, e soprattutto dal mondo cattolico e moderato. Il sondaggio in questione, attribuito alla società Quorum, non è però mai apparso nel sito dedicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove per legge dovrebbe essere pubblicato. Resta cioè avvolto da un alone di mistero. Si aggira per l’Umbria come un fantasma, ma nessuno l’ha visto coi propri occhi.