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di Gabriella Mecucci

In pochi mesi è già emerso il new style di Costantino D’Orazio, nuovo direttore dei musei umbri. Il suo programma contiene punti interessanti. E’ troppo presto ovviamente per trarre conclusioni e anche solo per abbozzare giudizi. Forse è però possibile e utile individuare quale sia la diversità di approcci fra lui e il suo predecessore. Identificare cioè i loro binari culturali.
Quello di Marco Pierini è un trionfale passato. Ha messo insieme una “squadra” di qualità e ha sviluppato eventi basati su approfondite ricerche che hanno rafforzato la conoscenza in tutta Italia e anche all’estero della Galleria Nazionale dell’Umbria. La mostra su Perugino (oltre 100mila visitatori) ha imposto il pittore nel pantheon dei grandi del Rinascimento e degli artisti italiani più amati e osannati. Ormai non c’è manifestazione con al centro un’opera di Pietro Vannucci che non registri il sold out. File alle biglietterie e grandi recensioni sia in una capitale dell’arte qual è Milano, sia in un delizioso centro balneare come Fano. Pierini ha rilanciato Perugino, definendolo con una citazione di Agostino Chigi: “il meglio maestro d’Italia”. E ha dimostrato, anche grazie ad un ricco catalogo, che negli ultimi 15-20 anni del Quattrocento non ce n’era per nessuno: il più grande era lui. A Cinquecento anni dalla morte, Perugia ha rimesso così il suo più grande artista al posto che gli spetta. L’operazione rilancio non è partita da zero: nei primi anni Duemila infatti – Vittoria Garibaldi regnante in Galleria – era stata promossa una grande “antologica” sul “divin pittore” che aveva avuto un notevole successo e un’ importante capacità di approfondimento.
Se la mostra di Perugino è la perla più splendente e riconosciuta della “collezione Pierini”, non va dimenticata quella che è ancora in corso in Galleria (chiuderà il 9 giugno) sul Maestro di San Francesco. L’anonimo artista duecentesco è meno noto di Vannucci. La mostra è più piccola e meno pubblicizzata. Ciò detto, supererà i 30mila visitatori. Ma soprattutto è di rara bellezza, commovente e capace di raccontare che cosa rappresentassero il francescanesimo e l’Umbria nel tredicesimo secolo. Il santo fu l’architrave su cui i papi poggiarono il rilancio del Cristianesimo, la regione era una delle zone più ricche d’Italia e Assisi il cantiere d’arte più grande d’Europa. Il 6 e il 7 giugno si svolgerà un convegno proprio su questo argomento. La mostra di Perugino e quella del Maestro di San Francesco attestano come Pierini abbia approfondito gli studi su artisti che sono stati strettamente legati alla storia e alla realtà regionale: una ricerca colta e affascinante dell’identità. Ad approfondire questo filone molte altre iniziative sino ad arrivare al contemporaneo: a Burri, a Sandro Penna, alla fotografia, a Umbria Jazz. Per non dire degli importanti rapporti stabiliti coi musei di mezzo mondo: dalla National Gallery di Londra a quella di Washington, dal Louvre all’Hermitage, solo per fare qualche nome. E infine, l’impresa più importante di Marco Pierini: il riallestimento della Galleria Nazionale dell’Umbria, sul quale è inutile ripetersi perché questa rivista ha già scritto fiumi d’inchiostro. Ne è venuto fuori un museo bellissimo, piacevole da attraversare, con le opere messe in sicurezza contro le minacce del terremoto e con un’ inedita attenzione al contemporaneo.
Costantino D’Orazio è partito proprio da qui, cioè dal contemporaneo, e in pochi mesi è riuscito a rendere visibile a tutti il suo approccio culturale. Non si è lasciato trascinare da chi sperava partecipasse alle vecchie ruggini contro Pierini. Ha riconosciuto tutte le cose positive del suo predecessore senza esitazioni, ed ha cominciato a “pedalare”: questa è stata una prima lezione di stile. I risultati del suo impegno si cominciano già a vedere. La Galleria Nazionale ha avuto una sua qualificata presenza alla Biennale di Venezia, cosa mai accaduta prima. La mostra a Cad’Oro – in cui si tengono insieme i capolavori a fondo oro del museo umbro con l’arte contemporanea (qui a magistrale recensione di Caterina Bon Valsassina) – è molto bella e sta avendo un buon successo. Il 12 ottobre arriverà a Perugia e vi resterà sino al 19 gennaio.
Nei giorni scorsi è stata inaugurata una “stanza della fotografia” all’interno della Galleria Nazionale. Per il momento ospita gli scatti di Fulvio Roiter, grande artista che col suo obiettivo racconta poeticamente la povera solitudine dell’Umbria degli anni Cinquanta: un piccolo capolavoro che tiene insieme la storia della regione con una tecnica espressiva contemporanea. Questa iniziativa è la prima del progetto “Camera oscura”, curato da Marina Bon e da Costanza Neve.
Di recente infine è stato presentato il programma di iniziative che verrà portato avanti nei prossimi sei mesi. C’è la rassegna che, parafrasando Conrad, è stata chiamata “La sottile linea d’Umbria”. In questo ambito, Perugia ospiterà “Le tre età” di Gustav Klimt (29 giugno-15 settembre), e in tutti i 14 musei regionali si svolgeranno mostre d’arte contemporanea. Da questa proposta emergono chiaramente i primi due punti dell’approccio culturale del nuovo direttore: l’interesse per il contemporaneo e la scelta di rivitalizzare l’intero sistema museale dello stato in Umbria. Un’opera quest’ultima solo agli inizi, ma che potrebbe essere molto positiva per l’intero territorio regionale. Il terzo punto della linea doraziana riguarda l’attenzione ai media e la sua capacità di comunicatore. Non a caso già nel primo programma figura una collaborazione con Radio Montecarlo e con Radio Subasio.
Il new style è servito. Qualche primo successo c’è già stato. Il resto lo dirà il tempo.