di Walter Patalocco
Galeotto fu il Sii, il Servizio Idrico, della Provincia di Terni. Il presidente è Carlo Orsini, Fratelli d’Italia, ma Stefano Bandecchi, il sindaco di Terni vorrebbe farlo fuori e metterci uno dei suoi: Lorenzo Filippetti, coordinatore provinciale di Alternativa Popolare. Bandecchi, ormai, non appena vede l’ombra di un meloniano, si sa, lancia fiamme e comincia a picchiare e grattare per terra con la punta dello zoccolo. Il problema per lui è che non ha i numeri perché nel Sii il consiglio di amministrazione è composto da rappresentanti di numerosi Comuni, consiglieri eletti prima dell’irruzione bandecchiana.
Ma è davvero un problema tutto ciò per Alternativa Popolare? Non sembrerebbe. C’è sempre da sperare sulla solidarietà di qualcuno. Ed infatti ecco il soccorso rosso del Pd che si dichiara disponibile a discutere. Logiche spartitorie? Nemmeno per sogno, stando ad uno scritto del segretario comunale Pierluigi Spinelli e del segretario provinciale Fabrizio Bellini, casomai cercare di nominare persone autorevoli. Con un Bandecchi che è pur sempre colui che ricorda spesso l’ “equazione” 21 contro 11, rimarcando quanto sia larga la forbice maggioranza-minoranza? I democratici si mostrano però pronti a buttar giù bocconi amari in difesa degli interessi della gente: un refrain francamente.. Il M5S ha già detto che su questa questione rischia di saltare l’accordo col Pd per le prossime elezioni regionali, come ha specificato Fabio Moscioni, coordinatore provinciale dei pentastellati ternani.
Cosa sta accadendo nel Pd di Terni? Dove sono finiti i sia pur deboli aliti di rinnovamento radicale cui da qualche parte si guardava con curiosità e interesse? Si è trattato solo di manifestazioni d’intenti? O di una specie di gioco di società fatto coincidere con una campagna elettorale per le comunali risoltesi a favore di Bandecchi?
Elezioni a parte qualcosa è accaduto davvero? L’antefatto: al congresso del 2023, a Terni, Gianni Cuperlo, ottenne il 44,2% delle preferenze, risultato clamoroso, unico in Italia, a parte Trieste, la città dello stesso Cuperlo che, comunque, a livello nazionale, si fermò attorno al 7 per cento. E’ che nel Pd ternano sono tornati coloro che trasmigrarono in Articolo1 e una buona parte della Cgil si è riattivata dentro un partito che appare groggy.
C’era però nel Pd anche chi si impegnava in una riconversione dell’immagine: chiusura col passato pur senza abiure, ripartenza. Chi cercava di riaprire un canale di confronto magari riallacciando un dialogo coi cittadini che una volta affidavano alla sinistra le loro speranze. Elettori delusi al punto di rifugiarsi nelle braccia della destra o di rinunciare ad esprimersi in attesa di tempi migliori. Sono giovani, seppur non giovanissimi, coloro che provano a ricucire, rifuggendo i vecchi correntizi. La loro ricetta: dialogo franco, coraggioso coi cittadini in attesa di riavvicinarli alle urne, braccia spalancate, pronte all’accoglienza verso potenziali alleati per un confronto che cominci dalla pari dignità e continui su proposte “aperte”, da costruire insieme.
Così facendo qualche parziale risultato viene ottenuto, nonostante alcuni comportamenti stonati registrati nella formazione delle liste per le comunali. All’improvviso però arrivano alcune controindicazioni. Alcuni dei nuovi sono i “nativi” del Pd, non hanno nemmeno vissuto i vecchi distinguo tra ex Pci ed ex Margherta. Si assiste così al repentino spostamento di pacchetti di consensi al momento del voto. Si apre una crepa che diventa evidente nel momento in cui il segretario comunale nomina la nuova segreteria. Lì riaffiora la vecchia anima del Pd ternano: la mano pesante dei rientranti di ex Articolo Uno, gente che non dimentica il mito di Berlino Est; una mano larga della Cgil; uno spazietto riservato agli accordi tra vecchi – diciamo così – capi corrente. Il resto fuori.
Lo scopo è forse quello di costruire una forza operaia (ed anche populista, diciamolo) stile anni Settanta. Nonostante da allora sia passato mezzo secolo e, come è scritto nelle carte ufficiali, Terni non sia più una città operaia già dal 1991, ma una città di servizi. Il Pd ridiventa un partito di mezzo secolo fa? Ma così confermerebbe la vocazione a perdere.